Medea è da marciapiede

Medea è da marciapiede BIENNALE TEATRO: tre poemi di Mueller con il «Bochum» Medea è da marciapiede Gonfia d'alcol é dì botte, la tragica eroina è protagonista d'uno spettacolo d'inaudita violenza DAL NOSTRO INVIATO VENEZIA — Clnquantaclnquenne, di Ependorf In Sassonia, cittadino della Repubblica democratica tedesca, Heiner MUller è 11 drammaturgo più rappresentato, dopo 11 suo connazionale Brecht, In Germania Federale: anche In Francia, In Italia (Quartetto e Filottete) vari suol lavori sono stati messi in scena, mentre l'estate scorsa l'Holland Festival gli ha dedicato una sezione monografica con nove spettacoli da diversi Paesi. Non sono un germanista né conosco per Intero la sua opera, che ha qualcosa di torrentizio: ma più che uno scrittore genuino, originalmente e Uberamente creativo, MUller mi pare un drammaturgo «applicato» o di secondo grado, che cioè ha bisogno di classici greci o latini, di tragedie o romanzi preesistenti per sviluppare una personale riflessione sull'universo contemporaneo. Qui alla Biennale 11 Teatro di Bochum, grande committente di copioni a scrittori tedeschi di varia età e formazione (proprio come i teatri stabili di casa nostra), ha presentato di MUller Materiali per Medea, un poemetto lirico-drammatico di una decina di cartelle, nel verso breve lesslnghlano, chiuso tra due altri brevi poemi teatrali, La riva abbandonata e Paesaggio con Argonauti, che, scritti in epoche diverse, hanno una lieve affinità con quello centrale. Devo alla cortesia di Saverlo Vertone l'aver letto codesto trittico In una limpida versione, la cui suggestione non è tuttavia sufficiente per farmelo scambiare per un capolavoro. In Materiali per Medea MUller riscrive la scena euripidea dell'ultimo incontroscontro di Medea con Giasone, dopo l'abbandono del consorte e la soppressione dei figli, come una catena di tradimenti reciproci, di morti che chiamano morti, di atrocità che si ribaltano l'una sull'altra, sullo sfondo di quella causa secolarmente Ingiusta che è l'appropriazio¬ ne della terra d'altri, insomma del colonialismo. La Riva e Paesaggio non fanno che inscrivere questo destino maledetto in un universo già guasto, già corrotto dalla perversione dell'uomo, in un passato arcaico che è già il nostro empio futuro. Da questi tre testi di pallida suggestione lirica i «terribili» Karge-Langhoff, cupi e caparbi reglstl-dioscurl di Bochum, hanno tratto, secondo il loro stile, uno spettacolo di una violenza senza pari La nutrice, Giasone, Medea se ne stanno seduti su sedlacce e poltrone rossastre in un emiciclo dalle rugose pareti rosso sangue: a terra centinaia di grosse lattine vuote di carne in scatola, un lavabo corroso ma funzionante, la prua di un vascello ligneo che affiora dal suolo, un'enorme elica rotante infissa a mezz'aria. La nutrice (Elconore Zetsche) dice i versi terribili della Riva, una sorta di inno atroce al mondo come scoria, tritume, rifiuto in veletta e cappellino nero, estraendo da una borsa gualcita e versando a terra, tra le dita vizze, sabbia nerastra. Bistrata come una meretrice gonfia d'alcol e di botte, la «barbara» Medea rinfaccia a Giasone 11 suo amore vilipeso e punito In una sorta di lunga tirata da marciapiede, con pause attonite, frequenti rincorse a quel povero lavandino stinto per lavarsi o vomitare, rade ma pesantissime risse con l'ex marito, lacrime vere e ululati rituali (l'attrice Kirsten Dene è formidabile per impegno, varietà di toni, senso del ritmo, e alla fine è per giunta tutta ammaccata). Giasone (lo stesso Manfred Karge) ha 11 volto chiuso In una maschera di cuoio grigio, cinta a morsetti sulla nuca: non parla ascolta con occhi vitrei che baluginano da due fessure, ha un mazzo di fiori in mano: ma fa un balzo di terrore quando Medea fa schizzare, l'uno contro l'altro, due rotoli di carne In gelatina estratti dalle lattine, cioè 1 due figlioletti uccisi. Ed è Giasone, negli ultimi dieci minuti, che recita saltellando sulle piante, in una corsa affannosa simulata da fermo. Paesaggio con Argonauti: nuda metafora di esemplare efficacia di una rotta non verso 11 Vello d'oro, ma verso U buio Nulla che già ci attende, a fauci spalancate. Applausi di un pubblico di addetti, un lieve sgomento, una certa ripugnanza Guidò Davico Bonino

Luoghi citati: Francia, Germania Federale, Italia, Medea, Sassonia, Venezia