Ferreri e Rosi, il futuro è cinema

Ferreri e Rosi, il futuro è cinema PRIME FILM: «Il futuro è donna» con Muti e Schygulla e «Carmen», con Julia Migenes e Domingo Ferreri e Rosi, il futuro è cinema A: «Finalmente esce il film italiano della discordia. Mi pare che anche tu sei stato severo col Futuro è donna alla mostra di Venezia». B: «Più che severità, irritazione e rammarico per aver visto una grande idea e una grande occasione lasciate a mezz'aria. Il famoso sguardo postmoderno di Ferreri applicato bene al paesaggio, ma distratto e ostile sui personaggi». A: «In che senso grande occasione?». B: «Pensa. Due donne simboliche del nostro tempo, la tormentata e intellettuale Hdhna Schygulla, ormai scesa in Italia dai freddi climi tedeschi, e la solare e poco intellettuale Ornella Muti, ritenuta, a torto o a ragione, una delle più belle attrici contemporanee. Non solo, in mezzo, un attore che non compare anche se è presente, il figlio della Muti ancora nel pancione della mamma e pur già celebrato dai rotocalchi. Attualità e simbolo». A: «Forse era troppo anche per Ferreri. Ci ha lasciato liberi di usare le due donne secondo le nostre più segrete reazioni». B: «Per fare il semplice mediatore Ferreri aveva bisogno di non abbandonare i suoi personaggi in un mondo fantastico e nemico, doveva costringerli nei passi di uno stile strettissimo, non lasciargli scampo, amarli». A: «lo credo che Ferreri abbia delegato la filosofia della storia (la supremazia delle donne nei punti difficili dello sviluppo o dello sfascio sociale) alla sceneggiatura delle sue collaboratrici Dacia Marami e Piera degli Esposti. Lui le immagini, loro le parole-. B: «Ecco, tocchi il punto debole del film, il punto della jjiscrjrdia veneziana. Le due ( vaiolóse scrittrici, e una'arioChe"brava attrice "per"Sud conto, hanno immaginato un dialogo finto, una voluta mescolanza di commedia femminista e fumetto rosa, per dire la nuova alienazione del linguaggio delle donne, per dire anche il nuovo romanticismo che cova nelle anime femminili. Ma l'esperimento s'è raggelato a tavolino e certe frasi, mezzo colte e mezzo poetiche, messe in bocca della buona Ornella Muti strappano il biasimo». A: «Forse anche per questo il film è piaciuto assai ai critici francesi, perché non avvertivano la sopraffazione dei dialoghi». B: «Anche per questo, perché la completa dissociazione logica della storia, la pura fisicità del contrappunto parola-immagine possiede non da oggi un discreto fascino. Noi italiani apprezziamo, ma vediamo che le giunture non sono perfette». A: «Quindi le due sceneggiatrici hanno fatto male a risentirsi delle critiche, hanno solo chiesto una complicità che Ferreri subdolamente e provocantemente, come al suo solito, ha negato». B: «Appunto, per questo s'era parlato (amichevolmente) di fustigazione per le due colpevoli». , Abilità non; sarà che avete 'f&fto'rìsèrve sul film perché, come dicono, infrangeva il mito della maternità? Perché si vede Ornella Muti esibire il suo pancione di donna veramente gravida e trattarlo senza rispetto?». B: «Per quello che mi riguarda escludo assolutamente. Il pancione di Muti è esibito con grazia e trattato con molta prudenza. La cosa è più irriverente da dire che da fare. Nessuno vieta alle donne incinte di fare l'amore nei modi e luoghi che desiderano. Ognuna poi applica le cautele del caso, la maternità è proprio un frutto delle scelte amorose». A: «Allora vi ha irritato la nullità dell'uomo, il fatto che l'uomo non conti nulla». B: «No. Fa parte del vecchio gioco misogino di Ferreri, dire che il futuro è delle donne, per chiedere solidarietà per gli uomini». A: «Cos'è allora che l'è piaciuto, visto che le tue riserve non erano totali?». B: «Ferreri dopo Storia di Piera ha scoperto in sé il grande creatore di ambienti. Anche qui l'invenzione di un ambiente postmoderno, pezzi di Sicilia e pezzi di Emilia, è assai suggestiva. Ferreri ha riservalo al mondo in cui vi- .briciole velenose». ; Rosi di fronte all'opera è stalo fino a ieri come uno di noi, spettatore rispettoso ed emozionato, il suo cinema sembrava molto lontano dal-, la grande convenzione lirica. O forse no? Lui dice di avere sempre rifiutato di fare regie liriche nei teatri italiani ed europei, secondo un'abitudi¬ ne che è di molti registi cinematografici,, perché non era cosa da fare alla leggera. Rosi, quando s'impegna, si