Boulez, artista in prima linea di Massimo Mila

Boulez, artista in prima linea Il musicista a Torino per 1 «omaggio» che gli ha dedicato Settembre Musica Boulez, artista in prima linea Un grande, vero realista che sa vivere tutte le lacerazioni del nostro tempo con freschezza e coraggio Ci sono del soldati che stanno sempre in prima linea, soldati che non sono mai stanchi, non hanno mai paura, né cedimenti, soldati che non chiedono licenze, che marciano sempre avanti, non soffrono di nostalgie, non sognano il congedo. Cosi è Boulez. Dai tempi in cui, con altri studenti di Conservatorio, andava a fischiare i lavori americani di Strawinsky nei concerti di Désormières (e poi andavano dall' amatissimo direttore a chiedergli scusa e a spiegare le ragioni del loro gesto) ad oggi, ch'è una potenza nel mondo musicale, e Strawinsky lo dirige e lo Incide lui stesso (ma lo Strawinsky che conta, quello che ha mandato avanti la musica, senza riposare sugli allori), la vita artistica di Boulez è stata tutta una continua battaglia, senza soste e senza Incertezze, per lo sviluppo inesorabile della musica lungo una via che le è segnata dalle circostanze storiche e dal mondo In cui, volenti o nolenti, ci è toccato vivere. Di questo mondo l'arte di Boulez misura tutta l'asprezza e l'ha sempre fronteggiata a viso aperto, senza Infingimenti. La politica dello struzzo non l'ha mai praticata. C'è qualche cosa di machiavellico nella franchezza con cui guarda in faccia le cose del nostro tempo e ci fa i conti. Niente da stupire che l'arte sua non sia gradevole, non sia graziosa. Machiavelli non è grazioso. Per questa franchezza, per questo coraggio di vivere fino in fondo le lacerazioni del nostro tempo, senza andare in cerca di balsami menzogneri, Boulez è da ascrivere tra i grandi realisti, tra i realisti veri, non quelli che copiano la realtà ma quelli che la coltivano, la fanno fruttificare. E questo nonostante che nella sua musica l'energia più brutale si accompagni alla più preziosa delicatezza. Ricordo la prima volta che lo conobbi, trentadue anni fa, in un convegno interdisciplinare all'Abbazia di Royaumont, e lui mi fece l'onore di suonare, per me solo, scono¬ sciuto, due tempi della Seconda Sonata per pianoforte, non ancora stampata né eseguita. Due tempi soli perché — mi disse —11 terzo è troppo difficile e io non sono un pianista. Pareva un giovane gatto selvatico, con tutte le unghie fuori. Il cataclisma di suoni che scatenava dal modesto pianoforte, uella penombra di quel luogo votato al raccoglimento, era inaudito, nel senso preciso del termine: ti atterrava e ti metteva la testa in fiamme. Sembrava che picchiasse la tastiera, che ci facesse a pugni furiosamente. Eppure sotto quel finimondo c'era — e si sentiva — un suo shakespeariano metodo: un sistema. Questa la parola magica, la chiave del suo operare. Un sistema annidato nello spaventoso ordine-disordine delle migliaia di note proliferate sul foglio. Poi, fattosi direttore d'orchestra per la necessità di procurare a sé e al suol colleghi e maestri (soprattutto i tre Viennesi) esecuzioni decorose e comprensjbili, ha proceduto trionfalmente nella carriera ed ha esteso in maniera inopinata il suo repertorio (ha diretto la Tetralogia a Bayreuth, e lo non dispero mal che un giorno o 1' altro si convertirà e dirigerà 11 più straordinario Don Carlo che si sia mai sentito), ma 11 cattolicesimo (cioè la comprensione universale) dell'interprete ha soltanto allargato il raggio della sua esperienza musicale; non ha scalfito né indebolito per niente quella che è la sua (acuite mattresse: l'intransigenza del gusto. Detto questo, si badi bene: con tutto il suo culto della struttura, non è un arido, non è un meccanico né un ragioniere delia musica. «Ciò che tutti abbiamo di mira-, ha scritto, «è la comunicazione-. Ma — ha aggiunto — non la comunicazione a qualunque costo, non «scrivere la musica in funzione del pubblico che si vuole convincere-. Tra questi due poli è situata l'arte di Pierre Boulez. Massimo Mila Pierre Boulez ieri al Regio ha diretto la BBC Symphony Orchestra

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