«Quando uccisero Scaglione tra i killer c'era anche Liggio»

«Quando u€€Ìsero Scaglione tra i killer c'era anche Uggia» Le rivelazioni del pentito sull'agguato all'ex procuratore capo «Quando u€€Ìsero Scaglione tra i killer c'era anche Uggia» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PALERMO — La «verità di Buscetta» suggerisce un'infinità di'-personaggi e una quantità di sconvolgenti ipotesi. Dall'inchiesta avviata a Palermo, che sta dando «ottimi frutti» negli Stati Uniti, emergono circostanze solo in parte già note agli investigatori più che mai convinti della credibilità di quel che il boss ha detto finora. Buscetta attribuisce ai corleonesl (Ligglo, il capo, seguito dai suol luogotenenti inafferrabili Salvatore Rilna e Bernardo Provenzano) 11 primato tra le famiglie mafiose. Ma già sette anni fa, nel suo rapporto sull'assassinio del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo nel bosco Ficuzza, a 9 chilometri da Corleone, Mario Saterlale, allora comandante del Gruppo Palermo dell'Arma e che, diventato generale, è morto nell' elicottero precipitato in Val di Susa (13 'marzo, scorso) addebitò l'agguato ai corleonesl. Saterlale tracciò del clan corleonese un quadro impressionante .di potenza, efficienza e ferocia. Il generale li aveva collocati al primo posto nella gerarchla mafiosa, più o meno come fa ora Buscetta. E ancora Buscetta raccon¬ ta che la mattina del 5 maggio 1971, in via Cipressi, uno del tre killers che uccisero 11 procuratore della Repubblica Pietro Scaglione e l'agente di custodia Antonino Lorusso che guidava la «Fiat 1500» sulla quale viaggiava il magistrato, fu Luciano Ligglo. Viene fuori anche un per- sonaggio finora considerato di second'ordinc. Pippo Calò, che fino ad una dozzina di anni fa gestiva il Bar Rosanero, in piazza Indipendenza. Rosa e nero sono 1 colori delle maglie della squadra di calcio di Palermo, crollata in serie C. Invece le quotazioni di Calò sono salite vertiginosamente, e Buscetta lo descrive come 11 capo della famiglia di Porta Nuova e l'erede del defunto Gaetano Filippone. Calò sarebbe più importante di Gerlando Alberti, «il Paccaré», che difattl viene indicato da Buscetta come un subalterno di Calò. Alberti, come Buscetta, ha sempre avuto un debole per le donne, anzi per le «lolite», quindi non davano molte garanzie ai grandi capi, mentre Calò, tutto casa e famiglia, a poco a poco è riuscito ad ammantarsi di un certo carisma. Oggi Calò è latitante. Andato via da Palermo qualche anno fa, si era trasferito a Roma e sulla Costa Smeralda aveva una villa proprio" accanto a quella del faccendiere Francesco Pazienza, diventato presto suo buon amico. Arrestato per il sequestro dell'lng. Luciano Cassina nel 1972, prigioniero dei banditi per quasi sei mesi e rilasciato dietro pagamento di un mi¬ liardo e 300 milioni. Ora Buscetta garantisce che non furono banditi ma mafiosi a rapire il noto imprenditore edile L'ondata di delitti tra Nàtale e Capodanno di due anni fa Buscetta la spiega con un agguato il 25 dicembre 1982 al quale sfuggi Pino Greco, detto «Scarpazzedda», ben presto diventato un capo di prima grandezza, parigrado del suo più celebre lontano parente Michele Greco, il «Papa». Giovannello Greco, un altro giovane emergente nel clan di Ciaculli-corso dei Mille, e Gaetano Badalamenti avrebbero ordinato l'uccisione di Pino Greco che, sopravvissuto, passò immediatamente al contrattacco e il giorno dopo fece uccidere padre e fratello dell'amante diciannovenne di Giovannello Greco. Convinto che pure Buscetta lo volesse morto, qualche ora appresso Pino Greco avrebbe fatto assassinare anche il genero di Buscetta, Giuseppe Genova, e due nipoti di questo. Tre giorni appresso furono abbattuti nella loro vetreria, in viale delle Alpi, anche il fratello e il nipote di Buscetta. Antonio Ravidà

Luoghi citati: Bar Rosanero, Corleone, Palermo, Roma, Stati Uniti