Apollo e la foresta

Apollo e la foresta IN POLONIA, 40 ANNI DOPO LA GUERRA Apollo e la foresta KIELCE (Polonia) — Ogni sera, dopo cena, invitati a bete un bicchiere del nostro vino, vengono il presidente dei cacciatoti locali e il ditettore della riserva. I miei amici parlano della caccia del giorno, ossia delle pernici a cui hanno sparato, ma anche dei fagiani alzati, delle lepri scovate, dei caprioli mossi dai loro riposi. Ma alle lepri, ai fagiani, ai caprioli ed altra selvaggina ora non è permesso sparare: ogni specie ha il suo calendario e cacciarla ruoti tempo non è solo proibito ma anche disonorevole per un vero cacciatore Alle pernici si spara solo ora, per dieci giorni, alla lepre dal primo ottobre al quindici gennaio, all' urogallo dal primo aprile al venti maggio, alla volpe sempre, all'alce da ottobre a dicembre, e così via per trenta specie; i volatili minuti, sino al tordo e alla cesena non sono considerati cacciabili. Ma i cacciatori, in tutta la Polonia, sono settantamila, quanti sono da noi in una provincia; e in tutta quest'abbondanza di raccolto sono fortunati; a ogni gruppo associato viene assegnato un territorio e loro se lo gestiscono in maniera equa e rigorosa; non pagano per avete licenze o porto d'armi ma si surclassano per le spese di gestione e il denaro che incassano dai cacciatori stranieri (francesi, tedeschi e italiani) serve per la loro organizzazione. Una seta, mentte stiamo pattando di queste cose, arriva anche un amico del padrone di casa; ci ascolta silenzioso e chissà perché mi rivolgo a lui per sapere una cosa cui altri non hanno saputo rispondere Dalle mie carte levo una cartolina-modulo che avevo scritto da un Lager nel maggio del 1944 e gliela mostro chiedendogli se sa dove si trova il J44, un famigerato luogo di fame e di morte Mi fìssa in silenzio e sulla dettagliata carta geografica che ha la nostra interprete mi indica, nella Slesia, un piccolissimo abitato: Lambinewice. «E' questo, dice, c'ero anch'io». Altro non aggiunge e altro non diciamo. Solo il nostro padrone di casa è un ex partigiano, gli altri sono tutti giovani e queste cose non le sanno. Ci appartiamo noi tte a bere vodka polacca di segale I parchi nazionali polacchi sono ben dodici e vanno dal Baltico ai Carpazi, alle paludi di Bialystok. Il Parco della Bialowieza, ex riserva di caccia degli zar e anche di Goring, lo conosco per averlo visitato dalla parte russa qualche anno fa, ed è forse il più importante d'Europa sia per la foresta che per la fauna; altro bel parco dovrebbe essere quello dei Tana, il più vasto di questi polacchi e, sotto certi aspetti, simile ai nostri alpini; il più selvaggio sarà quello dei Bieszczady, nei Carpazi Orientali, con molte specie endemiche e rare, e che ha conservato una fauna selvatica tipica dei secoli passati: orsi, lupi, linci, falconidi. Ma il tempo a di sposizione non è molto per tutte le cose che vorrei fare e vedere e cosi mi accontento di dedicare una giornata alla visi ta del parco nazionale d Swiety I&zyz, a Notd-Est di Kielce. ** Questo Parco è poco più di scimila ettari e il punto culminante è il Lysa Gora di 611 m; ha una bella foresta di cedui e conifere, ma abeti, latici e pini stanno tristemente seccando in piedi: sono attaccati da qual che virus e i tecnici stanno studiando il caso. Non sono proprio uno specialista esper to, ma ho suggerito di esami nare le piogge che cadono dal cielo. Non pottebbe trattatsi di piogge acide anche qui? Gli animali in questa fore sta non sono numerosi e non sono abbondanti nemmeno gli uccelli; ma, un poco separata dalla massa del territorio vin colato, esiste un'area rigorosa mente protetta e chiusa li vi sitatoti, Chelmowa Gora, dove è ancora intatto un residuo di foresta originaria di latice cn demico polacco. Accanto a questi rari campioni naturali abbiamo anche reperti preistorici litici, antiche fornaci per fusioni di metalli e, in un vecchio monastero che si dice fondato dai Benedettini nel XII Secolo, un ben ordinato Museo di storia naturale e del Parco dove scolaresche e studenti vengono sovente a sentire lezioni e ad apprendere de visti dalle cose esposte Camminando curioso dentro questo edifìcio possente e vasto un qualcosa