«Con il Cremlino ci vuole un canale diretto»

«Con il Cremlino ci vuole un canale diretto» «Con il Cremlino ci vuole un canale diretto» MI pare che tutto questo non valga più, per due motivi. Anzitutto la tecnologia fondata sulla mobilità e su un ampio numero di testate tende a produrre quel tipo di stabilita di cui si parlava negli Anni 50. Q-.ando si hanno circa ventimila testate per parte è impossibile scatenare una guerra calcolandone in anticipo le conseguenze. In secondo luogo, contare sullo sterminio di massa come principale elemento di sicurezza comporta per le democrazie la demoralizzazione della società: pacifismo e disarmo unilaterale diventano così la motivazione cosciente, o inconscia, di un numero così grande di persone da rendere difficile il mantenimento delle posizioni in negoziati tecnici. Se si considerano le scuole di pensiero oggi esistenti, si deve ammettete che sono ambedue pressoché irrilevanti allo scopo di ridurre sia il pericolo di guerra sia, all'occorrenza, il suo impatto. Le due scuole sono quella del congelamento e quella della riduzione. Il congelamento perpetua la situazione esistente, generatrice d'incertezza. In più esso sembra-più semplice da realizzate di quanto non sarebbe in pratica. Dopo tutto il Salt-1 era, di fatto, un congelamento dei missili «ICBM»: ci sono voluti tre anni e mezzo per negoziare quel trattato e da allora stiamo ancora discutendo sulla differenza tra modernizzazione delle armi esistenti, che è consentita dal trattato stesso, e nuove armi. D'altra parte, i vari schemi di riduzione esistenti, sec.pndq, me,-noncambiano la situazioni ne, semmai la rendono marginalmente più pericolosa. Il presidente Kennedy nel 1962 credeva di essere ad un passo dalla battaglia decisiva. In quel tempo i sovietici avevano meno di 100 testate in grado di raggiungere gli Stati Uniti, noi ne avevamo circa 3000. Non conosco alcuno schema tra quelli esistenti, neppure nella letteratura teorica, che preveda la riduzione a 3000 testate. Se ci orientiamo per la riduzione — e credo che sareb¬ be molto auspicabile — essa deve riguardare numeri che siano realmente così bassi da cancellare lo spettro dell'olocausto nella moderna teoria del detetrentc. Così penso che sarebbe molto utile, subito dopo le elezioni presidenziali, mettere a punto un programma a tambur battente su Tbase bipartitica per decidere in quale direzione vogliamo andare. Allora potremo lavorare ancora fuori dei parametri tecnici. In secondo luogo, credo che dobbiamo trovare una qualche forma di dialogo per discutere le tensioni • politiche die ci ..sono nel fallito quasi soltanto sul controllo delle armi, e forse al controllo delle armi abbiamo chiesto troppo. Negli Anni 50 facevo parte dei gruppi (di studio, fui coinvolto in molti negoziati per il controllo delle armi, non mi tirai mai indietro e anche oggi sono a favore di questi negoziati. Ma non credo che da solo il controllo delle armi possa risolvete o migliorare le relazioni Est-Ovest. Quanto ci vorrebbe, stando alla sua proposta,.per creare un canale diretto con i sovietici in grado di funzionare? Gedo che potrebbe essere realizzato molto rapidamente. Non vede problemi ideologici o personali tra i leaders americani e quelli sovietici? Sono convinto che ci sarebbero problemi burocratici all' interno del nostro governo, casi di personalità offese, conflitti di competenze, e, per quanto ne so, anche la controparte avrebbe problemi simili. Non penso che potremmo fissarci su nessuno, tra i sovietici, come nostro interlocutore privilegiato, né, come ogni tanto si legge, prendere una strada diversa - per evitare Gromyko. Non c'è verso di. evitare Gromyko, e se loro vogliono mettere da parte Gromyko è affar loro, non nostro. Quello che dovremmo cercare di fare con i sovietici è di realizzare qualche mezzo di comunicazione col quale la nostra massima dirigenza — il Presidente, il segretario di Stato.»