Vitez: «Così, con la misoginia concilio Shakespeare e Verdi»
Vitez: «Così, conia misoginia concilio Shakespeare e Verdi» Il regista, debuttante a Palais Garnier, spiega la sua messa in scena Vitez: «Così, conia misoginia concilio Shakespeare e Verdi» PARIGI — II Macbeth di Verdi, die apre stasera la stagione dell'Opera di Parigi, ha un quartetto di «protagonisti» d'eccezione, in podio, in scena, dietro le quinte. Sul podio c'è un direttore molto amato dai partStnij Georges Prètre, dalia ut atea vigorosa e dalla bacchetta impetuosa ed esigente; in scena nei panni del sire di Cauidor c'è Renato Bruson, in quello di Lady Macbeth Shirley Verrett; dietro le quinte vigilerà sulla prima, con il solito sguardo distaccato e severo, il solo esordiente del gruppo, se non nella regia d'opera, certo a Palais Garnier, Antoine Vitez, che ha creato e diretto la messinscena. Per non dire di Prètre, il padovano (di Ganze, presso Bste) Bruson e l'americana (di New Orleans) Verrett sono da tempo a loro agio nei due ruoli: Bruson ne ha addirittura siglato una prestigiosa incisione discografica, sotto la direzione di Sinopoli e con l'orchestra della Deutscher Opcr di Berlino. Vitez, invece, arriva all'Opera e a Verdi per la prima volta, a cinquantaquattro anni, su invito di Massimo Bogianckino, per il quale aveva già realizzato nel '73 a Firenze la sua prima regia operistica, le Nozze di Figaro di Mozart. «Ma non sono stato tanto soddisfatto del risultato, mi sono sempre ripromesso di rifarmi», ammette a distanza di cinque anni. Attore, insegnante al Conservatoire National d'Art Dramatique di Parigi (l'Accademia degli attori francesi), regista e animatore teatrale (fu lui a fondare, nella cintura parigina, il combattivo Thé&tre des Quartier,-; d'Yvry e ad allestirvi una memorabile tetralogia molieriana), Vitez è dal 1981 il direttore del Thé&tre National de Chaillot, l'altro grande teatro statale francese„doppJa:Comédie Francaise. ..«VoJey.<>.-vedere come sarei riuscito a conciliare Shakespeare e Verdi — Ita detto Vitez ai giornalisti ammessi alle prove —. Il punto d'incontro l'ho trovato nel fatto che, a mio avviso, sia il poeta elisabettiano che il compositore italiano mettono in scena, nella tragedia e nel melodramma, la paura della donna, anzi della moglie, iv uno e l'altro rappresentano, insomma, la misoginia, incarnata in Lady Macbeth, la moglie che si difende, che vuole far sentire le proprie ragioni, che vuol vendicarsi, come nella tragedia greca, Clltennestra vendica Ifigenia». A proposito della sua regia, Vitez confessa di aver puntato molto sul coro: «Il coro in quest'opera è molto importante, rappresenta la presa di coscienza da parte di Verdi dell'irruzione delle masse nella storia in veste di protagoniste, nella difficile dialettica sociale del suo tempo». Non per questo, precisa, si è lasciato alidore a pericolose attualizzasioni: «Il tempo nel Macbeth è indefinibile, è mitico». Poi ha mostrato agli ospiti la scenografia, realizzata dall'inseparabile greco Yarinis Kokkos e dall'italiano Lorenzo Mariani (coreografo è, invece, uno jugoslavo, Milko Sparemblek): «Le mura del palazzo sono fatte da cadaveri compressi. Un po' come le catacombe di Palermo...». r. s. • Antoine Vitez
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