I drogati dello sciopero

I drogati dello sciopero LETTERE DALL'ITALIA I drogati dello sciopero E mettiamo anche lo sciopero nella lista degli stupefacenti che ci minano e minacciano: che almeno la ragione conservi il suo potere angelico di definire, classificare, diagnosticare, giudicare — e di non perdonare l'imperdonabile. Alla ragione, lo sciopero è ferocemente vietato. Quando lo fa è morta. Il luogo comune considera piaga sociale la tossicodipendenza: è tempo di considerare, sarebbe giustissimo, piaga sociale la sciopcrodipendenza. Mi viene il sospetto che 1' espressione ci venga dall'inglese del secolo XIX, e che di plague (peste, flagello epidemico) l'italiano abbia fatto piaga, che dà un senso attenuato. Lascio ai linguisti; ma vorrei usare al posto di piaga i termini molto più appropriati di peste, flagello, contagio, epidemia. • La tossicomania è una peste sociale. La sciopcromania è una peste sociale e un flagello nazionale. Da evitare il corollario scemo: «così non si può andare avanti», perché si va avanti, stupidamente, disonestamente, criminalmente, senza gangheri, ma il corpo sociale sopporta, tira ugualmente, disgregato più nella testa che nelle membra, cosa che permette la longevità caratteristica degli arteriosclerotici, dunque ce li possiamo tenere, droga pesante e scioperi, ci vuol altro per far crepare per strada una nazione così ben fornita di industrie e di autostrade. Con la peste si vive, si convive, sia pure non bene. Si arriva, a volte, anche' a degli accomodamenti. Unica tra le pesti, lo sciopero conosce la Trattativa, la Convocazione delle Parti, e perfino l'Autoregolazione. Quella dell'autoregolazione è una trovata medica, da medicina empiricissima, delle più estrose. Tuttavia, questo scendere a patti, questo accettare passivo, da parte dello Stato, un ricatto patologico permanente, il lasciarsi la legge, la legittimità, la legalità, il legislatore, la costituzione schernire, bassamente schernire, dalla deformità dell'autoregolazione (e sollecitarla e supplicarla, per impotenza di imporre il proprio freno, la propria necessaria misura) mi dà una ripugnanza viscerale. La peste si piglia per contagio: resta sempre oscuro chi sia stato il primo. Diversamente dalle pandemie classiche, la peste-droga e la pestesciopero ripropongono come finalmente autentica, non più mostruosa creazione assassina dell'inconscio, la figura dell' Untore. Non prescriverei come rimedio il linciaggio: qualche buona, nuova legge per fermare gli untori sarebbe però opportuna... Forse si conta su una prossima autoregolazione anche degli untori di droga pesante! Gli untori di scioperi godono addirittura di favori costituzionali: possono quasi tutto (visto che nessuno può tutto, anche- nella permissività più estesa). Spacciano sciopero in pieno giorno, davanti a tutti, rispettati, ossequiati, invitati a parlare ai microfoni e dagli schermi. Parlano per frasi meccaniche, per ripetizioni, assurdi, opachi: «Abbiamo fatto presenti le nostre rivendicazioni... il governo le ha disattese...». Diffidatene: sono untori. Almeno ci resti questo sublime piacere mentale, il pensiero: internamente ti smaschero, ti ho identificato. ** Ci si domanda perché non funzionino, di fronte all'abbrutimento da droga, i freni morali. Allo stesso modo possiamo interrogarci: perché non funzionano, di fronte allo sciopero, i freni morali? E' possibile che qualcuno ritenga ancora morale, così pietosamente ridotto a strumento di poteri sindacali, lo sciopero? E quello realmente, incontestabilmente ingiusto, quello dei servizi pubblici, tutti? Scioperare nei servizi pubblici è peccato: non per la Chiesa, che su queste cose non apre più bocca, ma in faccia al pudore, all'onore, alla morale etana. E per una insoddisfazione di paga precipi tarsi a fermare, con bivacchi e catene umane, un nodo ferroviario? Strafottersene così delle realtà umane che stanno viaggiando su quelle vetture che saranno bloccate? E non esserne puniti dalla propria coscienza, visto che il magi strato è costretto a lasciar perdere? Eccola lì, la tossicodipendenza qualificabile come sciopcrodipendenza. Lo scioperodipendente non è un cittadino libero, non lo è più: visto che la legge si rifiuta di considerarlo un colpevole, e la religione un peccatore, consideriamo lo scioperante cronico, abituale, di un servizio pubblico (ospedali, ferrovie, traghetti, aeroporti, poste, scuole, ministeri, alberghi, musei, sgombero di spazzatura, autobus, metropolitane, dogane ecc.) come un malato mentale, un intossicato, uno che si è lasciato ungere mortalmente, stupidamente, perdendoci un valore supcriore a un milione di buste-paga, a diecimila contratti, a cento riduzioni di orario, la volontà propria, la facoltà propria di decidere, e la compassione degli altri, valore dei valori dei valori dei valori, unica cosa che disirrigidisca un poco la spaventosa garrotta sociale che il coabitare in troppi, e tutti con mostruose pretese di essere primi (non però unici: questa sarebbe saggezza!) e tutti dentro macchina, con macchine, vicini a macchine, macchinofili e macchinolatri e macchinifìcabili, i tempi e la sregolatezza macabra della storia ci hanno appioppato intorno alla gola. .