- possano spiegare le loro òpjpjpni in, ftodo confidenziale cosicché, quando^ devono prendere una decisione finale su qualche argomento, possano farlo con chiarézza di idee. Credo che questo sia particolarmente importante nella gestione delle crisi. Durante la guerra del '73 in Medio Oriente, quando noi davamo armi agli israeliani e i russi ai siriani, non passava giorno senza che comunicassimo tre o quattro volte con i sovietici per dar loro un'idea di ciò che ci andava e di ciò che non ci andava di quello che facevano. Persino questo non riuscì ad evitare il conflitto. Ma credo realmente che l'abbia reso più facile da tenere sotto controllo. Se in quel periodo non avessimo avuto per mesi comunicazioni con i sovietici tutto sarebbe diventato più pericoloso. Un paio di volte in questi tempi lei ha detto che l'Amministrazione Reagan si muove non verso la distensione, ma piuttosto verso ^accettazione passiva. Non vedo alcuna sostanziale differenza tra quanto l'Amministrazione sta dicendo e ciò che noi dicevamo per caratterizzare la distensione. In realtà mi pare ci sia un pericolo nel fatto che loro mettano troppo l'accento sulle assicurazioni personali e non abbastanza su negoziati sostanziali. Il problema che si poneva la settimana scorsa era se questo accento avesse un consenso abbastanza forte a tutti i livelli di Washington. Credo fermamente che l'im¬ pegno del Presidente sia un dato di fatto permanente, così come quello del segretario di Stato. Sono le due persone che conosco meglio. Indubbiamente nella buroaazia ci sono elementi che hanno seri dubbi sull'utilità di qualsiasi negoziato, specie di quelli sul controllo delle armi. In se stesso questo non è male, perché suscita un dibattito salutare all'interno del governo. Ma ad un certo punto ci. deve essere un momento decisionale, e la decisione non deve arrivare alla fine di interminabili discussioni. Ma deve consentire un negoziato scorrevole. Ciò richiederà qualche cambiamento organizzativo dopo l'elezione presidenziale. Lei crede che il Presidente abbia compiuto una specie di conversione negli ultimi anni, o siamo noi che diamo troppo peso a certe sue affermazioni retoriche? Ritengo che ogni presidente, prima o poi, sia indotto' dalla natura stessa delle armi contemporanee a desiderare di ridurre i pericoli di guerra,'e sono convinto che soprattutto un presidente che si presenta per un secondo, mandato si muova in» un'ottica storica, non in una limitata al puro fatto elettorale. Pet questo credo che il presidente Reagan abbia probabilmente modificato certe opinioni, che abbia acquisito una dimensione da presidente che prima, quando era candidato per là prima volta, non aveva. Sono convinto che egli sia assolutamente sincero. Ripeto: il pericolo maggiore, secondo me, non sta nella mancanza di sincerità, ma nel fatto' che .qualcuno possa aederc che si otterranno risultati positivi semplicemente con 1' astratto esercizio psicologico di rassicurare i sovietici c di convincere l'opinione pubblica che siamo sinceri. Questo non basta. Bisogna tradurre le parole in un piano preciso." Ritiene che bisognerà arrivare a dopo le elezioni prima di poter vedere qualcosa di tangibile in questo senso? Sarei sorpreso se vedessi qualcosa prima delle elezioni. E personalmente ritengo che ora sia il momento di non tentare sviluppi eccezionali, ma di lavorare seriamente. La scorsa settimana è stata importante per ristabilire il contatto, ora preferirei che non accadesse nulla fino alle elezioni. Per quanto possiamo prevedere alla distanza continueremo ad essete rivali e competitori con l'Urss, e contemporaneamente dovremo lavorale in qualche modo in collaborazione. Gran parte dell'esperienza diplomatica-e di politica estera degli Stati Uniti ci insegna che dobbiamo trattare i Paesi sia come amici sia come avversari, e -considerare i problemi come cose che hanno una loro scadenza. Ad esempio, quelli che criticano gli accordi con 1* Unione Sovietica hanno sempre detto che da questi accordi i russi hanno tratto vantaggi. Io parto da questa premessa: non sottosaiveranno mai un accordo che non conceda loro qualche vantaggio. II problema è di vedere se i vantaggi per noi compensano quelli dei russi e di convincersi che senza un equilibrio di vantaggi non ci sarà mai accordo possibile o, se esso fosse concluso per errore, non terrebbe nel tempo. Tutto ciò nei dibattiti all' interno degli Stati Uniti crea grandi difficoltà, perché da una parte alcuni sostengono come qualsiasi accordo sia auspicabile, e affrontano le relazioni Est-Ovest come un problema psicologico. Dall'altra ci sono quelli che considerano ogni accordo una rinuncia ai nostri principi morali, elemento che ci indebolisce per la battaglia finale. Per non cadere negli eccessi delle due posizioni, i sovietici sono tentati dall' approccio psicologico che li porta alle offensive di pace, con proposte di disarmo unilaterale. Così la sfida che si pone al governo americano è quella di assumere una posizione stabile, che non pretenda di vedere i sovietici diventate all'improvviso nostri amici, ma che d'altra parte sia atta a concludere accordi di reciproco interesse.

Persone citate: Gromyko, Kennedy

Luoghi citati: Medio Oriente, Stati Uniti, Unione Sovietica, Urss, Washington