mi spinge a saperne di più sulla sua storia; e chiedo, osservo, guardo documenti esposti in una bacheca che nessuno guarda. Nel 113 venne costruito come monastero benedettino, ma non mi sanno dire se vennero da Montccassino o da Cluny: era rimasta solo una pietra che portava una data e il nome di San Benedetto. Nel 1686 arrivarono qui dalla Russia dei monaci «Dcmcrici», ma nel 1819 se ne vanno anche questi °l monastero diventerà prigione sotto lo zar Alessandro II. Nel 1865 verranno qui mprigionati i più pericolosi insorti polacchi; continuerà ad essere prigione di Stato sotto lo zar Alessandro III. Dal 1918 al 19Ì9 sarà luogo di detenzione per i criminali conni- - ** A questo punto della storia un qualcosa mi scatta nella testa: forse il nome del luogo, o 1 ricordo di una lettura fatta nel 1943? Chiedo: «Non è forse qui che è stato rinchiuso Sergiusz Piasecki?». L'interprete mi guarda stupita, anche il cacciatore-orchestrale che mi accompagna con la macchina non sa chi era Io insisto, forse pronuncio male il nome, ma un funzionario del Museo si irradia di un sorriso: sono il primo straniero a fare questa domanda e con slancio mi accompagna in un'ala remota dove sotto vetro posso vedere la foto da «criminale» dell'autore dell' Amante dell'Orsa Maggiore, un successo mondiale da cui è stato tratto un film e, recentemente, uno sceneggiato televisivo che forse i lettori ancora ricordano. Era stato rinchiuso proprio in questo edifìcio imponente c tetro; era stato condannato a morte per omicidio" e contrab-' bando, pena commutata poi in quindici anni,di-prigione; in, quel tempo e qui scrisse il libro che lo rese famoso, raccontando della sua vita e dei suoi compagni di frontiera. Nel 1939 quando la Polonia fu invasa dai tedeschi questi prigionieri evasero tutti, il suo manoscritto, chissà per quali vie, raggiunse gli editori occidentali e nel 1942 venne pubblicato da Mondadori. Piasecki morì nel settembre di vent' anni fa. L'ex monastero benedettino, l'ex prigione, nel 1942 divenne campo di concenttamento per i prigionieri russi, anzi di mongoli, usbecchi, cazachi, molti di questi morirono di fame e sono sepolti qui accanto alla foresta; vi furono anche dei casi di cannibalismo. Nel 1945 la foresta e I' edifìcio passarono al Demanio polacco, Ministero dell'Agricoltura e Foreste e, attotno agli Anni Sessanta, si incominciò un restauro che durò dieci anni. Fuori, sullo spiazzo erboso, arrivano gruppi di studenti; mi soffermo a guardare delle arnie molto antiche e rustiche che fanno parte dell'insieme naturalistico poi da solo giro attorno al grande edifìcio seguendo i miei pensieri. Delle scale consunte in pietra salgono fin quassù dalla pianura ondulata e portano fino al sagtato di una chiesa barocca incorporata nell'edifìcio primigenio; un giovane prete in abito talare assieme ad alcuni giovani stanno rivestendo di stagnola argentea una grande croce di legno che poi con grande fatica isseranno in alto, sopra la facciata della chiesa abbandonata e chiusa;-ma questa croce sarà visibile da molto lontano, da tutt'intorno. Già: questo monte si chiama Zwiety Knyz che significa Santa Croce. Il mio sguardo alla Polonia finisce qui. Dopo la cena d'ad dio a base di pernici, fatta con i contadini che ci ospitano, con il direttore della riserva e il presidente dei cacciatori, dopo i copiosi brindisi con vino italiano e vodka polacca, di primissimo mattino siamo ripartiti alla volta dell'Italia. Ma lungo la strada del ritorno ho insistito per fare una piccola deviazione a Kromenz, in Moravia. A loro, ai miei amici cacciatori, per lusingarli, avevo detto che lì in un bellissimo castello erano raccolti i trofei di caccia fatti dallo zar Alessandro III e da Francesco Giuseppe. Ma altro era il mio scopo: in quel castello si trova anche il più bello, forse, tta i quadti di Tiziano: Apollo e Mania, dipinto quando aveva ottant'anni. Un quadro scon volgente per bellezza, drammaticità e poesia che da solo, a rimirarlo, paga la fatica di questo viaggio. Mario Rigoni Stern

Persone citate: Alessandro Ii, Alessandro Iii, Francesco Giuseppe, Goring, Mania, Mario Rigoni Stern, Moravia

Luoghi citati: Europa, Italia, Mondadori, Polonia, Russia, Slesia