Umanista presta-tesori

Umanista presta-tesori IN MOSTRA A REGGIO EMILIA I CAPOLAVORI DI PITTURA ANTICA DELLA FONDAZIONE MAGNANI-ROCCA Umanista presta-tesori Luigi Magnani dice: «Sono molto turbato, sarà una separazione dolorosa» - Il grande collezionista vive questa esperienza con apprensione: è abituato da una vita a contemplare i dipinti in solitudine nella sua casa - Come una famiglia agiata lo indirizzò all'alta cultura - L'amicizia con Morandi e Berenson, gli appassionati libri su Beethoven - «Ora -basta, sono stanco, soffro» DAL NOSTRO INVIATO REGGIO EMILIA — Luigi Magnani si aggira con aria smarrita nelle sale del palazzo che porta il nome della sua famìglia. Con un sospiro si ferma davanti a ognuno dei capolavori della pittura antica. Sono suoi, questi quarantacinque capolavori: riuniti nella straordinaria mostra che resterà un mese a Reggio, e poi migrerà a Milano nelle sale di Brera. Alle prese con vari malanni fisici, ma soprattutto con un'accorata apprensione, Magnani regge con difficoltà il trambusto inaugurale attorno ai quadri che gli sono cari: e che è abituato da una vita a contemplare In beata solitudine nella sua elegante villa di Mamiano, la casa, come ama ripetere, su cui «si sono posati gli angeli». Angeli dell'arte, come uccelli di passo capitati nell'antica dimora. Non li ha attratti il parco rigoglioso di cedri, tigli, sequoie, ma tt magnetismo di una sofferta tensione estetica, che da sempre anima quella casa. Lui non vuole che lo si dica, ma vive questa esperienza, la sua raccolta, parte della raccolta, offerta in visione al pubblico indifferenziato delle mostre, come una specie di profanazione. «Sono molto turbato, sarà una separazione dolorosa». Così mi diceva, qualche giorno fa, in una sala della casa di Mamiano, davanti al quadro che forse ama di più, questa Madonna col bambino di Filippo Llppi di cui m'indicava con paziente, erudita precisione i segni di un influsso potente, l'Influsso del Beato Angelico. Adesso il Lippl eccolo qui, nell'ambiente nuovo e estraneo: amputato, si direbbe, da quel multiforme organismo che Magnani costituisce con i suoi quadri. Ora lui lo guarda con espressione indecifrabile. Cosi come la Sacro conversazione di Tiziano («Un Tiziano giovane, pieno di futuro», ini diceva con intatta meraviglia, a confutazione della tesi che vorrebbe la sua una collezione di punti d'arrivo, di opere mature, di ricapitolazioni d'epoche e di scuole), la Madonna del Patrocinio di Durer, insegna della mostra, o il bel ritratto neoclassico di Maria Luigia duchessa di Parma, opera dell'inglese George Dawe. Ritratto che richiama opportunamente qui a Reggio, nelle terre dell'antico ducato di Modena, la contiguità territoriale e culturale dell'altro ducato: perché proprio di là, appena oltre l'antico confine, c'è la villa-scrigno di Mamiano. La villa in cui il professore (è stato per qualche tempo docente di storia dell'arte all'università di Roma) ha vissuto la sua vita intensa di raffinato umanista. «Ho avuto una fortuna, mi sono scelto degli ottimi genitori», dice. Una famiglia agiata, padrona di fertili terre fra Reggio e Parma: pascoli, mandrie e celebrati formaggi. Ma anche una famìglia colta. Il padre musicofilo, che lo porta bambino alla Scala. La madre con interessi profondi di lettera-, tura e pittura, che introduce il piccolo Gino nel mondo In—| cantato dell'arte. Il triplice Interesse, letterario figurativo e musicale, che si forma e finirà col segnarlo per sempre. Le emozioni incancellabili, che ora Magnani ricorda con qualche gelosa