Monterosso si ribattezza per far pace con Montale di Franco Giliberto

Monterosso si ribattezza per far pace con Montale Il Comune vuole incorporare il nome del poeta premio Nobel Monterosso si ribattezza per far pace con Montale DAL NOSTRO INVIATO MONTEROSSO — Non è corso buon sangue, per molti anni e per motivi che vedremo, tra Eugenio Montale e i monterossini, che pure dettero al poeta la cittadinanza onorarla. Forse anche per questa ragione 11 Consiglio comunale avrebbe in animo di cambiar nome al bel paesetto, chiamandolo non più Monterosso al Mare, ma Monterosso-Montale: a conclusione d'ogni polemica, un omaggio postumo al Premio Nobel che fin da bambino veniva a villeggiare qui, traendo emozioni e ispirazione dal profili delle Cinqu eterre e dalla grande casa di villeggiatura dei suoi genitori: -La casa delle mie estati lontane... i là nel paese dove il sole cuoce/e annuvolano l'aria le samare». Le zanzare oggi non ci sono più a Monterosso, comunque non formati nuvole. Se prosperassero ancora, protesterebbero fortemente i 1900 residenti abituali e gli oltre quindicimila villeggianti che ogni estate — specie d'agosto — intasano la località. 'Il fatto è che quando Montale veniva qui in vacanza — dice il sindaco Claudio Cavallo — al posto della strada asfaltata che per un primo tratto dal lungomare conduce alla sua villa, c'era un canale. Acqua e canne favorevoli a quegli antipatici insetti, come si può immaginare. Chissà come se ne difendeva Montale, oltre che scrivendo poesie». Cavallo è un socialista che regge il Comune di Monterosso da 14 anni, ora con una giunta formata da pei e psi (sono dodici i consiglieri della maggioranza; tre democristiani stanno all'opposizione). Gli chiediamo se quell'idea dell'omaggio al poeta sia condivisa da tutti. «Ho fatto dei sondaggi tra i capigruppo di partito — assicura — e in linea di massima sono tutti d' accordo. Non al prossimo Consiglio, ma fra un mesetto o due metteremo la proposta in discussione. Comunque si tratterà di una procedura lunga, laboriosa. Sfumerebbe tutto, per esempio, se un solo consigliere comunale dicesse di no all'iniziativa. La legge prevede che per cambiar nome a un Comune occorre V unanimità dei pareri. E poi la pratica dovrà passare all'esame della Prefettura e infine del Parlamento. Dunque, passerà qualche anno». Il genovese Eugenio Montale sarebbe contento dell' omaggio? A giudicar da una sua lettera del 1976, con la quale ringraziava il sindaco e il Consiglio comunale che gli avevano assegnato la cittadinanza onoraria di Monterosso, bisognerebbe creder di sì. In quell'occasione, assieme ai formali ringraziamenti, ricordava con piacere che i suoi antenati erano giunti nel paesetto •intorno al 1750, rimanendovi fino ai primi decenni del Novecento». Otto anni fa si era dunque stemperato il risentimento (se non l'odio) che il poeta aveva avuto per Monterosso, al punto da non tornarvi più in vacanza dagli Anni Cinquanta? In alcune sue prose, raggruppate nella 'Farfalla di Dtnard», le acri frecciate contro il paesetto e 1 suoi abitanti sono tante. Monterosso è ribattezzato Montecorvo; lo splendido luogo che pure ebbe qualche merito nell'ispirare 'Ossi di seppia» si tramuta in 'terra di reclusi, di vittime, di alcolizzati». Se oggi Eugenio Montale potesse sentir parlare di questa vicenda che ossequiando¬ lo lo coinvolge, come nel 'Quaderno di quattro anni» forse ripeterebbe: «/ poeti defunti dormono tranquilli i Sotto i loro epitaffi I E hanno solo un sussulto d'indignazione i Quando un inutile scriba ricorda il loro nome». Ma al di là di questa sua acidula, generale posizione, rimane il fatto, dice il sindaco Claudio Cavallo, che tutti i motivi di rabbia verso Monterosso maturarono in Montale per una banale lite familiare, che non riguardò assolutamente la collettività dei monterossini. »Il poeta aveva ereditato dai genitori un quindicesimo delle proprietà della famiglia in Monterosso. Avrebbe voluto barattare alcuni lotti in cambio della Casa delle due palme, la villa dove veniva in vacanza ogni estate fin da bambino. Avrebbe rinunciato alla grande pineta soprastante, alla seconda casa della proprietà (una spaziosa dependence>, alla vigna e all' orto verso il mare, che gli fecero scrivere lo stupendo Meriggiare pallido e assorto. Però non ci fu verso di accontentarlo, di metter d'accordo parenti anche lontani e loro figli, eredi legittimi. Montale dovette rinunciare alla villa, fu per lui un durissimo colpo. E dagli Anni Cinquanta non venne quasi più a Monterosso, se non per qualche saltuaria visita annuale, di mezza giornata o poco più. Si faceva accompagnare in cimitero dove sono sepolti i suoi cari, mangiava in qualche ristorantino, e poi se ne ripartiva per Firenze o per Milano». Rifiutava di mangiare, in queste sue sporadiche visite, nel buon ristorante costruito nel frattempo (assieme a un paio di condomini) nell'orto della poesia. E si lamentava poi: 'In quell'altro posto ho desinato malissimo», confidava al sindaco. Cavallo, a partire dal 1976, dopo l'iniziativa della cittadinanza onorarla, era stato preso a ben volere dal poeta. 'Andavo ogni anno a trovarlo a Milano, lo accompagnavo nelle sue brevi visite a Monterosso. Quando lo raggiungevo a Milano, gli portavo i limoni, le acciughe salate, 10 Sciacchetrà, vino nostro .inimitabile. E lui era molto contento. Posso dire che negli ultimi anni s'era riawicinato a Monterosso, aveva perso V acredine. Un giorno mi disse: "Non potevo pretendere che 11 tempo si fermasse per me". Insomma sembrava aver accettato che i tre piani della sua villa fossero stati ceduti a un milanese, a un bolognese e a uno spezzino. E forse, verso la fine della sua vita, scrivendo agli amici intimi e raccontando di Monterosso, avrebbe potuto ripetere, come faceva in gioventù: "Credo che non ci sia nulla di slmile al mondo"». Franco Giliberto

Persone citate: Cavallo, Claudio Cavallo, Eugenio Montale, Montale