Il separatismo dimenticato - Quando la Sicilia aveva una sua bandiera..

Il separatismo dimenticato - Quando la Sicilia aveva una sua bandiera.. Il separatismo dimenticato - Quando la Sicilia aveva una sua bandiera.. E a Messina in segreto..» Perché fu ucciso Antonio Canepa? Quando la porta fu aperta, Martino non c'era più: era uscito, non visto, da un ingresso laterale. E Finocchlaro Aprtie, sorridendo, commentò: "Abbiamo il nostro primo ambasciatore all'Onu": :; Salvatore Natoli è l'unico' testimone In grado di raccontare l'episodio. Tutti gli altri sono morti. Il prof. Restuccia più di. una volta lo invitò a raccontare 11 fatto, ma Natoli si era sempre rifiutato: con Martino vivo, la cronaca di quell'incontro poteva trovare facili strumentalizzazioni. Francesco Restuccia dovette, cosi, limitarsi nei suoi comizi a vaghi accenni sul misterioso personaggio che dopo l'incontro con Finocchlaro Aprile era -uscito dalla porta di servizio-. Poi le cose precipitarono: «Ci rendemmo confo della fine quando la data del referendum per V indipendenza dell'isola veniva rinviata, senza alcuna apparente giustificazione, e le sedi del movimento assaltate dal soldati di Badoglio. Infine Yalta. L'autonomia fu però la nostra conquista. Non è un caso che lo statuto della Regione sia nato prima della Costituzione italiana-, commenta Natoli. Gli Indipendentisti inviarono alla Costituente quattro deputati (due dei quali erano detenuti: Concetto Gallo ed Attilio Castroglovanni) e otto all'Assemblea regionale. Per Natoli fu decisivo l'Incontro con Ugo La Malfa: durante un comizio a Palermo, gli amici di Finocchlaro Aprile avevano Impedito al futuro leader repubblicano di aprire un contraddittorio con il capo del separatismo «Quella stessa sera mi trovai a tavola con Ugo La Malfa. Mi convinse a non rinnegare un "errore di gioventù", ma anche a modificare i miei impegni-. Ma perché queir -errore di gioventù-? -Per capire basta rileggere — Alce Natoli — la lettera di Giuseppe Garibaldi ad Adelaide Cairoli: "Oli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili — scrisse Garibaldi —. Ho la coscienza di non aver fatto del male; nonostante ciò non rifarei la via dell'Italia meridionale; temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo squallore, e suscitato solo odio"-. di CRISOSTOMO LO PRESTI MESSINA — Una gelida notte dell'inverno 1944 in piena guerra, quindici universitari siciliani e un professore di filosofia attraversarono lo Stretto di Messina. Francesco Restuccia, docente nel licei; Gaetano Barbera, laureando in lettere, e Salvatore Natoli, matricola in ingegneria, con altri tredici compagni avevano affrontato, su uno sgangherato traghetto, la traversata per presentarsi ai militari dell'Amgot (il governo degli Alleati in Sicilia, nel frattempo trasferitosi a Reggio Calabria) per arruolarsi nelle truppe della «Francia combattente» di Charles De Gaulle, schierate allora sul Volturno. Unica condizione che ponevano per partecipare alla liberazione dell'Italia era di battersi sotto le insegne della Sicilia. Al maggiore Gray, che 11 ascoltava con ironia e sussiego molto anglosassoni, mostrarono uno stendardo glallorosso. Erano tutti indipendentisti e intendevano combattere 11 fascismo, ritenuto un prodotto italiano. Il maggiore Gray comprese le loro ragioni ma li sconsigliò: a liberare dal nazifascisti l'Italia ci avrebbero pensato gli Alleati. Quell'anno a Messina era avvenuto significativo episodio, sinora taciuto. Nel pomeriggio del 4 febbraio 1944, Salvatore Natoli e Francesco Restuccia accompagnarono al Grand Hotel il rettore dell'università, Gaetano Martino, futuro leader liberale, ministro degli Esteri e uno dei padri dell'europeismo. Lo attendeva Fmocchiaro Aprile. Ricorda Natoli: -Quando Pasquale, l'autista, posteggiò e Martino entrò nella hall, il vecchio leader Indipendentista gli si fece incontro. Poi ci