Mille lire di sogni imperiali di Luciano Curino

Mille lire di soffili imperiali GRAN FOLLA ALLA MOSTRA ROMANA SULL'ECONOMIA FASCISTA Mille lire di soffili imperiali Era la cifra che negli Anni 30 ogni impiegato desiderava guadagnare - La rassegna riflette le fatiche dell'uomo comune piuttosto che le immagini politiche del «palazzo» - Si viveva in un clima di gloria, ma i consumi alimentari calavano - Treni popolari, il primo turismo di massa, le colonie marine e le lettere di licenziamento per gli ebrei DAL NOSTRO INVIATO ROMA — Al Colosseo altoparlanti di/fondono una camionetta: .Se vuoi goder la vita, torna al tuo paesello, che è più bello della città». E' una canzone degli Anni Trenta. Siamo alla mostra .L'economia italiana fra le due guerre 1918-1939*. Si va tra manifesti e gigantografie di quel periodo. Ecco una foto di cinque balilla al •campo Diix» che mangiano spensieratamente da una gavetta, seduti per terra. Il fez nero con l'aquila mussoliniana e il fiocco che cade sulla spalla. Anni Trenta, dunque. Si pensa che fra una decina di altri anni questi ragazzi saranno ancora in divisa a mangiare da una gavetta in Libia o in Algeria o in Russia, ma non più così spensierati. Scandalo, polemiche perché una mostra è stata infilata tra le anticlie pietre del Colosseo. E che mostra, poi: dedicata all'economia fascista. Come sempre accade, scandali e polemiche ìianno fatto il gioco degli organizzatori (Comune di Roma e Ipsoa, l'Istituto post-universitario per lo studio dell'organizzazione aziendale) e alla mostra c'è una gran massa di gente. Sabato, giorno dell'inaugurazione, e domenica 27 mila persone. (Il biglietto costa 4 mila lire). Nelle domeniche più fortunate i Musei capitolini registrano duemila paganti. Ieri mattina, ressa al botteghino già mezz'ora prima dell'apertura. «Abbiamo problemi di affollamento», dice Giano Accame, «mente» della mostra. «Tanto più che avevamo calcolato un'oretta li tempo della visita, e tutti ci restano almeno due ore». Si potrebbe pensare a un pubblico di nostalgici: la generazione dei capelli grigi che vuole rinverdire ricordi. Invece sono in maggioranza giovani: non proprio ragazzini, ma ventenni, trentenni. Vengono per conoscere quegli anni fatali che André Maurois defini un gioco del destino. Davvero interessati, perché molti comperano il mastodontico catalogo da 35 mila lire, che sta per essere esaurito e dovrà essere ristampato. Questa mostra sembra avere per i giovani anche il fascino delle soffitte con i bauli che finalmente si possono aprire e vedere la divisa del padre, V abito da sposa della nonna. Fuori del Colosseo ci sono macchine d'epoca. La littorina Roma-Campobasso, il trenino di Cinecittà, due trattori da sbattaglia del grano-, un idrovolante Savola-Marchetti, una Isotta Fraschini 1925 di una bellezza insolente. Vecchie pompe di benzina e le ragazze si mettono in posa davanti per farsi fotografare. Al primo piano del Colosseo la mostra è lunga un chilometro: 800 i pannelli, 1600 i manifesti, le fotografie, i documenti usciti da molti archivi. •Questa mostra è dedicata all'economia italiana e tratta quindi solo incidentalmente le travagliate vicende politiche dell'epoca. Essa privilegia il volto dell'uomo comune, le fatiche e 1 risultati del lavoro, gli strumenti e le tecniche della produzione, rispetto alle immagini del "palazzo"», avverte un pannello. La rassegna si apre con una gigantografia di una copertina di Dente Nostra, rivista ufficiale del Dopolavoro. Si vede Mussolini in visita a una famiglia di contadini toscani. Per la circostanza sono tutti vestiti da festa o in divisa. Ma il più piccolo dei balilla è a piedi nudi. Emblema di un'antica povertà ancora da riscattare. Oli altoparlanti continuano a diffondere canzoni d'epoca: «Rosabella dimmi si, io per sposa voglio te». Si va tra bonifiche e urbanistica, con sventramento di quartieri e costruzioni piacentiniane, la ricerca propagandistica di una 'autarchia' della forma»: il marmo, la colonna, l'arco per esprimere l'idea romana e imperiale dello Stato. La grande stagione della ricerca scientifica, da Marconi all'istituto di fisica di via Panisperna e fotografati sulla terrazza D' Agostino, Segrè, Arnaldi, Rasetti, Fermi. Le banclie, le assicurazioni, la nascila dell' industria radiofonica e il rilancio di quella cinematografica. I treni popolari: famiglie die al massimo si erano spinte al capoluogo della loro provincia, arrivano a Venezia, sul lungomare di Rapallo con frittate e fiaschi, e nasce il turismo di massa. Una foto di un grande magazzino Standard, die fra pochi anni, bandite le parole straniere, si chiamerà Stando. Una sorpresa: da un vecchio orario ferroviario e da uno d'oggi risulta che il Milano-Roma impiegava nel 1939 venti minuti meno di quanti ne impieghi ora. Si viene anche a sapere che nel 1934 