La storia della falsa casa dei Malavoglia voluta dal fascismo, scartata da Visconti

La storia della falsa casa dei Malavoglia voluta dal fascismo, scartata da Visconti La storia della falsa casa dei Malavoglia voluta dal fascismo, scartata da Visconti Un bassorilievo in pietra venne fatto piazzare da un gerarca di provincia su un edificio scelto a caso per guadagnarsi i complimenti di Mussolini - Il regista preferì girare in una catapecchia di pescatori a i ACITREZZA — Voluta dalla fantasia di Giovanni Verga ad Acitrezza, la casa dei «Malavoglia» non ha mai conosciuto certezze catastali. Ne approfittò un «pezzo grosso» del partito fascista catenese, un certo Marinelli, che, dopo aver gettato lo sguardo alla piazza del paese con la sua chiesetta, il portiaciolo e le bancarelle variopinte, punto deciso l'indice, inguainato dal guanto nero, verso la facciata color gialloocra della casa più rappresentativa. Dopo poche settimane un gruppo dì autorità in orbace e «uomini di oultura» scoprirono, al suòno della fanfara, un brutto bassorilievo in pietra che raffigurava i personaggi del romanzó'verghiano. Figure esangui dai volti tristi, proprio come voleva la didascalia-citazione scolpita alla base; «... e quel poveretti sembravano tante anime del purgatorio». Quando fu conclusa la cerimonia, il tricolore finì sotto il braccio di una «giovane italiana». E per tutte le genti a venire, visitatori e turisti in cerca di curiosità del luogo, quella divenne la casa del «Malavoglia». Da Roma anche il Ducè si congratulò: quel romanzo di Giovanni Verga andava proprio rammentato. Pur nelle pieghe del destini avversi, non era forse una degna testimonianza della fermezza e della tempra delle italiche genti? Meno lieto certamente fu don Alfio, proprietaria della casa e del ristorante attiguo. ' Ricorda sua figlia, Agnese Giammaria: «SI oppose con tutte le forze a quella operazione. Ma 11 partito fascista fu più forte e U bassorilievo fini 11. Allora, mio padre, dovette anche spendere un sacco di soldi. I muratori che avevano eseguito 1 lavori lo misero infatti in allarme. Oli dissero: "Don Alfio, con quel po' po' di peso, se non puntellate, qui potrebbe crollare tutto!".. Agnese ci ride su e rammenta i racconti del padre, costellati di improperi contro l'idea m Ad un mese dall di tramandare ai posteri i segni della cultura verghiana, proprio sulla facciata di casa sua. Urta scelta, del resto, replicata anche in età più recente, dalla Società celanese di storia patria che, il 26 giugno della scorso anno, poco più in alto del bassorilievo ha fatto affiggere una lapide in marmo. Là sono stati fatti incidere i versi in vernacolo inneggianti alla bellezza del posto ed alla brillante idea che ebbe Polifemo di buttate a mare- unamanciata di scagli (i faraglio-^ ni e l'isola Lacìiea) contro le navi di Ulisse, ■ conferendo cosi al gii incantévole paese gaio fasci no, mistero e leggenda. Medesime sensibilità, ca¬ non sembrano aver le amministrazioni munque, animato locali, Sorde ai richiami della cultura e della bellezza, esse hanno infatti consentito la faticosa trivellazione della temprata lava dell'Etna perché fossero gettate le fondamenta di tortuose teorie di ville, condomini e complessi residenziali ed alberghieri per i turisti. Rispettata, quindi, anche in questo angolo dell'isola, la vocazióne siciliana allo scempio, Acitrezza. può comunque ee: il ricordo deiproSgi e le proiezioni rare (ormai in cineteca) de «La terra trema», il celebre film che Luchino Visconti girò nel '48, riproponendo la storia di «Pa- drón Intoni». Visconti, allora, non si Imbatté in una realtà sociale molto diversa da quella descritta dal Verga. I pescatori erano poveri: lavoravano lungo le coste ed il mercato era esclusivamente locale. Dice Agnese Gtammona: •Visconti si Innamorò di questa gente, ma imparò presto a fare l conti con la loro fame. Veniva a mangiare nel nostro ristorante e spesso si lamentava delle comparse. Un s'orno lavoravano, un aldi più,BgU&c^rpwi Cosi lui metteva mano al portafogli. Ohe poteva fare? Nel film aveva investito una fortuna. Due case cinematografiche si erano avvicendate nella produzione». •Solo lo e mia sorella Nella — prosegue Agnese Glammo» no — non ci slamo mal lamentate. Abbiamo lavorato per sette mesi con un contratto di 15 giorni. E poi ie chiacchiere della gente. La nostra moralità calpestata, solo per avere partecipato ad un film. Pensi un po' com'era la mentalità qui ad Acitrezza, nel primo dopoguerra». Oppi i rampolli della Catania opulenta, nelle viuzze dei pescatori, hanno'trasferito i comportaménti suggeriti dalla società dei consumi e vi scorrazzano, incuranti dei problemi che furono appena dei loro padri. •E' rAcitrezza moderna. Anche se la pesca Impiega ancor Oggi il 70 per cento degli abitanti, lì auò avvenire è 11 turismo. Bisogna saperlo programmare», dice Emanuele Rapisardi, radiologo, sindaco di Adeastello, di cui Art trezza e una frazione. Con quali iniziative? «Vi sono due grandi alberghi e tutta una serie di manifestazioni. Ma non sempre troviamo collaborazione. Anche quando si e pensato di Illuminare i faraglioni abbia mo incontrato qualche difficolta» si lamenta, Ma pare che con il suo ci fosse anche il laìnento delle lucertole dell'isola Lachea che sembrano continuare a iovedì «verifica» con re prediligere per la loro sopravvivenza la luce del sole e della luna a quella dei quarzi variopinti. Dna tesi, questa, au torevolmente sostenuta anche dagli esperti dell'Università di Catania, Poi c'è la storia della casa dei «Malavoglia». ■Ma quel bassorilievo non convince nessuno l» commenta il «indaco Rapisardi. Non convinse nemmeno Luchino Visconti, che di/atti per il suo film scelse una catapecchia di pescatori con un pìccolo (lardino, dove fece piantare un nespolo,preso dalle campatine facendola diventare cosi la «sua» casa di «Padron 'ntoni». E quella vera? Chissà sotto quale ruspa è crollata. Crisostomo Lopresti Milano, ora si

Luoghi citati: Acitrezza, Roma