Palermo ha di nuovo una giunta ma solo per rinviare le elezioni di Francesco Santini

Palermo ha di nuovo una giunta ma solo per rinviare le elezioni La de ritrova una certa compattezza dopo una notte di grande tensione Palermo ha di nuovo una giunta ma solo per rinviare le elezioni Inutili i tentativi dell'opposizione di invalidare la votazione e far dimettere sindaco e consiglieri DAL NOSTRO INVIATO PALERMO — La giunta è eletta. La citta ha un governo, ma nella «notte più lunga» di Palazzo delle Aquile, la confusione è al culmine. •Fuori gli estranei; grida il sindaco Martelluccl, ma nes-, suno l'ascolta. «Non trasformate quest'aula in una bolgia*, urla adesso. Dal banchi dell'opposizione un consigliere socialista ribatte: «Vergogna, signor sindaco vergognatevi voi; voi della democrazia cristiana avete ridotto questo Consiglio ad una fogna: Da un tripode in rame si leva un fumo denso. Si bruciano le schede. La Sala delle lapidi mozza il flato: 'Aprite le finestre, spalancate le porte», supplicano i consiglieri più anziani e si precipitano nella grande anticamera dai soffitti dorati. Tutti scappano, n fumo aumenta, l'aria è irrespirabile. Un commesso, In blu elegantissimo, tenta di soffocare le fiamme nel braciere con una piccola mazza di legno. A Palermo le schede si bruciano dopo ogni votazione. E' un rito, perché qui, ogni scheda è firmata, ogni voto chiaro e riconoscibile. Maggioranze ed opposizioni, per evitare il disturbo dei franchi tiratori, obbligano 1 consiglieri a esprimere un voto in meno rispetto al sedici da indicare per la giunta. Il sedicesimo suffragio deve essere sul proprio nome. Cosi non ci si sbaglia. Dalla cassetta di noce, ad ogni scheda, l'intero Consiglio sa da chi è stato espresso il voto. E gridano il nome, se lo rimandano da uno all'altro, ridendo ed urlando. Impassibile, Nello Martellucci, che il cardinale Pappalardo definì «sindaco di Sagunto», ripete il suo slogan: «iVon usate violenza, signori, non usate violenza*. E' una frase che ripete in continuazione, ad ogni occasione. A chi lo interrompe Martellucci dice: «£' violenza, violenza», ma non sembra convinto né le parole del sindaco sembrano avere alcun effetto. La folla aumenta, nell' aula si presenta l'ex presidente della Provincia. Ernesto Di Fresco, non ha incarichi, ha lasciato la tessera della de dopo le disavventure giudiziarie che lo hanno portato in carcere. Ma Di Fresco è 11, dinanzi al banco della giunta. Osserva, controlla, saluta. In aula c'è un vecchio amico, anche se ora guida una formazione autonomista. Un campanello assordante copre ogni altro rumore. Squilla ininterrotto per venticinque minuti. Il suono rimbalza nella strada. Supera la piazza Pretoria, sveglia il mendicante che dorme su un foglio di cartone all'angolo dei Quattro canti. L'uomo salta in piedi, avanza verso il palazzo comunale. Un vigile gli impone di non superarne l'ingresso. Si va alla votazione di ballottaggio. Nelle due tornate precedenti sono risultati eletti soltanto due dei sedici assessori scelti dalla democrazia cristiana. Ci vuole più di un'ora per stabilire 11 quorum. Il campanello continua ad assordare. SI tenta, per telefono, di convocare, gli assenti. «Sveglia a tu patri», grida un consigliere che af¬ ferra il ricevitore. Tenta di superare il martellio della campana: «Digli di venire, si gioca tutto». Si arriva al voto. Partito comunista, movimento sociale e pdup tentano l'imposslbl- le per inserire, sul filo di un voto di differenza, un loro rappresentante In giunta. Il tentativo e sventato. Simona Mafai, che da un anno costruisce un muro sulla mo~' quette verde dell'aula pone 11 39° mattone: .Ne aggiungo uno per ogni seduta, spiega, perché ogni volta chiediamo al sindaco il rinnovo della commissione edilizia e lui non lo fa». Ogni mattone ha una data. »Oggl è un anno», dice la capogruppo comunista. Un consigliere l'Interrompe: «Senatrice Afa/ai, con tutte queste date mi sembra di essere a, Redipuglia». La Mafai aggiunge il mattone, Martelluccl la ignora. Al tavolo centrale si prepara una richiesta di revoca del sindaco Martelluccl. Questo suo slogan «non usi violenza-, che ha ripetuto per tutta la notte, ha trentaquattro firme dell'opposizione. E' accusato di aver violato 11 regolamento. 'In spregio a qualsiasi principio di imparzialità e di correttezza», scrivono 1 consiglieri, Martellucci ha impedito di parlare. E lui si giustifica: «Non potevo trasformare questa seduta di votazioni in un dibattito». Ora la chiamano «la giunta di Pirro». Ma, a Palermo, sino all'altra notte tutto poteva accadere. Si è evocato il «milazzismo». Le opposizioni hanno minacciato di far dimettere tutti i consiglieri. Altri hanno evocato escamotage e procedure d'assalto per sciogliere il Consiglio. In realtà la democrazia cristiana di Palermo dinanzi al pericolo di esporre la città, unica in Italia ad elezioni anticipate in dicembre, ha ritrovato, d'improvviso, compattezza. E' un segnale anche per Carlo Felici, l'inviato di De Mita che ha il compito di «ricostruire» 11 partito, di azze> rare le correnti, di ridare a Palermo, dominata dall'economia delta'droga, una pattuglia politica credibile, non compromessa. Francesco Santini

Persone citate: Carlo Felici, De Mita, Di Fresco, Ernesto Di Fresco, Mafai, Martellucci, Nello Martellucci, Pappalardo, Simona Mafai

Luoghi citati: Italia, Palermo, Sagunto