vennero introdotti gli assegni familiari e fu stabilita a 14 anni l'età minima per lavorare. Si arriva a un pannello che mostra una lettera di licenziamento della Montecatini a un dipendente ebreo, data 13 maggio 1939: «La presente per comunicarvi che, in con fortuita alle direttive in materia razziale, slamo venuti nella determinazione di rinunciare alle Vs. prestazioni e pertanto Vi diamo formale notizia che dal 15 corrente avrà Inizio 11 preavviso dovutovi». Altra lettera di una fabbrica milanese di concimi chimici che dichiara a un ente pubblico di cui è fornitrice di non avere «né fra gli azionisti, né tra i dirigenti, né fra il suo personale tecnico e amministrativo alcuna persona appartenente alla razza ebraica». Una grave perdita per lo sviluppo del Paese fu rappresentata da quel patrimonio intellettuale che, scacciato dalle università e dai centri di ricerca, espatriò. Tra questi, gli scienziari Emilio Segrè, Enrico Fermi (la cui moglie era ebrea), Roberto Almagià, Edoardo Volterra. Tra gli economisti, Gino Arias, Gustavo Del Vecchio, Marco Fanno, Renzo Fugini (morto poi ad Auschwitz) e Giorgio Mortara. Una rara fotografia del senatore Agnelli nel suo viaggio ai pozzi petroliferi di Baku, in Unione Sovietica. Non sono molte, meno di guanto ci si aspetta, le fotografie degli industriali dell' epoca. Dei Pirelli, dei Caproni, Bulloni, Guatino, Motta, Olivetti, Mondadori. C'era più riserbo in quegli anni. Giovanni Agnelli diceva che il proprio nome sul giornale dovrebbe comparire soltanto quando viene il momento del necrologio. Più numerose le fotografie delle sedute costitutive dei grandi enti nati negli anni del regime: Imi, /ri, Istat, Crn. Tra fotografie di Vittorio Emanuele III alla Fiera di Milano e quelle di bimbi alle colonie marine Fiat, dalle casupole di paglia della Pianura Pontina prima della bonifica a quelle del minatori dì Cogne, tra il bianconero di queste e altre centinaia di immagini c'è l'esplosione colorata dei manifesti firmati da Dudovich, Boccasile, Sironi e altri. Sono circa 300, tutti molto interessanti per tratto e inventiva, molti discendono dal futurismo, per il quale un'auto in corsa era «più bella della Vittoria di Samotracia». Pubblicità del tempo dell'autarchia, e il linoleum viene presentato come «il pavimento italianlsslmo per le costruzioni moderne», mentre la Snia proclama: «Il tessile dell'indipendenza chiama all'adunata l'Italia proletaria e fascista». Un bimbo con gli occhi tristi, quasi disperati, e sotto la scritta: «Non togliete il pane al figli dei nostri lavoratori, acquistate prodotti italiani». I manifesti del 1936, quando molti cinema e bar cambiarono insegna e si chiamarono Adua, e uscirono le sigarette Aoi, Africa Orientale Italiana. Un manifesto intitolato Faccetta nera per promuovere le assicurazioni tra gli abissini, con una strip di Orio Vergani: «Or che liete son le genti per la pace labe-, rlosa, sono 1 negri previdenti per i figli e per la sposa». Su un cammello, avvolto nel barracano, un libico guarda nel cielo il bimotore della Linea Impero: Roma-AsinaraAddls Abeba-Mogadlseio. >L' Agip ha fornito 11 carburante per la conquista dell'Impero», si legge su un altro manifesto. Ambizioni imperiali, sogni di gloria. E intanto gli altoparlanti trasmettono II valzer della povera gente di Spadaro. A metà degli Anni Trenta c'è quasi un milione di disoccupati. Il consumo alimentare medio nel raffronto tra il decennio 19211930 e quello 1931-'40 è diminuito. Il frumento è sceso da 178 a 165 chilogrammi prò capite, gli ortaggi da 71 a 57 chili, la frutta da 30 a 26, la carne da 9,7 a 9 e il vino da 112 a 88 litri. Sono evidenti in questa mostra sforzi e progressi nel campo industriale, economico, in altri campi. Ma la situazione economica rimane difficile negli Anni Trenta. Per quanto i prezzi siano bassi (le trattorie popolari offrono pasti a cinque lire, un panettone da un chilo costa venti lire, un abito da uomo su misura si può avere per trecento lire), poche famiglie guadagnano abbastanza per affrontare spese che non siano di prima necessità. Per comperare la divisa da balilla, e poi quella da avanguardista quando il bimbo diventa ragazzino, con la mantellina e il pugnale e tutto il resto, bisogna rinunciare a un paio di scarpe e a qualche altra cosa necessaria, o desiderata da molto tempo. Le ragazze d'ufficio si accontentano di trecento lire al primo impiego. C'è una canzone molto- popolare, adesso riproposta dagli altoparlanti del Colosseo: «Se potessi avere mille lire al mese, senza esagerare sarei certo di trovare tutta la felicità! Un modesto impiego, io non ho pretese, voglio lavorare per poter alfin trovare tutta la tranquillità». Luciano Curino Un manifesto di Busi: anche la giornata del giocattolo italiano serviva alla propaganda per la guerra in corso in Etiopia