Quel «maledetto affare» di Yalta

Quel «maledetto affare» di Yalta Discorso di Reagan sulle zone di influenza riporta alla ribalta la storica Conferenza Quel «maledetto affare» di Yalta Dopo l'invasione della Cecoslovacchia, nel '68, Washington sostenne che i «tre Grandi» non si accordarono sulla spartizione del mondo - Hopkins aveva detto: «Noi credevamo che questa era l'alba di un nuovo giorno...» - H «pezzetto di carta» di Churchill a Stalin^ e la «canagliata» di Roosevelt La Conferenza di Yalta è tornata alla ribalta delle cronache. Non è la prima volta, né sarà l'ultima, dal momento che essa condiziona, in uh certo senso, l'equilibrio internazionale. Il presidente Reagan, negando che a Yalta sia mai avvenuta la spartizione del mondo in «zone d'influenza», non ha fatto altro che ripetere la dichiarazione diramata dal Dipartimento di Stato nell'agosto del 1968, in occasione dell'intervento sovietico in Cecoslovacchia, in cui si legge: «Il governo degli Siali Uniti non ha mai concluso con chicchessia e in nessuna parte del mondo accordi o inlese concernenti sfere d'influenza..,». In realtà, nei molti documenti sottoscrìtti a Yalta 1' 11 febbraio del 1945 dai tre Grandi, non si parla esplicitamente né di sfere d'influenza né di blocchi e tanto meno di spartizioni. Anzi, in due di essi, la «Dichiarazione sull' Europa liberata» e 1'«Unione per la pace e per la guerra», si può leggere: «... Questo è un principio della Carta Atlantica: il diritto di tutti i popoli a scegliere quella forma di governo sotto il quale essi vogliono vivere; restaurazione dei diritti sovrani e dell'autogoverno presso quei popoli che ne sono stati privati con la forza dagli oppressori». E ancora: vogliamo «... realizzare la più alta aspirazione dell'umanità: una pace sicura e duratura che, secondo le parole della Carta Atlantica, garantisca a tutti gli uomini di tutti i Paesi d{ vìvere liberi dal timore e dal bisogno...». Nessuna meraviglia che la conclusione della Conferenza sia stata accolta con favore da parte americana. L'eminenza grìgia del presidente Roosevelt, Harry Hopkins, commentò: «Noi credevamo nei nostri cuori che questa era l'alba di un nuovo giorno, per il quale avevamo pregato per tanti anni. Noi eravamo assolutamente certi che avevamo ottenuto la prima grande vittoria della pace...». Più pragmatico, il sottosegretario di Stato Stettinius scrisse: «Il consuntivo della Conferenza indica chiaramente che l'Unione Sovietica ha fatto a Yalta concessioni agli Stati Uniti ed alla Gran Bretagna più grandi di quelle da noi fatte ai Soviet». Solo Churchill, che volle essere il primo a sottoscrivere il documento finale «per ragioni di età e di alfabeto» (inglese), lo definì «un maledetto affare». Forse egli sapeva qualche cosa di più degli altri. Questo spiegherebbe perché nel 1947 il segretario di Stato del presidente Truman, James Byrncs, nel suo libro «Speaking Frankly», gli addossasse la responsabilità della «sovietizzazione» della Romania. Egli accennò anche ad un baratto che sarebbe intervenuto in proposito a Mosca, alla fine del 1944, tra il premier britannico c Stalin. Il che era vero, come riconobbe lo stesso Churchill nelle sue memorie. La visita a Mosca del primo ministro britannico, ch'era accompagnato dal ministro degli Esteri Eden, avvenne a metà ottobre del 1944 e costituisce un avvenimento dei più noti e drammatici della guerra. Churchill suggerì una delimitazione dei rispettivi interessi nei Balcani ed allungò a Sta-.. lin, attraverso il tavolo, un pezzo di carta in cui questi erano cosi fissati: per l'Urss 90 per cento in Romania e 75 per cento in Bulgaria; 90 per cento per la Gran Bretagna in Grecia, e 50 per cento per entrambi in Ungheria e Jugoslavia. Stalin fece, con la matita, un