La ballata dei sardisti di Ezio Mauro

La ballata del sardisti Come il vecchio, artigianale partito sardo d'Azione si è trasformato in potente macchina elettorale La ballata del sardisti Nel '79 avevano 33 mila voti, nell'83 erano 92 mila, alle regionali di quest'anno sono arrivati a 136 mila - Un curioso impasto di antico e nuovo - Si pensa di istituire una scuola quadri e intanto si appendono manifesti che dipingono tutti insieme gli «invasori-padroni» dell'isola, dal mercante fenicio e dal marinaio cartaginese al ministro italiano DAL NOSTRO INVIATO CAGLIARI — Più che una storia da scrivere questa sembra una ballata da ascoltare, come quando di sera arriva sulle piazze 11 coro che viene da Dorgall, dove vive ancora la foca monaca, nelle grotte del Bue marino. Parole e musica, naturalmente, di Carlo Sanna, per l'anagrafe pensionato, per la cronaca medico mancato, per la storia segretario del partito sardo d'Azione, dal 1979, per chi lo conosce bene come 1 suoi compagni d'avventura Carlo I del Sardisti. E' lui che si è trovato in mano quella strana creatura storlco-politico-artiglanale che è il Psd'Az, nel momento In cui da residuo nostalgico del tempi andati si è trasformato di colpo in macchina da guerra elettorale: ha raccolto più del 13 per cento del voti dell'isola, è balzato al ruolo di terza forza e adesso che vuole guidare la regione è diventato addirittura il pomo della discordia tra Craxi e De Mita, e rischia di far saltare il governo nazionale. Cose da far girare la testa, in un'ouerdose di sardismo, di insularità, di orgoglio «nazionale». Ma i suol assicurano che Sanna non è cambiato. Sempre senza cravatta, con i primi tre bottoni della camicia spalancati. Guardingo, pronto a scattare, con i capelli bianchi e un po' ingrassato, è diventato personaggio nazionale a 58 anni. E' cambiata la sua giornata. Altro che pensionato: è In ballo dalle nove del mattino a mezzanotte, prima nel suo ufficio con la bandiera dei quattro mori, poi all'incontro con i socialisti, quindi al telefono con 1 comunisti, pronto ogni volta che può a spuntare nella stanza del presidente sardista della Regione per seguirne le mosse, come fa dal bordo-ring un «secondo» con il suo campione. E poi ancora a cena con i suoi davanti a un piatto di fregola con arsene, dopocena di corsa a San Gavino dove si vota il 30 settembre, domani un salto vicino a Bauladu dove c'è una festa, tra una cosa e l'altra il tempo per distribuire strette di mano e spacciare distintivi e adesivi di propaganda: «deo so sardu», io sono sardo. Senza contare che ogni tanto bisogna anche, affacciarsi alla sede del partito per. controllare che tutto funzioni. E' sul lungoporto: a prima vista sembrano quattro stan- zoni grigi da oratorio degli Anni Cinquanta, tavolo, sedie, manifesti, fotografie della gara poetica campldanese, al plano di sopra la pensione «Vittoria», contro 11 muro perfino 11 ping pong. Eppure qui dentro, sotto gli occhi di Sanna, 11 sardismo è rinato, è cresciuto, si è gonfiato a di-, smisura: 33 mila voti alle regionali del '79, 45 mila alle provinciali dell'80, 92 mila alle politiche dell'83, 120 mila alle ultime europee, 136 mila (11 13,7 per cento) alle regionali di quest'anno. In una settimana, tra le ultime due votazioni, 11 Psd'Az ha guadagnato 20 mila voti, In un anno 45 mila. Al comprensorio Teulada è arrivato ad una media del 17,1, nel Monte Acuto l'incremento è dell'827 per cento, a Gusplnl ha moltipllcato 1 suol voti per otto in cinque anni, a Scano Montiferru, massima vetta sardista dell'isola, ha toccato quota 53,2 per cento. Gli ingredienti della predicazione sardista, da soli, non possono certo spiegare il boom. 113 punti del program¬ ma regionale, scritto come uria piattaforma rivendicativa più che come un manifesto politico, vanno dalla zona franca doganale alla sardlzzazlone del concorsi, all'allontanamento delle basi militari, all'abolizione delle prefetture. La cornice culturalldeologlca è quella di un partito dal toni duramente autonomisti e indipendentisti. La Sardegna è •nazione» e il Psd'Az