reticenza. L'incontro con Furtwàngler a Salisburgo. Il viaggio per i grandi musei d'Europa, a sedici anni, accompagnato da una guida come Adolfo Venturi. La scoperta di una sensibilità profonda all'espressione artistica, di una ricezione intellettuale verso la pittura che spazia «dalle visioni celesti del Beato Angelico alle visioni infernali di Hieronymus Bosch». I primi studi specialistici ancora adolescente: sulla scultura del Cinquecento, sull'alto medio evo carolìngio ' e ottoniano. Il primo importante incarico scientifico: la redazione della raccolta di manoscritti della Biblioteca vaticana. E la collezione paterna di oggetti d'arte che si arricchisce via via, fino a porsi come una delle massime. Pino al Goya inquietante e misterioso che varca la soglia di Mamiano. »£' riuscito, scrive Carlo Bertelli sul "Giornale dell'Arte", a costituire «no raccolta non enorme, a parte i Morandi clic sono numerosi..., ma con dei capolavori assoluti...». Eppure nulla lo Infastidisce quanto l'etichetta di collezionista: •E' un fatto accessorio, secondario». Giorgio Morandi, uno dei frequentatori della villa di Mamiano, dove dà il benvenuto nell'atrio un grande cratere di malachite, dono di un imperatore a un imperatore, Alessandro a Napoleone. Morandi con Eugenio Montale, come Bernard Berenson. Al pittore bolognese, a un'amicizia di decenni, Magnani ha dedicalo un libro uscito da Einaudi un paio di anni fa: Il mio Morandi. Altra attività intensa, quella di Magnani scrittore. I libri su Beethoven: dal primo, II nipote di Beetlwven, storia dei rapporti complessi fra Ludwig e Karl, attraverso il celebre Beethoven nel suoi Quaderni di conversazione e il Beethoven lettore di Goetìic, fino all'ultimo, uscito poche settimane fa ancora da Einaudi: Beethoven lettore di Omero. Di questa sua ultima fatica Magnani mi ha parlato a lungo, qualche giorno fa a Mamiano. Porse perché la considera proprio l'ultima («Ora basta, sono stanco, soffro...»). forse perché nel musicista che si specchia in Ulisse ha più o meno consapevolmente adombrato se stesso che si specchia nel musicista. Cosi ricorda volentieri l'Odissea nella traduzione tedesca di Johann Heinrich Voss, che ha trovato a Berlino e appartiene a Beethoven: Ludwig vi aveva pesantemente sottolineato a matita una cinquantina di passi. I più belli, quelli che più hanno colpito 11 compositore? No, quelli che corrispondono esattameli.-: alla tormentata vicenda personale di Beethoven. Questo ha dimostrato Magnani, andando a verificare le lettere, 1 riscontri. Beethoven, Morandi: ma si è occupato anche di Heine, di Monteverdl, di Schonberg, di Thomas Mann. E chi altri poteva esplorare meglio di lui, nato e cresciuto fra 1 due ducati emiliani, la topografia stendhaliana della Certosa? E chi meglio di lui, così attento alle intersezioni dei generi culturali, poteva affrontare l'affascinante mistero proustiano della «piccola frase» di Vinteuil? Ma il professore ora si muove ansioso fra 1 pezzi della sua raccolta in libera uscita. E' visibilmente stanco, quasi affranto. Ha dovuto subire recenti attenzioni chirurgiche. E ora questa amputazione del diletti capolavori. Non vede l'ora, è evidente, di tornare alla sua villa, di rifugiarsi nelle sale gremite di ricordi, di sospirare davanti ai cavalietti rimasti vuoti. Alfredo Venturi l)iirer: «Madonna col Bambino»; in prima colonna, Domenico Ghirlandaio: «San Pietro Martire»; sotto il titolo, Rubens: «Ferdinando Gonzaga Infante di Mantova», tra i quarantacinque capolavori della Fondazione Magnani-Rocca da ieri in mostra a Reggio Emilia