Suez: «pesca» misteriosa alle mine senza un nome di Alfredo Venturi

Suez: «pesca» misteriosa alle mine senza un nome Da circa 20 giorni nessuno scoppio nel Mar Rosso Suez: «pesca» misteriosa alle mine senza un nome Le Marine dì quattro potenze si sono mosse per neutralizzarle: vane finora le ricerche - Il riserbo militare alimenta le voci: ma ci saranno?, come sono innescate?, chi le ha piazzate? DAL NOSTRO INVIATO IL CAIRO — Due settimane e mezzo, ormai, dall'ultimo scoppio nel Mar Rosso: e il mistero continua. Era 11 16 agosto, quando un cargo cipriota fu scosso dall'esplosione subacquea. Era ormai la diciottesima volta che questo accadeva da quando, il 9 luglio, una mina aveva colpito nella rada di Suez un mercantile sovietico. La grande caccia alle mine comincia in quel giorni torridi di mezzo agosto. Sono già arrivati i primi specialisti della marina americana, una quindicina, imbarcati su una nave da ricerche scientifiche, la «Harkness», da qualche giorno in zona. E stanno arrivando rinforzi: gli elicotteri da ricognizione subacquea «Sea Stalllon» mandati dagli americani, i cacclamine francesi e britannici. E poi i russi, a Bad el-Mandeb, nevralgico accesso alle loro basi di Aden e Socotra. Ritardati dalle nostre complesse procedure di decisione politica, arrivano finalmente a fine agosto anche i cacciamine italiani, che si mettono al lavoro nel loro spicchio settentrionale del Golfo di Suez. Arrivati buoni ultimi: ma non è che nel frattempo •si siano fatti grandi progressi. Le mine del Mar Rosso sembrano prendersi gioco di questo dispiegamento internazionale di tecniche e talenti. Cessate come per incanto le esplosioni: e gli echi radar non rimbalzano che su rottami, inoffensivi relitti, o al massimo arrugginiti residuati di guerra. «Si finirà col trovare qualche ordigno — osserva un collega egiziano — ma forse le mine che si troveranno debbono ancora essere seminate Ma sarà poi vero — si domanda un altro — che niente finora è stato trovato?». Questa partita Internazionale di pesca subacquea è avvolta dal più geloso riserbo militare: ma l'imbarazzo evidente negli ambienti ufficiali viene interpretato come una conferma implicita del mancato bottino. D'altra parte, come è possibile che dopo una serie di una ventina di esplosioni non si trovi un solo ordigno inesploso? Non si dice forse che le mine marittime hanno una percentuale di rendimento medio del 50 per cento? Tale che, se venti sono stati gli ordigni esplosi, altrettanti dovrebbero giacere intatti sul fondo? Oiro queste domande a un esperto, 11 capitano di vascello Fernando Cinelll, comandante del contingente navale italiano. «Quella del 50 per cento — risponde Cinelli — è appunto una percentuale di rendimento medio. Se facciamo l'ipotesi che chi ha minato il Mar Rosso ha usato ordigni di qualità media, allora il discorso regge. Ma se ipotizziamo che si sia servito delle mine più sofisticate, bene, In questo caso, la percentuale di scoppio può essere del cento per cento, dunque tutti gli ordigni scoppiati». Accanto alle ipotesi sulle caratteristiche degli ordigni, ci sono poi le ipotesi sulla regia dell'operazione. Anche qui 11 mistero è più fitto che mal. Quando ai primi di agosto la faccenda delle mine, fino allora soffocata dalla preoccupazione egiziana di compromettere 11 traffico nel canale di Suez, invase le prime pagine, ci fu immediata la rivendicazione di Jihad islamica. E' questa un'organizzazione di fanatici sciiti, la stessa che ha vantato 1 massacri di marlnes americani e para francesi a Beirut. Oli egiziani invece fanno sapere che ci sono sospetti su •due Paesi». Prima di metà agosto 1 due Paesi non sono nominati, ma tutti sanno che si tratta di Iran e Libia. Poi i sospetti vengono definiti meglio: si guarda agli iraniani per via delle minacce giunte da Teheran, a proposito di un allargamento al Mar Rosso dell'area di insicurezza della guerra del Oolfo. SI guarda al libici, soprattutto, non solo per 1 rapporti tempestosi fra Tripoli e II Cairo, ma anche perché all'inizio di luglio, poco prima che cominciassero gli scoppi, una nave con la verde bandiera di Oheddafl ha fatto uno strano andirivieni fra Suez e l'Etiopia. Iraniani e libici smentiscono e ritorcono l'accusa. Naturalmente sugli imperialisti americani, che con la scusa delle mine possonso entrare in forza nel Mar Rosso in compagnia del loro alleati. In realtà non è poi cosi irresistibile una forza di cacclamine e elicotteri da ricognizione subacquea. Niente di comparabile con l'incrociatore sovietico «Leningrad», Alfredo Venturi

Persone citate: Cinelli, Leningrad