Tra romanesco e gergo tecnologico

Tra romanesco e gergo tecnologico LA LINGUA CHE PARLIAMO - QUATTRO STUDIOSI FANNO IL PUNTO Tra romanesco e gergo tecnologico E' nota la pagina di Carducci in cui è detto che gli italiani da secoli non hanno cessato di guardarsi la lingua. Con ricorrente passione, con quell'interesse a volte un po' cercato e voluto che i nostri connazionali sanno alimentare anche quando non ci sarebbe molto da dire, la questione della lingua ha alimentato dispute e polemiche almeno dai tempi di Dante Alighieri, al quale si deve riconoscere, oltre a sovrane virtù poetiche, una capacità ed un intuito di teorico della lingua che solo pochi, dopo di lui. hanno avuto. L'ultimo in ordine di tempo a dare un quadro della situazione è Alfredo Todisco che, in un volume intitolato Ma die lingua parliamo, edito da Longanesi, riporta interviste avute con Tullio De Mauro, Maria Corti, Gianfranco Coieria e Giovanni Nencioni e cioè con quattro distinti studiosi che di lìngua italiana si sono occupati e si occupano, con molto impegno e, forse è inutile dirlo, con competenza. Competenza non significa, ovviamente, identità di vedute e basterebbe a provarlo il diverso atteggiamento di Maria Corti e di Giovanni Nencioni nei confronti di un personaggio che qualche anno fa propose una sua interpretazione dell'Italiano che suscitò molte polemiche, Pier Paolo Pasolini. Maria Corti, che aveva inizialmente contesta¬ to Pasolini quando disse che l'italiano tecnologico del triangolo industriale del Nord sarebbe stato l'italiano dell'avvenire, ora ritiene che l'italiano orale interregionale si è maggiormente diffuso nel Nord nelle aree tecnologicamente più sviluppate, mentre Roma è rimasta linguisticamente all'italiano del Lazio a cui contribuirebbe il diffuso romanesco della televisione, stracittadina e non italia- Giovanni Nencioni è, invece, del parere che la costruzione pasoliniana era un po' fantastica, che il linguaggio parlato di Milano, Torino e Genova non abbia molto in comune e che le espressioni regionali siano mollo differenti fra loro. D'accordo sono invece, i due egregi linguisti, nel fatto che la lingua italiana ha subito un processo di riduzione che e un prezzo da pagare all'unificazione. La riduzione riguarda la lingua parlata c di lingua parlata si trattava anche parlando del triangolo industriale o dell' uso del romanesco e dell'importanza che si può dare ai due fenomeni. Nell'esame della lingua che parliamo non può mancare un riferimento — anzi, più che Un riferimento — a due strati linguistici che colpiscono, l'elemento straniero e quello dialettale. L'intervista a Tullio De Mauro parte appunto dall'uso in italiano di espressioni straniere come weekend, standard, trend, record, transistor, tilt, trip, ecc. Il confronto con la pressione del francese alla fine del secolo scorso appare d'obbligo. De Mauro non si dichiara molto allarmato del fenomeno che ha dimensioni mondiali e ricorre a celebri esempi storici per confermarsi nella sua opinione ed afferma, e siamo d'accordo con lui, le sue preoccupazioni per la diffusione dell'Incultura dovuta al livelli bassi della scolarità ed anche, vorremmo aggiungere, alla scarsa preparazione di molti maestri e professori della scuola dell' obbligo. Se è vero, secondo dati del 1980, che 11 50 per cento del ragazzi della scuola media era in condizioni di analfabetismo, le responsabilità del pubblici poteri, della scuola, del teorici dell'educazione è molto grave. De Mauro dice: •Siamo riusciti a ottenere che la scuola non bocciasse più formalmente. Non siamo però riusciti a ottenere che la scuola promuova non sulla carta ma sulla base dei fatti reali». Era proprio questo il timore di chi sosteneva che 1' abolizione della bocciatura non costituisse un dogma. Con Gianfranco Folena, il problema della difesa dell'ita' liano è quello centrale. La trasandatezza, l'incuria nell' insegnare alle quali non si ri media facendo, come in Francia, delle crociate contro 1 forestierismi da parte dello Stato, ma abbattendo certi pregiudizi come quello che ! italiano non sia adatto ad esprimere concetti scientifici (come se Galileo non fosse mal esistito), la lotta a quel semlanalfabetlsmo che fa credere a molti che sindacato voglia dire «riunione di sin dacl», le interminabili discus sionl sulla grammaticalità di una frase tenacemente per seguita da molti linguisti come se la linguistica solo di questo dovesse occuparsi, 11 vezzo di riferirsi continuamente al dialetti, sono questioni passate in rassegna con grande acutezza e con la proposta dell'unico rimedio possibile, la diffusione della cultura e dell'educazione. Su altri argomenti trattati sia nelle interviste che nelle altre pagine del libro forse con' verrà tornare a parlare in seguito. Tristano Boleti.

Luoghi citati: Francia, Genova, Lazio, Milano, Roma, Torino