All'esposizione di Musorgski interviene Richter

Jazz Jazz All'esposizione di Musorgski interviene Richter Dall'ombra di Cedi Taylor esce il sax di Jimmy Lyons Count Baste: «88 Baste Street», Fabio. Album registrato nel 1883, senz'altro uno degli ultimi del grande leader scomparso recentemente. Il disco rientra nella produzione di routine cui si era adagiato Count Baste negli ultimi anni. Invano aspettiamo le trovate geniali di un tempo, 11 guizzo che interrompe la monotonia. Addio Freddie Green, Walter Page, Jo Jones! I pia giovani sostituti suonano una musica Imparata sul banchi di scuola. Che noia. T primi dischi d'autunno _|_ «made in Italy» sono dovuti, manco a dirlo, alla Soulnote/Black Saint, che cosi smentisce subito certe recenti dichiarazioni improntate alla prudenza e al pessimismo in cui il portavoce di questa industria s'era particolarmente distinto. Ma 11 mondo della musica incisa vive di slmili contraddizioni, specialmente quando l'amore per 11 jazz, nel caso specifico, prevalga sulle considerazioni commerciali. L'emissione è di sette long-playlng fra 1 quali si può fare la seguente graduatoria di valori, da prendersi naturalmente col beneficio dell'inventarlo: i protagonisti sono il quintetto di Jimmy Lyons, 11 trio di Ray Anderson, il quartetto di Hamlet Blulett, 11 quartetto di Davo Murray, il nonetto di Lee Konitz, 11 quartetto di Clifford Jordan, 11 sestetto di Jimmy Knepper. Le perplessità cominciano col nonetto di Konitz, che suona In modo piacevole ma è registrato (dal vi¬ di titolo) di Jimmy Lyons. I collezionisti italiani dovrebbero riservargli una grande accoglienza, quasi a titolo d'espiazione. Non sembri una parola grossa. Lyons, sax alto cinquantenne nativo del New Jersey, è uno del solisti più illustri del Jazz contemporaneo, rimasto forse un po' in ombra per la sua dedizione a Cecll Taylor col quale collabora da più di vent'annl. Nel maggio scorso è approdato in Italia col suo gruppo (pressappoco lo stesso del long-playlng), proponendo una deliziosa musica «post-free», ma è stato letteralmente ignorato dal pubblico. A Milano, al clneteatro Ciak, ha suonato per cinquanta persone, delle quali un terzo erano addette al lavori. Adesso, per gli assenti e per i presenti, c'è questo disco 11 cui contenuto è ancora migliore del concerto. Anche 1 canali dell'importazione dagli Stati Uniti stanno dando segni di risveglio. Quasi come staffetta, è arrivato nel negozi specializzati un album prezioso e pressoché Inedito degli indimenticabili «Glants of Jazz» del 1972 (Dlzzy Glllesple, Thelonlous Monk, Kal Windlng, Sonny Stitt, Al McKlbbon, Art Blakey) la cui bellezza rende ancora più acuto 11 rimpianto per 1 tre del sei «giganti» che sono scomparsi negli ultimi anni. QUESTI due dischi antologici rendono una vivida immagine di un grande pianista, Svjatoslav Richter, in un'epoca (1959) in cui la sua fama non era ancora uscita dall'Europa orientale; è una registrazione realizzata a Sofia dalla radio bulgara e ripaga con l'immediatezza e la continuità di respiro una certa lontananza di ripresa sonora dovuta all'occasionalità dell'avvenimento. Il primo disco è dedicato per intero ai Quadri d'una esposizione di Musorgski: Richter li suona con sobrietà, come un testo classico, sema indugiare troppo in effetti e colori. Alcuni punti sono però stupefacenti per magia sonora: per tutti, basta sentire quella pagina che Musorgski chiama, in un latino approssimativo, Con mortuls in lingua mortua: dopo i primitivi, scabri aggregati accordali di Catacombae, il tremolo sul fa diesis acuto, in pianissimo, sembra provenire da un arcano impasto sinfonico amiche da uno strumento a percussione; e all'ombra di questo misterioso fluire, il tema della -Passeggiata* appare e scompare alla mano sinistra con spettrale intermittenza. Impossibile anche non citare la furiosa, selvaggia fantasia sonora con cui è trattata La capanna di Baba-Yaga, anche per come testimonia, nel Richter quarantenne, una presa diretta sulla pagina, un'espressività rettilinea e sovrabbondante che il Richter più problematico degli ultimi anni ha modificato e raffinato. Non di particolare rilievo le tre pagine schubertiane; il primo dei Momenti musicali e due Improvvisi op. 90; e nel terzo Studio op. 10 di Chopin si colgono anche maldestre imitazioni del famoso .rubato- alla Cortot, degne dellinsensato nomignolo di 'Tristezze» ancora riportato in copertina. Da questo tipo di musicalità il Richter degli ultimi anni doveva allontanarsi sempre di più. Dove la genialità del pianista già rifulgeva alla fine degli Anni SO è soprattutto nelle pagine di Liszt: le due Valses oubllées in fa diesis maggiore e il la bemolle maggiore dovrebbero entrare nella storia del pianoforte, per l'evidenza palpabile con cui restituiscono il mondo del grande salotto, con le sue eleganze, frivolità, sfrontatezze ai limiti della volgarità (l'episodio delle acciaccature mila seconda Valse,!, tanto ai grandi tutto è permesso. Incredibile anche la fluidità con cui sono disciolte le difficoltà dello studio Fuochi fatui (una delle pagine tecnicamente più difficili della storia del pianoforte), tutto un trepidare di arpeggi e di scale cromatiche, cui fa riscontro la sontuosa solennità di Armonie della sera. Sono pagine in cui il virtuosismo 'trascendentale* . di Richter diventa invenzione e scoperta, fra le più illuminanti degli ultimi decenni. i

Luoghi citati: Cecll Taylor, Italia, Milano, New Jersey, Sofia, Stati Uniti