Madonna antica, anzi moderna

Madonna antica, anzi moderna A caccia di falsi in cornice: gli esperti dicono che c'è modo di smascherarli con analisi scientifiche Madonna antica, anzi moderna Una «Vergine con bambino» venduta come opera del Trecento, era stata in realtà dipinta dopo il 1800: il blu di cobalto del manto non esisteva nella pittura di sette secoli fa - Grandi artisti, da Leonardo a Tintoretto, confutati da analisi raffinate - Evitate speculazioni su Bassano e Canaletto DAL NOSTRO INVIATO BOLOGNA — .Oh che bella Madonna con Bambino! Che raffinato doveva essere V artista che l'ha dipinta, pittore vissuto settecento anni or sono, ancora in bilico tra aulici impulsi bizantini e leggiadrie gotiche!.. Complimenti, ammirazione, elogi: 11 riceveva fino a poco tempo fa un collezionista che aveva appeso nel salotto una .Vergine su fondo oro., tavola vendutagli come autentica, ovvero come eseguita a cavallo tra il 1200 e il 1300, sia pure d'ignoto artista. A quel collezionista nemmeno per l'anticamera del cervello passava l'idea di possedere un falso. Ma la primavera scorsa, più per cercar di scoprire una precisa attribuzione (chissà: Duccio di Buoninsegna? Pietro Cavallini? Qualche loro geniale discepolo?) che per fugar dubbi sull'autenticità del dipinto, chiese un esame ecntco sullo stato di conser■azione della tavola. .E venie da noi a Firenze, nel notro Centro diagnostico per fere d'arte — ricorda l'ingegner Maurizio Seracini — dote- non abbiamo potuto fare a meno di dargli una forte delusione: si, quel fondo oro era falso. O meglio, a esser proprio pignoli, la tavola era stata dipinta dopo il 1800.. Radiografie, riflettografie monitorizzate all'infrarosso, termografie, foto a ultravioletti, a luce di sodio, analisi microbiologiche, chimiche, stratigrafiche, petrografiche: il laboratorio scientifico di Seracini s'è occupato, per controlli di vario tipo, della Primavera del Botticelli, dell' Ultima cena di Leonardo, della Sacra Conversazione di Piero della Francesca, di tutte le opere di Raffaello che sono nei musei fiorentini e di decine d'altri preziosi dipinti, marmi, bronzi, sculture lignee, ceramiche, vetri. L'ingegnere lavora per conto di musei, soprintendenze, ma anche di privati; per discrezione non conferma che in queste ultimissime settimane c'è in Italia una specie di corsa alla perizia «scacciapensieri» su molte opere d'arte minori (anche appartenenti a pubbliche gallerie); concede soltanto qualche esempio tecnico, come quello citato del collezionista disilluso. •In quel caso, la scoperta che la tavola non era dell'epoca dichiarata fu abbastanza semplice. Facemmo poche analisi chimiche su vari minuscoli frammenti di pittura, del manto della Madonna in particolare, accertando che il bel blu usato era di cobalto, pigmento inesistente nel 1300, entrato nella storia dopo il 1800. L'analisi della biacca utilizzata portò all'identificazione del bianco di zinco, anch'esso entrato nell'uso soltanto nel secolo scorso (a differenza dell'assai più antico bianco di piombo). E si trattava di elementi inconfutabili, definitivi, se aggiunti ad altre verifiche che escludessero l'aggiunta a posteriori — poniamo in una fase di restauro avvenuta il secolo scorso — di quei colori sulla tavola. Ecco, stabilimmo che soltanto il legno poteva essere del 1300.. Seracini sostiene d'aver confutato, allo stesso modo, 1' attribuzione d'epoca di quadri che gli sono stati presen¬ tati per una perizia come opere di Raffaello, Guardi, Leonardo, Canaletto, Bassano, Tintoretto ecc. E insiste nel parlare d'epoca, non di analisi storico-estetiche, perché dice di voler rimanere al di fuori delle considerazioni che spettano ai critici ci' arte: .Mi piacerebbe far capire che oggi le analisi scientifiche nel campo del ricchissimo mercato antiquario, almeno nei riguardi di opere pittoriche, hanno lo scopo di deter- minare innanzi tutto