Non basta scrivere per vincere la solitudine

Non basta scrivere per vincere la solitudine Non basta scrivere per vincere la solitudine POCHE, ormai, sono le opere di scrittori nuovi die vengono pubblicate: colpa, certamente, della «crisi» editoriale soprattutto per quel che si riferisce al romanzo, ma anche di una sostanziale incapacità di riconoscere pregi e significati in ' opere un poco diverse da quelle a cui si è obituari, onde si preferisce stampare II romanzo mediocre e insignificante di un nar- , rotore già noto piuttosto che accogliere fermenti e intenzioni di più inquietante originalità. Accade così che uno del pochissimi romanzi vivi e di sicuro valore di quest'anno, Un caso di solitudine, dell'esordiente avvocato bassanese Mario Dalla Palma, si affacci da un'entrata laterale, con un eccesso di discrezione, che rischia di farlo passare inosservato, là dove meriterebbe molta epartecipe attenzione. Come preannuncia il titolo, ti romanzo è 1 il disperato ritratto di un uomo, Piero, che ita perso ogni contatto con la vita, ogni in' teresse, ogni legame, né più ha la volontà per continuare a esistere, se non In una solitudine che gli appare l'unica condizione possibile, dò che lo salva per qualche tempo è la capacità di contemplare un effetto di luce o di colore, il mattone di una casa, lo scorrere del fiume, il passare delle nuvole, il variare delle stagioni (e Dalla Palma rinnova splendidamente la tradizione paesistica della pittura e della letteratura veneta in una prosa trasparente e luminosa). Piero si appaga del ricordo dell'infanzia e del rapporto felice e sereno con il padre: soprattutto nei favolosi soggiorni in una casa solitaria sull'altipiano davanti a boschi e rocce, oppure nelle gite a un paese vicine alla cittadina dove ti protagonista abita (e che è per evidenti accenni Bassano), con la visita ogni volta ripetuta al grande quadro di Jacopo da Bassano che rappresenta la cena in Emmaus. Ma è un fragile legame con la vita. A poco a poco II protagonista acquista coscienza di non aver più nulla da dare a nessuno: tutta la sua ridotto capacito d'amare si è esaurita nell'affetto per II padre e nell'amore adolescenziale con Chiara, una compagna di scuola strana e triste che, dopo essere stata posseduta proprio da Piero, si lascia morire In un'inerzia totale e In una non volontà di vivere che Piero ritrova uguale in sé, a mano a mano chepassano gli anni. Cosi Piero lascia che le donne che lo amano se ne vadano via da lui, e anche il libro che ha scritto gli si rivela non altro che il tentativo fallito di recuperare llnfanzia e l'adolescenza facendole rivivere In un personaggio di romanzo. Alla fine, dopo una crisi, Piero è ricoverato In ospedale, da cui esce per recarsi a Padova, alla stazione, ad attendere il treno che definitivamente Interrompa la sua vttaperduta. Il pregio del romanzo, oltre che nella raffinatezza delle descrizioni del paesaggio veneto, sta nella capacità del narratore di rendere l'infinita tristezza di una radicale I incapacito di vivere, ma anche il fervore, che fino all'ultimo combatte con l'estremo cedimento alla morte, della memoria die ricerca nel passato Infantile la possibilità ancora di resistere, di non lasciarsi andare, fra sogno e Invenzione, meditazione e visionarietà, fino a identificare se stesso con il ragazzo del romanzo scritto invano per salvarsi, e a vivente le prime intense esperienze, oltre alle proprie reali, nel tempo dell'esistenza col padre. Il romanzo è intriso di quieta, definitiva disperazione, ma anclic di una lucida consapevolezza che ne rende la rappresentazione acutissima e limpida. Rare volte lo strazio della vita per tutto ciò che di essa si perde a ogni Istante è stato detto con maggiore intensito e verità. Giorgio Bàrberi Squarotti Mario Dalla Palma, «Un caso di solitudine», Fogola, 204 pagine, 15.000 lire.

Persone citate: Cosi Piero, Dalla Palma, Fogola, Giorgio Bàrberi Squarotti Mario, Jacopo Da Bassano, Mario Dalla Palma

Luoghi citati: Padova