Ciclismo '84: una stagione sciupata di Gian Paolo Ormezzano

Ciclismo '84: una stagione sciupata BILANCI Tanto Moser, un bel po' di Fignon, Kelly e Hinault, ma anche molto immobilismo Ciclismo '84: una stagione sciupata Perduta ."«occasione americana» di LeMond, c'è crisi di idee (e pure di denaro) - La vecchia Europa perde colpi Stranissimo il 1984 del ciclismo: sono accadute molte cose importanti, è persino cambiata l'immagine tradizionale della bicicletta, fattasi corta, inclinata in avanti, con ruote piene, Moser è stato grandissimo, come anche Kelly e Fignon e a fine stagione Hinault, eppure si ha l'impressione di un anno perduto. La stagione era cominciata troppo bene, con Moser primatista mondiale dell'ora e vincitore a Sanremo, troppo bene specialmente per noi italiani, che a quell'epoca avevamo un Saronni teoricamente ancora grosso e un Argentin intento ad ingrandirsi. Ma già al Giro, in primavera inoltrata, si perdevano colpi, e Moser doveva ricorrere al miracolo del rosa in extremis per conservare al ciclismo attenzioni e tensioni. Ospitato a inizio di stagione anche fuori dalle pagine sportive, discusso attraverso Moser a tutti i livelli di interesse, compreso quello scientifico, onorato dei meglio orpelli della popolarità, il ciclismo ha poi dato l'impressione di essere uno sport non sintonizzato con l tempi, incapace di sfruttare il vento buono. Se si pensa a cosa hanno intelligentemente raccolto, come attenzioni pubblicitarie e quindi anche economiche, i calciatori mundialisti e i loro piccoli epigoni, Azzurra e le sue sorelle (raccolta «di massa-, non vendemmia singola: in questo Moser è bravissimo), il ciclismo 1984 sembra davvero uno sport che ha voluto tenacemente rimanere povero, illudendosi che ciò significhi essere bello. Non un'idea promozionale federale, sia in Italia che all' estero, il campionato del mondo ancora ridotto ad una sagra di paese, abbinamenti sempre piccoli, e per fortuna che è arrivato un affarista francese, lo sponsor di Hinault, e sono arrivali un po' di soldi statunitensi portati da LeMond, sennò, dopo un' annata piena di belle cose (mettiamoci'anchsi-il grande I Tour'iVFìgnmvsi $ws6à&<tt* lanapeQdesi pocodedestpastspdiè dim'mGKdedaa caENnaFicoOlclislo19roprvevintepa«cPsenanacagamnoerMseanpeE la rinascita autunnale di Hinault), il ciclismo si ritrovava persino più dimesso di prima. Molto strano tutto ciò. Quasi un'automutilazione della vecchia Europa, chiusasi nei suoi soliti moduli comportamentali, nelle sue solite corse, per paura stavolta non dell'Est, della licenza unica, dei dilettanti di Stato (sono stati assaggiati, non fanno paura), bensì per paura di se stessa, di non essere capace di spostare il suo mondo altrove, diciamo pure in America. Non è un caso che proprio nel 1984 di LeMond per otto mesi in maglia iridata, di Moser 'messicano-, sia saltato il Giro degli Stati Uniti, e i vari Kelly, Roche, Anderson, Andersen (irlandesi, australiano, danese) siano stati assimilati a ciclisti europei. Per dire: la presenza di campioni anglosassoni non è servita a qualcuno del ciclismo neppure per imparare due parole in inglese. E quanto a LeMond, anziché -ricamare- la maglia iridata con le vittorie, ha curato la popolarità spicciola del suo personaggio. Mistero. O masochismo. Cresce intanto il movimento del cicloturisti, sempre piti si pensa alla bicicletta come strumento di svago (lo è stato di lavoro, lo è ancora di sport). C'è persino paura che, dopo essersi innovata per laseconda volta in mezzo secolo (le ruote lentlcolarl di Dal Monte-Moser sono importanti come l'invenzione del cambio nel 1933 ad opera di Campagnolo), la bicicletta da corsa pervenga ad una specie di museo di.arte moderna, cosi bella e così inutile, e si fermi II. Gian Paolo Ormezzano Francesco Moser, uno dei superprolagonisti della stagione '84

Luoghi citati: America, Campagnolo, Europa, Italia, Sanremo, Stati Uniti