mira a costituire una Repubblica •sarda, libera, democratica, socialista-, federata con la Repubblica italiana, come primo passo verso «una grande federazione europea e mediterranea del popoli e delle etnie». Tutto ciò nella convinzione che al 'pallone italiano- 1 sardi siano agganciati «soto come zavorra», che l'Italia usi la Sardegna solo «come un fucile o uno sgabello», che il governo italiano, addirittura, dimostri «soltanto disprezzo» per i sardi. Di qui 11 leit-motiv con cui 11 Psd'Az bombarda l'isola: se da Roma ti chiedono il voto, se ti fanno promesse, se vogliono convincer¬ ti, mSardigna ca nono tiara»,' Sardegna rispondi no. Il cocktail, questa volta, ha' funzionato. Nessuno può dire se Carlo Sanna (Insieme con Mells e Columbu, gli altri due leaders del partito) conosca davvero la ricetta, oppure se alla fine se la sia trovata in mano per caso. Sta di fatto che 11 sardismo, oggi, non è uguale ad uno del tanti partiUni locallsticl lanciati alla difesa di qualche piccola patria, non è più un reperto archeologico testardo, non è una semplice forza antipartito inventata per sollecitare il qualunquismo, l'anti-politica. Un po' di tutto questo probabilmente c'è nel successo del Psd'Az, combinato a piccole dosi, Insieme con l'esaltazione di ogni protesta anti-centrallsta. Ma il fatto è che vecchio e nuovo, demagogia e autonomia, in questo momento nel partito convivono, si sorreggono a vicenda. Un esemplo? Eccolo. SI pensa di costruire una «scuola quadri», per innestare la managerialità sul catechismo sardista e intanto si appendono ai muri di sezioni e federazioni i manifesti che dipingono tutti insieme «ls merls de sa 8ardlgna», gli ingordi invasori-padroni dell'isola, cominciando da un mercante fenicio, da un marinalo cartaginese, da un guerriero romano, per arrivare al fucili e alle spade del soldati spagnoli e piemontesi, al mitra americano, giù giù fino all'ultimo •padrone»: un «ministro Italiano», senza armi, ma sempre estraneo e nemico, chiuso nel suo vestito scuro, con la borsa a fianco. «La verità — dice il capogruppo socialista alla Regione, Giuliano Cossu —, è che il sardismo è una cosa semplice, fatto di integralismo più musica popolare». tStorie — ribatte Sanna —, noi siamo insieme l'anima dolorosa della Sardegna e il suo strumento di riscatto». Uno strumento che la crescita elettorale ha reso decisivo, ma nello stesso tempo Inadeguato. .Siamo strutturati come un partito da 30 mila voti — ammette Sanna —: ne abbiamo 136 mila». Cosi, ecco il progetto di creare una rete di sostegno attorno al vecchio Psd'Az, con le sue duecento sezioni che raccolgono 10 mila iscritti. Sanna pensa a un'Arci sardista, una lega di coopera¬ tive vicine al partito, un'associazione di artigiani, una sponsorizzazione con una se-* rie di circoli sportivi e culturali, soprattutto un sindacato sardo •associazione etnica' per l lavoratori di tutte le categorie», di cui è ormai pronto l'atto di nascita, insieme con l'invito a firmare la disdetta per gli altri sindacati, quelli «italiani». C'è una strada «istituzionale» per rompere la separatezza dall'Italia del partito sardo d'Azione? Se diventerà istituzione, conquistando la guida della Regione, 11 sardismo dovrà correggere davvero la sua natura? E' molto improbabile, perché Roma per 1 sardisti resta lontana oggi come ieri. Ogni pagina del folco, 11 giornale del partito, ammonisce il lettore: non far migrare i tuoi soldi, consuma frutta sarda, mangia sardo, «bibe late sardu». Anche se il sardismo andrà al potere, annuncia intanto Mario Mells, dalla bandiera del partito non scomparirà il lutto, •perché il giorno della felicità per la Sardegna non è ancora venuto». Quanto a Sanna e al suoi amici più stretti, alle dieci di sera sono chiusi In una stanza del palazzo deserto della Regione. Aspettano dalle agenzie il testo di una dichiarazione socialista o democristiana che sblocchi il problema sardo, e Intanto ripetono sottovoce la ballata popolare sui politici e i ministri •che attraversano il mare, vengono a chiedere e niente dare». Ezio Mauro