Ed arrivò Simon Boccanegra! di Giorgio Gualerzi

Avventura in video per tutti Avventura in video per tutti Ed arrivò Simon Boccanegra! Lo stesso Verdi avvertiva una «zoppia» nell'opera e sabato tale anomalia é stata fin troppo evidente L'aereo da caccia ha dipinte sul muso fauci spalancate in un ghigno orrendo, ma i denti da squalo sono simbolo di un altro predatore, la tigre, che è ben ritratta anch'essa sulla carlinga: in un baino mortale, ma con il cappello a stelle e strisce dello Zio Sam.' Sono le -Tigri Volantidegli Anni 40, gli aerei' dei piloti mercenari ame- ■ ricani che si, schierarono ! a fianco dei cinesi contro i giapponesi: 600 dollari di paga fissa, più un premiò di 500 dollari ad ogni caccia tipo -Zero* abbattuto. Era l'avventura, quella vera. La storia del cinema li ha già consacrati alla leggenda col nome di •Falchi di Rangoon». Il pilota indossa quel giubbotto di cuoio che ogni inverno si vende a presili paurosi nelle jeanserie; la sua mascotte, è un cane guercio; il suo meccanico va a birra cinese e cerca sempre di dirgli qualcosa vociando oltre l'urlo straziante dell'elica. L'altro capisce solo quando una serie di funebri fori si apre all' improvviso nelle lamiere: «Ecco — sottolinea V ubriacone — cercavo di dirti che abbiamo due zecche in coda»; sarebbero due -Zero- che «vomitano proiettili dalle mitragliere». La -Tigre» è ferita a morte, il pilota intasca il cane e si butta col paracadute, il meccanico non riesce a farsi largo tra ì vuoti della birra, casualmente ne trova uno pieno e preferisce schiantarsi mentre se lo scola. E' l'avventura, quella (ma chi può dirlo dawe-> ro?). sognata: nei libri, nei fumetti, ora in televisione. Oli interpreti sono sconosciuti; l'etichetta — «I predatori dell'idolo d' oro» — è ingenuamente scopiazzata; i riferimenti a luoghi, usi, costumi, avvenimenti ariette di una qualche importanza come la seconda, guerramondiale, sono sovvertiti, mescolati, pasticciati insomma. Ma lo spirito è quello giusto., Per un'ora, andiamo a Bora Bora in idrovolante, ci sbronziamo al Monkey Bar con un francese che seduce turiste Intel-' lettuali mostrando loro la sua collezione di quadri lasciatagli in pegno da un certo Paul Gauguin, facciamo a pugni con un marinaio che ha un occhio di zaffiro e a pistolettate con l suoi amici nazisti, ceniamo a lume di candela con un leopardo nell'ombra, scambiamo qualche convenevole con una principessa che ci ha invitati nella sua vasca da bagno circondata da samurai, poi l'accompagniamo all' abbordaggio che affronta in tailleur di lino bianco. Caco Chanci per far giustizia di un fratellastro schiavista su una tolda gremita da malesi cannibali dove ragazze moore ci dipingeranno poi amorevolmente con i colori tribali mentre forsennati arcieri... Manca il fiato, il seguito alla prossima puntata! E' l'avventura. Nessun attore, per fortuna, è noto, ma tutti somigliano a qualcuno. Lui sembra Errol Flynn, ma forse dovremmo dire Harrlson Ford, mentre l'altro è Wallace Beery, il più mellifluo tra i panzutt perfidi alla Orson Welles. Lei ha il ritegno di Jean Harlow, ma è ingenua come Olivia NewtonJohn; non è incantata come Dorothy Lamour, ma ha i sottintesi di Isabelle Adjani. ' Bisogna credere ' che -MistraU sia un vento che porta vendette e < Ventano- una setta di vergini birmane strangolatrici, non due agenzie di viaggio che possono mandarci lontano. Non ci sono limiti alla fantasia: costringerla nello pseudo realismo delle cosiddette avventure urbane, sarebbe umiliarla. Ormai anche i poliziotti , californiani sono uguali a quelli che incontriamo ogni giorno agli angoli delle nostre modeste strade: i vigili urbani sono chips, ci rassegnino. Emio Donaggio RAVENNA — La suggestiva Rocca Brancaleone è divenuta da qualche anno simpatica appendice estiva del Teatro Comunale di bologna che vi mette in sce.... —.con' la collaborazione di una Commissione Teat.