sedemmo tutti in un salottino, dove fu servito il té. Quindi mi allontanai con Restuccia. Il colloquio durò parecchio. t sola. Sono di quel periodo i contatt col pel, la cui posizione è guardinga: 11 «rivoluzionarlo» arrivato in Sicilia dal Nord, è posto sotto la tutela ideologica di Edoardo D'Onofrio. Ma se il separatismo vuole andare avanti, occorre una solidarietà molto vasta. Dice Antonio Canepa: -Ora, con gli agrari e i baroni, procediamo paralleli: ma quando Indipendenza sarà una realtà, ci daranno le loro terre o le loro teste-. Nasce nel marzo 1945 la -Brigata Canepache si accampa a Cesarò, nella Sicilia Orientale. Si scioglie quando Roma invia tremila uomini della Divisione -Aosta-, poi si riforma su sedici raggruppamenti. Il plano di insurrezione (che verrà ritrovato dopo la morte di Canepa) è un trattato di strategia militare. Ma qualcuno, all'interno della -Brigata-, tradisce. Il 18 giugno 1945, Antonio Canepa con altri separatisti ha appena fatto visita a un ricco agrario per una «richiesta di fondi», considerata dalla polizia un vero e proprio sequestro di persona. Tutti viaggiano in un motofurgone carico di armi e nel quale c'è una borsa colma di banconote. Il veicolo è intercettato dai carabinieri. C'è un conflitto a fuoco. Antonio Canepa, colpito, morirà dissanguato. Si vuol coprire tutto, in gran fretta: i corpi, in piena notte, vengono portati al cimitero di Giarre e sepolti, nonostante le proteste del custode. Fu un agguato? Tanti anni dopo, si rafforzano le ipotesi di un attentato ispirato dalla destra conservatrice che in Antonio Canepa aveva ravvisato il nemico numero uno. Canepa aveva documenti ritenuti fondamentali per il suo movimento e precisi atti di accusa: non furono mai ritrovati. Per capire Antonio Canepa, fondamentale è un suo volumetto pubblicato clandestinamente a Catania alla fine del 1942, e al quale i gruppi separatisti fanno ancora riferimento. Il volume, dal titolo La Sicilia ai siciliani comincia così: «Questa è un'isola circondata dal mare. Dio stesso, nel crearla, la volle cosi, staccata dal Continente». Al piedi della stele di Randazzo, i fiori non mancano mai. di GUIDO COPPINI GENOVA — Una stele a un chilometro da Randazzo, in Sicilia, ricorda l'uccisione di Antonio Canepa, professore universitario di economia, che nella Sicilia fra il luglio del 1943 e l'aprile del 1948, fu percorsa dalle fiammate del seperatismo e dilaniata, all'Interno stesso di chi voleva il «distacco dal Conti-, nente», da conservatori e progressisti. Come morì Antonio Canepa? Forse potrebbe rivelarlo la moglie, Clelia Rosati, 76 anni, che abita in via Ausonia a Genova. Ma l'anziana signora, duramente provata dalla tragica scomparsa del figlio, Antonio Enriùo, talento emergente del psi, morto II 31 marzo 19S2, non è in condizioni di ripercorrere la storia del marito, fatta di eroismi e di illusioni, fino al mistero di una fine mai chiarita. Canepa nell'estate del 1933, col fratello Luigi e dodici studenti, aveva organizzato un complotto per occupare con le armi San Marino, nell'intento di dimostrare che l'antifascismo era vivo. Fini in manicomio. Lo ritroviamo nel 1943 a Catania dove fa saltare un deposito di carburante e munizioni all'aeroporto di Gerbint, utilizzato dai tedeschi. E' una forza dirompente del separatismo catenese, progressista, in contrasto con quello conservatore dt Palermo che ha come leader di agrari e aristocratici il Duca di Carcari. Canepa fonda l'Evis (Volontari per l'indipendenza siciliana), va a combattere con i partigiani nella zona di Firenze, torna a Catania. A Catania, Canepa (che avrà poi un grande alleato in Concetto Gallo) organizza nel 1944 una forza armata indipendentista et tedeschi mettono una taglia sul suo capo. L'ostilità viene anche dall'interno: Canepa «parla troppo di riforme», è comunista tesserato, fa paura agli agrari e alle grandi famiglie dell'i¬