mette tutto nell'Impresa ed anzi si teorizza, enuncia la sua poetica, spiega le sue scelte; spesso, come qui, i risultati sono1 perfino migliori delle intenzioni. Con scrupolo Rosi si è confessato alla Mostra di Venezia: è un incontro di due esperienze mediterranee, la napoletanità e f. l'ispanità. • Carmen,, come Ori bivio di passioni, Ròsi da' Napoli, Bizet, dalla Frància e Carmen in mezzo, invenzione che strappa l'anima e accende 1 sensi. In Rosi c'era anche il precedente spagnolo del «Afomento dellaverità» e per questo i tori e la corrida hanno nel film un rilievo figurativo cosi grande, forse la parte più incisiva ed esplicativa. Infatti non sembra che ci sia niente di più reale e insieme sanguinosamente simbolico di una corrida. Il vero incontro di «Carmen» è tra un regista di forte ascendenza realistica e la tradizione teatrale dell'opera, i modi dell'interpretazione cinematografica. Il concetto di film-opera è abbastanza recente, prima c'erano solo rappresentazioni fotografate o traduzioni in prosa; anche i punti di riferimento sono pochi; lo, Zefffrelll della .Traviata», il Losey di «Don Giovanni», il Bergman del .Flauto magico», torse il più rispettoso della convenzione teatrale. Rosi è stato per fortuna fedele alle sue inclinazioni e al suo stile, ha fatto una «Carmen» realistica che, fingendo di essere debitrice alla commedia musicale americana (metti .West side story»), è piuttosto conficcata nel populismo di matrice napoletana e nel carattere melodrammatico dei grandi comizi roslani «en plein air», dalla .Sfida» in avanti. O, anche, con uno sguardo indietro: comete.,!) iampso quadro di Pellìzza'ciÉk Volpedo intitolato (à^qWfo=«ato! al^jlolo. si animasse d'improvviso di passioni private. Julia Migenes Johnson è una cantante con sangue misto, greco e portoricano, una plccoletta eccezionale, torbida e sensuale come si conviene al ruolo, spontanea e naturale nella seduzione come di rado capita alle cantanti d'opera. La vedete giocare di mani e di sottane, buttare all'aria le sue minute gambe, e capite subito che l'ottimo Domingo è fritto, un ufficiale cosi per bene e amato per di più dalla buona Micaela. Nel film, tra esterni tumultuanti di comparse e interni frementi di sensualità, il Domingo-José prende un rilievo autonomo, un'enfasi sincera, perché Rosi, che ha anche l'animo soclologizzante, ha voluto tratteggiare in lui il piccolo borghese vinto dalla passione, ma anche dalla libertà di Carmen. Guardate con quanto gusto, con che inesorabile vendetta ammazza in fondo al film la donna, dopo essersi piegato ad ogni ignominia diventando da ufficiale contrabbandiere. Anche Raimondi è una gran faccia da cinema (e infatti già usato per parti in prosa) e la fotografia di De Santis è quella che ci vuole, complice al punto giusto, come le scene di Job. E' stata perfino ricostruita una manifattura tabacchi, visitata durante la lavorazione dagli ingenui turisti come archeologia industriale. Sulla colonna sonora, approntata in sontuoso «play back» da Lorin Maazel noi esprimiamo il reverente, seppur superficiale rispetto di vecchi spettatori d'opera all'aperto, soprattutto all'Arena veronese. D'altra parte voi sapete le vicissitudini di .Carmen», il suo esser nata per l'Opéra-comique commista di musica e dialoghi (qui in parte ripristinati), il coni' mento irritato del direttore dell'istituzione parigina {.Questa è musica della Cocincina») e insomma mezza parola di Massimo Mila sull'esecuzione non sarebbe inutile per rendere più completa la festa- e per -porvi qualche limite; 'stufano'Reggiani | Dalla Mostra Venezia due opere di grandi registi italiani. Due donne simboliche del nostro tempo. L'incontro fra Napoli e Spagna con musiche dirette da Maazel IL FUTURO E' DONNA, di Marco Ferreri con Ornella Muti, Hanna Schygulla, Nieis Arestrup. Fotografia di Tonino Delti Colli. Produzione italiana a colori. Cinema Eliseo Blu di Torino, cinema Etoile di Roma. CARMEN di Francesco Rosi con Julia Migenes Johnson, Placido Domingo, Ruggero Raimondi, Faìth Esham. Dall'opera di Bizet diretta da Lorin Maazel. Coreografia di Antonio Gades, scene e costumi di Enrico Job, fotografia di Pasqualino De Santis. Cinema Eliseo Grande di Torino. Cinema Capranica e Fiamma A di Roma. Ornella Muli e I lamia Schygulla in una scena de «Il fui uro è dolina» Julia Mi|>eiics Johnson e Placido Domingo in «Carmen» di Rosi