Barrault-Renaud, la sfida continua di Osvaldo Guerrieri

Barrault-Renaud, la sfida continua BIENNALE TEATRO: incontro a Venezia con la più celebre coppia del teatro francese Barrault-Renaud, la sfida continua Insieme nel teatro e nella vita in 48 anni di battaglie artistiche -11 difficile e magico incontro con la Duras - Ora pensano a Pirandello DAL NOSTRO INVIATO VENEZIA — Le facce di Jean-Louis Barrault e di Madeleinc Renaud sembrano due sculture, tanto sono belle. Quella di Barrault è mobile, ride spesso, soprattutto con gli occhi da fauno, e contrasta col volto Incredibilmente minuto e quasi sempre assorto della Renaud. Sono la coppia più celebre del teatro francese. Insieme, hanno attraversato quarantotto anni d'arte e di vita. Si conobbero nel '36, sul set del film «Héfóne». e da allora sono sempre stati l'uno al fianco dell'altra in quelle battaglie teatrali, in quegli slanci d'Inquietudine artistica che li portarono, nel '46, ad abbandonare la Comédie Francaise e a fondare spazi teatrali a loro immagine e somiglianza: il Marigny, l'Eliysée Montmartre, il Théàtre d'Orsay, fino all'attuale Rond-Point. Sono a Venezia per la terza volta. Ieri sera, al Malibran, la Renaud ha rappresentato 'Savannah Bay», di Marguerite Duras; più tardi, a Palazzo Labla, Barrault è stato protagonista di una «serata d'onore» nella quale ha irradiato la soavità e il fascino del suo genio d'attore. Ma Barrault è a Venezia soprattutto per lei, per Madeleine, per questa piccola, grande donna della quale Albert Camus disse un giorno: «£' un mostro sacro? Non lo so. So però die è un mostro tran¬ quillo, e sì direbbe domestico: Ma dev'essere tranquilla soltanto all'apparenza. Fuori scena è combattiva, ardente. Lo ammette Barrault. Dice: ^Quando abbiamo chiesto per la prima volta alla Duras di lavorare per la nostra compagnia era il '64 o il '65. Non è stato un incontro facile. Subito la Duras si è scontrata con Madeleine, perché sono due temperamenti forti e sinceri». E la Renaud precisa: «Afa poi mi sono legata sempre di più. alla Duras, perché è una donna intelligente e viscerale. Lavorare con lei significa soffrire e gioire, due sentimenti bellissimU. La Duras ha scritto «Savannah Bay» su misura per lei. Che cosa ha provato, leggendolo? «Ho avuto un trasporto d' ammirazione, come per "Beckett', che ho avuto l'onore di interpretare. Devo a loro le gioie più profonde della mia vita d'attrice'. Seduto accanto a lei, Barrault sorride. E' completamente vestito di bleu, compresa la camicia, sulla quale si rincorrono geroglifici bianchi. Parla dell'intensa attività al Rond-Point («Anche in Francia lavoriamo, sa?») e dei suoi programmi: «Farò un picco/o testo di Tolstoj, "Il cavallo"». Sembrerebbe un ritorno alle origini, a queir azione mimica con lo stesso titolo che fece il giro dell'Europa. -No, non sarà la stessa cosa — dice —. Per ragioni d" etd, mi capisce?». C'è stato un periodo in cui Barrault tcatralizzava la vita degli uomini illustri: Nietzsche e Rabelais, per esempio. Non è più interessato a questo tipo di teatro? -Dovevo fare degli spettacoli. Nietzsche rappresentava il bisogno di ritrovare la gioia dopo avere assaggiato i dolori del mondo; Rabelais era come un nutrimento di pane senza morale, un vero anarchico cristiano. Oggi ho altre necessità». Quali siano si può intuire dal suo ultimo spettacolo, -Angelo tiranno di Padova», di Victor Hugo. •Se ho messo in scena quest'opera giovanile di un poeta che non amo, non è stato per fare un brutto scherzo a Venezia. La tragedia descrive la supremazia di questa città nel Rinascimento che non toccava soltanto il Mediterraneo, ma si irradiava in Europa. Ha delle incredibili corrispondenze col mondo di oggi. Venezia era una superpotenza, oggi abbiamo una superpotenza a Est e una superpotenza a Ovest. Hugo dice nella sua opera: oggi non si muore più, si sparisce. E' straordinario. Basta aprire la tv per vedere come in America del Sud la gente non muore, sparisce. Per fortuna la tragedia é fn prosa, ed è divertente, melodrammatica. Il pubblico risponde allo spettacolo come a un feuilleton televisivo fatto molto bene». Ed ora, che cosa le piacerebbe mettere in scena? 'Vorrei allestire Gli uccelli, di Aristofane e Llolà, di Pirandello. Liolà mi affascina, ma è una scommessa impossibile. Non lo si può recitare in francese con una scenografia mediterranea: diventerebbe ■ridicolo e pericoloso. Forse, se mai lo farò, sarà recitato in patois, in provenzale, da un contadino della Provenza: Secondo me è l'unico modo». Osvaldo Guerrieri