Non si battono le leggi dell'età

Non si battono le leggi dell'età L'opinione di Livio Berruti Non si battono le leggi dell'età Per la prima volta nella storia delle Olimpiadi un atleta italiano, parlo di Mennea, è riuscito a correre la sua quarta finale consecutiva. Credo che per Pietro e il nostro sport sia un bel successo, indipendentemente dal piazzamento poi non. buono, perché l'Italia ha dimostrato in questo modo che accanto ai talenti naturali che l'hanno fatta grande nella storia sportiva, ha campioni determinati e impegnati come nessuno. Il nostro non è solo un Paese di poeti e sognatori. Ma andiamo per ordine a esaminare questo episodio della finale olimpica dei 200. Le gare di velocità, che a Mosca erano riuscite a tingersi di bianco sia sui 100 dir sui ZOO metri, complice l'assenta degli americani, hanno ripreso a Los Angeles la colorazione nera; se nella finale del 100 la tinta è risultata uniforme, sui 200 ha perlomeno avuto almeno delle venature bianche. Chi prima delle Olimpiadi pensava che il gioco al massacro delle selezioni statunitensi avrebbe nuociuto alla compattezza della squadra americana, si sbagliava di grosso. Pùnti dall'orgoglio di correre a casa loro, gli sprinters statunitensi si sono presentati all'appuntamento olimpico in ottime condizioni di forma, a testimonianza che anche oltre Oceano le nuove metodologie e la maggior intensità dell'allenamento, da molti lustri ormai applicate in Europa, cominciano a dare i loro frutti. E l'Europa? Purtroppo sono passati i tempi in cui Boreov primeggiava a livello mondiale e Mennea si faceva rispettare dagli americani; gli europei si sono ridotti a rango di comparse, e devono ancora contare proprio su Mennea per avere un valido esponente anche se, ormai purtroppo. dcll$ retrovie. Dopo le semifinali dei 200, che avevano visto l'azzurro qualificarsi con un buon terzo posto, anche se a pretto di una grossa rimonta dopo la curva, conoscendo le doti di resistenza e di recupero del barlettano. frutto dell'allenamento più intenso ed esasperato che mai velocista abbia sopportato, c'era ancora la speranza che almeno Pietro potesse pi*»»» tarsi dopo l tre americani. Ma c'eravamo illusi tutti. Allo sparo Lewis, con quelle sua falcate ampie, potenti ed armoniose, pur correndo in settima corsia, quindi costretto a far da lepre agli altri, ha subito spento ogni illusione, per presentarsi sul rettilineo con più di jm^jjgtrp di vantaggio Senta scomporsi, nonostante avesse già sulle spalle ben 7 gare di corsa e due di salto in lungo, Lewis è piombato sul traguardo con un paio di metri sul secondo. Stupendo il tempo, 19"80, che rappresenta solo il priHIKto olimpico perché la Federazione internazionale di atletica continua ad ostinarsi a non differenziare i tempi ottenuti a livello del mare, come appunto a Los Angeles, da quelli in altura, come fece Mennea a Città del Messico, un ottime IVm però facilitato dall'altitudine. Lewis dà una sensazione di potenza tale che nelle stesse condizioni di Mennea otterrebbe un tempo nell'ordine di 19" 30-19"40. E Mennea? Uscito in quarta posizione dalla curva, si sperava potesse distendersi e tentare di riagguantare almeno limammo americano. Invece la voglia di non voler sfigurare in curva nei conjniaasstsi Lewis e la residua speranza di salire sul podio l'ha fatto forzare al massimo nei primi cento metri, per poi cercare di recuperare sul traguardo, dove invece si è spento, demoralizzato e stancai Poteva far meglio? Direi di no; considerando il vento contrario di circa un metro al secondo, il trentaduenne barlettano è rimasto sui suoi massimi stagionali, ma non ha potalo ribellarsi alle leggi dell'età. E' già tanto, e di questo dobbiamo essergliene grati, che sia riuscito ad arrivare in finale. Livio Berruti

Persone citate: Livio Berruti, Mennea

Luoghi citati: Città Del Messico, Europa, Italia, Los Angeles, Mosca