Una donna ricama la vita con un filo d'angoscia

Un «Oscar» per Belli Un «Oscar» per Belli Una donna ricama la vita con un filo d'angoscia no, all'improvviso, la vista dei due figli immobili sull'asfalto tra i rottami della loro motocicletta fa crollare la fragile impalcatura, tutto il passato diventa un cumulo di errori imperdonabili c di colpe osmre, il futuro si affolla di ipotesi inaccettabili. La donna si rifugia in una casa solitaria, si dibatte con i suoi fantasmi e col suo corpo, vittima di tutte le angosce della nevrosi e insieme oscuramente determinata a portarle tutte quante alla luce. Ce una falla nel suo passato, un'assenza che pareva non avere lasciato traumi e che invece diventa gratificante colmare: quella di un padre intravisto in fugaci incontri e pigramente giudicato attraverso il disprezzo della madre. Le pagine in cui la scrittrice ne ricostruisce l'esistenza avventurosa, in un'alternanza di identificazioni c di prese di distanza, sono le più belle e le più coerenti di questa scorribanda terapeutica nei territori inesplorati dell'immediato passato ancestrale. Poi c'è, fallito il soccorso paterno, un altro c più ambizioso sconfinamento nel territorio della mitologia, dove da sempre assumono nitore solare e dignità emblematica le ombre della psiche: la ricamatrice in crisi si sdoppia in Clitcnncstra, l'assassina di Agamennone ma anche la vittima di Oreste e di Elettra, una Clitcnncstra regale e insieme domestica, che porta i segni cruenti del suo passato c si aggira con naturalezza tra l'acquaio e il frigorifero di un appartamento del boulevard Montparnasse. K un'irruzione del mito nella più piatta realtà quotidiana che né le premesse della vicenda né le risorse espressive della scrittrice riescono fino in fondo a mediare. L'unica che se ne giova è la protagonista, che esce guarita e redenta da questo affannoso corpo a corpo, aggrovigliando i fili della sua storia con quella non poco incongrua dell'antica regina e • bruciando i fantasmi borghesi della sua nevrosi al fuoco grande della catarsi tragica. ii li NEL coro tumultuoso c dissonante della letteratura femminile degli ultimi dicci anni Marie Cardinal è riuscita a dare voce ferma e appassionata alle angosce, alle frustrazioni, alle crisi di identità della donna marura. Di un personaggio che la lettcrarura c le convenzioni sociali avevano sempre confinato nel ruolo subalterno di moglie e di madre — solitamente appagata e solo eccezionalmente, e colpevolmente, insoddisfatta — ha fatto una creatura sola, disorientata, insicura, delusa dalla giovinezza trascorsa e tuttavia incapace di rassegnarsi a considerarla conclusa. Tutto un abisso di lacerazioni segrete, di ossessioni ricorrenti, di oscuri sensi di colpa, di conflitti spietati tra uno spirito improvvisamente ribelle e una carne impigrita dagli anni c dalle maternità ha così trovato espressione in un romanzo del 197!) che fin dal titolo annunciava la sua consapevole originalità: /x parole per dirlo. Quel libro raccontava con trascinante crudezza la storia di una nevrosi e doveva molta della sua suggestione alla confessione autobiografica a cui la scrittrice l'aveva affidata. lì forse per questo i libri successivi — sempre ambientati nel microcosmo della famiglia e della coppia e centrati su una donna in crisi, ma non più sorretti dalla veemenza dell'autobiografia — non hanno saputo lasciare la stessa traccia. : Quando Marie Cardinal si allontana troppo dalla sua verità intcriore di donna mediterranea che vive e sente con tutte le fibre del suo corpo e, per costruire un romanzo, «rea il supporto di una storia e di personaggi oggettivi oppure cede alla tentazione dell'onirico, del poetico, del fantastico, nei suoi libri si avverte uno stacco, c il difetto di sutura tra i diversi registri espressivi ne denuncia quasi sempre l'inopportuna commistione. Qualcosa di simile accade anche nell'ultimo romanzo: è la storia di una donna che si credeva realizzata, se non nel matrimonio, almeno nella maternità c in una sua originalissima maniera di pittura su stoffa con fili da ricamo che gli aveva dato l'agiatezza c il successo. Poi, un gior¬ (g-1.)

Persone citate: Agamennone, Marie Cardinal