l'epoca del dipinto. Secondo me, soltanto dopo aver dimostrato con dati ripetibili e confrontabili l'epoca, si può cominciare a parlar tranquillamente di attribuzione.. Nell'ambito della .Mostra Bella., rassegna antiquaria che Bologna ha aperto con gran successo a Palazzo Re Enzo, uno spazio propedeutico è stato riservato anche al laboratorio scientifico fiorentino, e lo stesso Seracini ha collaborato con la commissione di esperti che hanno selezionato e ammesso le opere degli espositori. Niente di fasullo, dunque, tra queste storiche pareti? Mario Bellini, assai noto antiquario fiorentino, sostiene che una delle migliori difese contro i falsi consiste nello scansare il reggimento di mercanti improvvisati, nell'evltare di dar fiducia a chi si vanta di capire tutto: la genuinità d'una scultura d'età imperiale e la purezza di un dipinto del Set¬ tecento. .L'antiquario degno di questo nome ama e conosce a fondo il suo mestiere, lo fa con passione, sinnamora degli oggetti che tratta, non li acquisisce solo perché, poniamo, vanno di moda in un certo periodo. E annusa il falso lontano un miglio, cosi come il cultore della buona musica avverte immediatamente una dissonanza in un'esecuzione d'orchestra.. Nello stand di Bellini alla •Mostra Bella, ci sono un paio di esempi, diclamo cosi, d'onesta di comportamento: un enorme quadro di soggetto pastorale porta ancora l* etichetta d'ottone che lo attribuisce a Jacopo Bassano, ma accanto alla cornice una scritta avverte che si tratta in realta di Leandro Bassano. Sfumature? Ma no. Un Jacopo Bassano di quelle dimensioni sul mercato internazionale potrebbe avere una quotazione attorno al miliardo di lire; l'assai più modesto Leandro varrà un centinaio di milioni. .Eppure questo quadro proviene con l'attribuzione a Jacopo dagli Stati Uniti — dice Mario Bellini — attribuzione confermata durante un successivo passaggio in una collezione inglese. Ma con quale animo avrei potuto avallare quell'errata expertise?». Analogamente, nello stesso stand compare una veduta di piazza San Marco con targhetta d'ottone che da la paternità del quadro (anch'esso proveniente da una collezione Inglese) a Giovanni Antonio Canal, mentre una dicitura alla parete spiega che 1' opera è molto più probabilmente uscita dalla «bottega del Canaletto., ossia non è di mano del vedutista veneziano. Insomma, andando a caccia di falsi In cornice, c'è anche questa possibilità: di trovarsi di fronte a false attribuzioni poi lealmente rettificate, oltre che dinanzi a inconfessale adulterazioni. In quest'ultimo caso, racconta Paolo Zancopè, antiquario veneziano venuto a Bologna non come espositore, ma quasi in veste di detective, vanno ricordate certe operazioni abbastanza frequenti nel sottobosco del mercato d' arte: 1 cosiddetti .cambi di firma.. Consistono nel reperire dipinti d'una certa scuola, abbastanza dignitosi per esecuzione ma i cui autori non hanno mai raggiunto fama nazionale, cancellando i la firma autentica per sosti tuirla con nomi a vario titolo entrati nella storia dell'arte. • Un giochetto abbastanza diffuso con pittori dell'Ottocento come Milesi, Nono, Favretto, e vari macchiatoli. Io sono sulle tracce di alcuni quadri di mio nonno, Francesco Pagglaro, morto nel 1922 dopo una vita dedicata alla pittura. Ha avuto una grande produzione e una discreta fama. Però di quadri a sua firma sono riuscito a trovarne pochissimi in giro. Ho il sospetto, anzi più che un sospetto, che molte sue opere siano state adoperate per far quattrini, con un cambio di firma. Come quel dipinto che sono riuscito a rintracciare per un colpo di fortuna — vi era ritratta mia madre in braccio a mia nonna! — appeso in un salotto patrizio. Ho preteso die, come minimo, fosse cancellata la firma altisonante ma fasulla, ripristinando quella originale... Franco •Giliberto'

Luoghi citati: Bassano, Bologna, Firenze, Italia, Stati Uniti