segno di approvazione sulla carta. «Seguì — ricorda Churchill — un lungo silenzio. Il pezzo di carta era rimasto al centro del tavolo. Dissi lentamente: Non pud essere considerato piuttosto cinico se apparirà che noi abbiamo preso decisióni così fatali a milioni di esseri umani, in un modo così occasionale? Bruciamo il pezzo di carta! No, conservatelo, rispose Stalin». .Secondo ...quantp ^eb&e^a scrivermi Gaetano Salvemini, qualche mese prima era avvenuta un'altra «canagliata», per usare la colorita espressione salveminiana, tra i due: quella del baratto tra l'Italia e la Polonia. Si tratta ovviamente di un'ipotesi tutta da verificare, anche se non vi sono dubbi sull'avvenuto inserimento del nostro Paese nella «sfera inglese». E per quanto riguarda la Polonia, a Yalta fu decisa l'annessione da parte dell'Urss delle sue regioni orientali sino alla «linea Curzon», con la promessa di future cessioni di territori germanici. Inoltre fu sciolto il governo polacco di Londra e vennero previste «libere elezioni con suffragio universale e voto segreto». L'incontro di Mosca era appena terminato che Stalin scrisse a Roosevelt di essere pronto ad una conferenza dei tre Grandi perché, sulla base delle chiarificazioni ottenute dagli inglesi, sarebbe stato facile raggiungere un accordo su tutto. Egli così riproponeva il vero problema: il consenso degli Stati Uniti. Che gli inglesi fossero stati presi dal panico per l'avanzata sovietica verso i Balcani, è comprensibile. Che Churchill, ultimo pilastro dell'impero inglese, fosse preoccupato dalla guerriglia dei comunisti greci contro le truppe inglesi, è spiegabile. Ma Roosevelt? Quali ragioni potevano indurlo a sottoscrivere il baratto? In realtà tra lui e Churchill ci fu in proposito.un profondo contrasto. Egli voleva imporre una concezione unitaria della sistemazione postbellica e della pace, basata su di una permanente intesa dei tre Grandi, da concludere dopo la fine delle ostilità. Churchill invece preferiva un' intesa subito con Stalin, anche per iljtaòre. ehe,questi si'( accordasse con Hitler. Quando le truppe sovietiche entrarono in Romania nell'aprile del 1944, la propose a Roosevelt, che rifiutò. Ritornò alla carica poco dopo, proponendo un «accordo militare» della durata di soli tre mesi, ma interessante, oltre alla Grecia e alla Romania, anche la Bulgaria e la Jugoslavia. Roosevelt alla fine accettò, ed ecco perché Stalin ebbe la sensazione che quest'ultimo avesse aderito alla spartizione dell' Europa in sfere d'influenza. «Una tale assunzione, — ha scritto il segretario di Stato Cordell Hull, che non era stato avvertito da Roosevelt — ebbe effetti sinistri alla Conferenza di Yalta». Sempre secondo Salvemini, questa fu la «canagliata» di Roosevelt, il quale «credeva che, alla fine della guerra, la Russia sarebbe stata cosi esaurita da non poter profittare delle facoltà che Churchill le concedeva». Inoltre, aggiungerci io, credeva alla sua forza di persuasione. Ma Roosevelt morì esattamente due mesi dopo Yalta. L'importanza di quest'ultima é fuori discussione. Oltre a quello della Polonia, vennero affrontati altri importanti temi: la Germania, la Francia, la Jugoslavia, l'Onu e il diritto di veto, l'Iran, gli Stretti, la partecipazione sovietica alla guerra contro il Giappone... Se sappiamo tutto o quasi sulle decisioni ivi prese, grazie anche alla pubblicazione nel 1965 dei documenti sovietici, non conosciamo ancora a sufficienza il lavorio diplomatico che ha preceduto e seguito la Conferenza. Eppure da molti anni ormai, a torto o a ragione, il nome di Yalta è diventato sinonimo di «combine», «baratto», «sfere d'influenzai)... j -Enrico Serra Un'immagine storica: Churchill, Roosevelt e Stalin alla Conferenza di Yalta nel febbraio 1945