★★ La compassione... Ma, per provarla, quello là che patisce del tuo maledetto scioperare non deve essere visto come /' utente, o peggio, più schifosamente astratto ancora, l'utenza. Io non sono un utente delle ferrovie, sono un uomo, sia pure con una valigia! E dentro la valigia ho della roba che non c'è in ncssun'altra valigia viaggiante sullo stesso treno, eccetto, forse, corrispondenze possibili nella misura del calzino e della mutanda! E l'utenza non vomita sul ferma-questo, ferma-qucll'altro servizio che concerne tutti, iò sì, perché m'indigna, perché sono ancora ,capace, di.. reagire, un modo ' 'importante ; di essere vivi, di non anticipare il proprio cadavere. Se non ti facessi velare gli occhi dagli untori, vedresti in quell'anonima utenza degli esseri umani come te, e di cui devi compatire la fragilità di gambe: non ce la fanno ad arrivare a piedi, in un paio d' ore, da Bologna ad Arezzo, da Napoli a Foggia, e per quanto agitino le loro braccia rachitiche (non siamo bronzi di Riace) non riusciranno a volare da Fiumicino ad Atene, né a nuotare da Olbia a Civitavecchia. Raro, mi pare, fortunatamente, che le due forme di dipendenza si trovino associate: i drogati di sciopero non assorbono altre droghe, quella gli basta; e a differenza dalle altre droghe, la droga-sciopero non costa niente: se la dose media (mezza giornata di sciopero) costasse quanto una siringa di eroina, si troverebbe abbastanza facilmente il modo di rinunciarvi. Le disintossicazioni, che avvengono per mezzo di trattativa, autoregolazioni, precettazioni, cadute di governi, calamità nazionali sospensive, cedimenti di controparte, sono anche qui di corta durata: gli spacciatori non dormono mai e dopo pochi giorni dal giubilante Accordo Raggiunto, ecco i disgraziati scioperodipcndenti tornare al loro vizio fermando qualunque cosa si muova al servizio della gente o costituisca braccio, gamba, coda dello Stato. Perché se un grande Untore smette per un po' di ungere, subito saltano fuori dall'ombra altri dieci piccoli untori che si danno a ungere alla disperata, perché il flagello si riaccenda qua e là. C'è la disintossicazione, la ricaduta, la ricarica, e anche 1' overdose. L'ultimo sciopero degli spazzini a Napoli era una overdose: una città che vive in una specie di collasso permanente è stata costretta a subire anche questa tortura di imbrattamento, lapidata di sporcizia isterica c fumante, il suo sindaco a invocare furgoni e inceneritori da altri luoghi. I compartimenti ferroviari bloccati per mezza giornata, all' improvviso, da bande di scioperodipcndenti sono sintomi sinistri di overdose: uno Stato rispettabile dovrebbe avere gli strumenti legali per difendersi da questi sfregi. Un Parlamento che in pochi giorni, con una schiacciante maggioranza, votasse una legge regolatrice che vietasse tutti gli scioperi nei servizi pubblici (perché ormai l'overdose è, vicina), istituendo un tribunale arbitrale per le vertenze,, sarebbe un vero Parlamà^É.^JWfe^ comé-^aiccva Giustino''Fortunato, «non-altro che'una Càmera di registrazione». Non c'è da illudersi: in buona parte, essendo tutti partitodipendenti, dunque più o meno intossicati anche loro e non cittadini liberi, i parlamentari sono complici del traffico di sciopero. Molti untori siedono là e guai a parlare di disintossicazioni realmente efficaci e durature. Consentono a qualche tregua, per preparare meglio la ricaduta. Indignarsi è un modo di non rassegnarsi, di salvarsi e di salvare qualcosa. Grave (non finirò mai di lamentare e deplorare questo), gravissimo è che d'indignazione questa ormai pestilenza, peste morale prima che sociale, ne susciti ben poca. Si patisce lo sciopero, lo si lascia patire, nel più indecente silenzio. L'eroina, almeno, tutti la vedono come un sinistro spettro e una bruttura morale: ma uno sciopero ripetuto e maniacale nei trasporti, o di medici, o di spazzini, non riceve sanzioni verbali, mancano voci di rimprovero, voci persccutrici, pulite e crudeli. Un male che non è diagnosticato come tale è pericoloso due yòlte. In tanta passività s' intravede una specie di complicità sterminata, e uno dei tanti offuscamenti della ragione, una ncbbiolina, un'eclisse già pretotalitaria, o già totalitorta, propria di una democrazia alla deriva. Guido Ceronettl

Persone citate: Grave, Raro

Luoghi citati: Arezzo, Atene, Bologna, Civitavecchia, Foggia, Napoli, Olbia, Riace