-aie locale (il cui -deus ex machina» è Mario Sai va gì ani, colto e civilissimo personaggio del «milieu» ravennate nonché vicepresidente dell'Ente bolognese) — opere della precedente stagione Invernale con. allestimenti -ad hoc- e compagnie in tutto o in parte modificate. Quest'anno infatti è il turno di Manon Lescaut, Simon Boccanegra e Trovatore. Archiviata l'opera pucciniana senza grandi voli (protagonista la collaudata coppia Stapp-Martlnucci, ma inedita per Manon) ma anche senza clamorosi stravolgimenti registici, sabato sera è toccato al verdiano Simone di intrattenere un uditorio abbigliato -casual- e moderatamente vociante che riempiva quasi al completo platea e gradinata. Un uditorio, diciamo subito, complessivamente soddisfatto, anche se l'edizione offerta dal Comunale di Bologna non era di quelle particolarmente memorabili e, aggiungo io, l'opera appare più problematica che frutto mal alle gradite memorie di una trascorsa grandezza, della quale, tra suoni affiochiti e opacizzati, ancora filtra 11 senso più autenticò del fraseggio verdiano e la corrusca dignità del suggestivo colore di un vero basso. Terzo, ma ahimè ben staccato, fra co-, tanto sénno, Mario Basiola ha evidenziato più del lecito i la parte di Paolo Albi ani, accentuando l'enfasi declamatoria a spese di una linea di canto assai poco ortodossa. A corrente alternata anche le brevi parti di fianco, con note positive per Francesco Ellero D'Artegna (Pietro) e Gabriella Onesti (un'ancella), un po' meno per l'incerto capitano' dei balestrieri Impersonato' fuori campo da Ivan Del Manto. Il pubblico in più d'un'occaslone ha dato evidenti segni di accorgersi del malessere serpeggiante in palcoscenico, ma la gioia di poter ascoltare musica e assistere ad un gradevole spettacolo (merito anche dell'allestimento scenico di Tita Tegano) in una piacevole serata di luglio ha finito logicamente per prevalere sugli umori battaglieri, con 11 risultato di esaltare i buoni é assolvere i colpevoli nel segno di una moderata soddisfazione generale. Un Simon Boccanegra di alcuni anni fa (interpreti: Mirella Freni e Piero Cappuccini) di altissima ispirazione e non è certo di quelle idonee a scatenare ondate di entusiasmo. Del resto non è stato forse lo stesso Verdi, certamente uno che se ne intendeva, a definire il suo Simone un «tavolo zoppo-? La zoppla, nonostante gli espedienti di Botto (o a causa sua?), intervenuto a correggere 1 presunti errori del povero Piave, resta incombente e ineliminabile. Manca infatti pressoché totalmente 11 versante amoroso, o meglio il rapporto fra Gabriele Adorno e Amelia Grimaldi non ha quasi mal il colpo d'ala, sa di posticcio e 1 due personaggi appaiono poco più che ingombranti fantocci. Né d'altra parte la coppia di Ravenna è sembrata felicissima nel venirne a capo in termini di puro canto. Sfortunatamente venuta meno 1' ungherese nona Tokodl per beghe estranee all'arte, è toccato a Josella Ligi di rimpiazzarla: la sua è certamente un'Amelia di buon risalto vocale, e neppure le manca 1' eleganza per risolvere l'ostica aria iniziale, ma c'è qualcosa, evidentemente un fatto tecnico, che le impedisce talvolta di sfogare in alto con sicurezza la sua fresca e robusta voce di schietto soprano lirico. Una seria professionalità caratterizza da sempre la carriera di Carlo Cossutta, ma essa non basta a compensare i limiti di un'esecuzione che risente sfavorevolmente del lungo sodalizio del tenore triestino con Otello, così anomalo rispetto alla media del personaggi tenorili verdiani. 11 versante politico dell'opera — reso in orchestra con felici intenzioni espressive dal maestro Angelo Camporl — è capeggiato da Renato Bruson che di Simone ha fatto da tempo uno del capisaldi della Gua lunga 'è intensa frequentarlo.-; \ crrllana. Scelta azzeccata polche 11 personaggio, scenico .lonirteno che ve? cale, gli si acutta In modo esemplare, crescendo gradualmente con il trascorrere dell'Opera e lasciando scarsisslmo margine àll'aleatoriera, dovuta ad una certa riluttanza a farsi maggiormente coinvolgere nel gioco del chiaroscuri e delle modulazioni, pur cosi fondamentale In quest'opera. Opposto al Simone di Bruson si ergeva il Piesco di Cesare Siepi, affidato però or- Giorgio Gualerzi

Luoghi citati: Bologna, Rangoon, Ravenna