Bitov accusa lo spionaggio inglese «Mi hanno rapito ma li ho giocati » di Fabio Galvano

Bitov accusa lo spionaggio inglese «Mi hanno rapito ma li ho giocati » Il giornalista sovietico era scomparso un anno fa dal Lido di Venezia Bitov accusa lo spionaggio inglese «Mi hanno rapito ma li ho giocati » Nella conferenza stampa dopo il misterioso rientro nell'Urss si rimangia gli articoli scritti contro il Cremlino - «Ero drogato, però non sono riusciti a comprarmi con le torture e le minacce» - «Ricordo un medico italiano, Giuseppe» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA Rapilo.., .drogato», «torturato.., sballottalo fra Italia e Inghilterra, vittima dell'., incredibile cinismo.. dei servizi segreti dell'Occidente; «vero uomo sovietico... dichiara, e non «traditore... A un anno dalla sua clamorosa defezione — avvenuta a Venezia ma consumata in Gian Bretagna — è ricomparso a Mosca il giornalista sovietico Oleg Bitov, 52 anni, ex responsabile culturale della Litcraturnaja Gascta. Eccolo sul palcoscenico del centro, starnila, pallido e fragile, con un debole sorriso sulle labbra, la voce a scatti; Eccolo rivelare a tutto il mondo, con il plauso del Cremlino, .la sola storia onesta e vera., della sua avventura. Un anno fa aveva denunciato il giro di vite ideologico nell'Urss di Andropov e la vicenda del Jumbo della quale non voleva «essere complice... Ora si rimangia lutto con apparente disinvoltura: ogni dichiarazione antisovietica, gli articoli nei quali spiegava con delicata analisi psicologica le forze che l'avevano tormentato e poi spinto verso quella decisione. Non erano parole sue, dice, Attraverso quali drammi personali e quali intricate vicende si sia giunti a questa ricomparsa inoscovita, forse non si saprà mai. Ciò che Bitov non è riuscito a spiegare nei 45 minuti della conferenza stampa, un sipario aperto su quello che sarà da oggi lo stillicidio settimanale di «rivelazioni., sulla Lileraturnaja Gazela, è perché abbia atteso un anno prima di tornale a Mosca («tre settimane fa.., ha precisato; e infatti da metà agosto se ne erano perse le tracce a Londra). Era «sorvegliato» dai suoi •.guardiani.., ha cercalo di spiegare; «Dovevo convincermi di non essere seguito. E mi servivano i denari per il biglietto aereo». Perché non si 6 rivolto all'ambasciata sovietica. - che non aspettava altro? «Non lo sapevo... E aggiunge, come per stornare sospetti dai diplomatici di Mosca, di avere «comperalo il biglietto da solo e lasciato l'Inghilterra da solo»; ma rifiuta di fornire particolari sulle modalità del suo rientro. E le 40 mila sterline rimaste sul suo conto in banca? «Me le avevano date i servisi segreti, e. il conto era controllato... A Venezia per il festival cinematografico (..Un anno di festival., è il titolo del suo resoconto, scritto a Londra «come testamento, sema sperama di sopravvivere.). Bitov dice di essere stato rapito la sera dell'O settembre 1983. «Lasciamo perdere le. perquisizioni nella mia camera, i pedinamenti dei quali ero vitti¬ ma in Italia. Non c'è nulla di nuovo nell'abitudine di creare condizioni insopportabili per i sovietici all'estero». A villa Ada, la pensione al Lido dove alloggiava e che ora con un gioco fonetico (da Ada in Ade) egli ribattezza ..Villa dell'inferno», quella sera la luce era spenta. «Non ci badai e andai avanti al buio, ma soltanto per ricevere un terribile colpo sulla nuca». «Per il resto dei mici giorni in Italia rimasi semicosciente». Ma ricorda «il medico italiano, Giuseppe», il pilota del motoscafo, gli autobus italiani, le auto che lo portarono prima in una villa di montagna e poi in un appartamento. Ricorda di avere provato «una totale apatia per ciò che accadeva, uno stato di semicoscienza, uri senso di quieto oblio». «Ed è — aggiunge — tutto ciò che rammento: gli psicofarmaci avevano un buon effetto». Infine la partenza da Pisa per Londra, su un aereo dell'Alitato «con un passaporto inglese falso a nome di David Locke». «I miei guardiani — dice — si diedero da fare per costruire l'immagine del traditore». Cita una data; «16 settembre (...), ero ancora allo Old Fallbridge Hotel di Etist Grinslead, a Sud di Londra. Il trattamento con le droghe continuava». Due o tre volte la settimana, afferma Bitov, lo portavano a una caserma militare presso Brighton, per interrogarlo. E quando «quegli Slierlock Holmes si resero conto die nulla avevo a che fare con i servisi segreti (...) altri agenti si presentarono come politologi, produttori, agenti letterari». Gli fu offerto in quel periodo «un lavoro ben remunerato nella truppa infangatrice degli antisovietici». Ma tutto ciò che ha detto, a cominciare dalla sua prima dichiarazione? «E' un falso, prodotto interamente dagli specialisti dei servisi segreti britannici». Colpevoli, ha detto, di avere «costruito» persino un nastro con la sua voce. Ricatti. Arovocazioni, ma anche tentativi di corruzione e «inumane pratiche mediche», per non parlare di «violenza anclie fisica»; ecco le colpe dei suoi «carcerieri». Ed ecco i loro nomi: il colonnello George Hartland. James Wcstoll («mio attento protettore o. per essere esatti, guardiano»), gli agenti Michael Wilmont e Peter Haylor, l'impiegata Rose Prlnce, il capitano James MacNott, Peter Joy «re,s])onsabile di quella die chiamavano la mia attività letteraria». Ecco i numeri di telefono, ecco gli indirizzi. Se firmò il documento di denuncia all'Urss, dice ora, è perché non aveva scelta. Poteva «resistere e disobbedire». cioè affrontare «una morte immediata». Poteva scegliere «la via del tradimento», ma a quella «si ribellava la natura di uomo sovietico». Bitov sostiene invece di avere cercato di far credere ai suoi «carcerieri» di essere disposto a collaborare, «facendo però sapere ai miei familiari che non era quella la mia vera intensione». Fece insomma, o cosi ora dichiara, un «doppio aioco», visitando anche gli Stati Uniti, viaggiando a lungo nelle isole britanniche con quelli che definisce «i soli ornici veri», cioè il registratore portatile e l'auto, una Toyota: «Non potevano fare di me un generale e hanno scoperto che non era facile comperarmi, (...) e mettere un sovietico in ginocchio». Fabio Galvano Mosca. Il giornalista sovietico Oleg Bitov fotografalo ieri durante la conferenza stampa. Ila dello di essere sialo.«rapito, drogalo c torturalo» dai servizi segreti inglesi (Tclcfolo Tass)