Reagan s'emoziona di Eugenio Ferraris

Reagan s'emoziona Reagan s'emoziona (Segue dalla prima) o o » i . o e o Lo show finisce con 'America the beatifuU, che molti — e tra questi gli organizzatori dell'Olimpiade di Zjo» Angeles — considerano un autentico inno allo sport; Tant'è che, non appena le tribune hanno concluso la loro variopinta esibitone delle 140 bandiere del Giochi (ogni spettatore aveva un foglio di plastica colorato che Ita mostrato ad un comando della regia), irrompe il 'Vessillo della pace: la bandiera dei cinque cerchi che dopo i Giochi di Anversa, i primi dopò il conflitto mondiale, è finita al do e da questo ai vari paesi che organizsano ogni quattro anni l'Olimpiade moderna. Quattro persone, il sindaco di Los Angele» Tom Bradley, Samar aneli, presidente del do ed i due presidenti del Comitato organizzatore, Zlffren e Usher, la prendono idealmente in consegna per restituirla nel 1988 al sindaco di Seul ' Squillano le note dell'inno olimpico (opera di John Williams, compositore di musiche di film come 'L'avventura del Poseidone, 'Addio, mister Chips*, 'E.T.%) e finalmente sono le 17,50, entra nello stadio la prima bandiera, quella della Grecia che tradizionalmente apre le sfilate olimpiche. E' un susseguirsi di folclore, di emozioni, di applausi. Undici paesi abbassano la bandiera davanti a Reagan, conquistando la simpatia del Coliseum. Le ovazioni maggiori vanno ai romeni, agli jugoslavi, alla delegazione di Cina che rientra nella grande famiglia olimpica dopo un'assenza di 32 anni. 1 cinesi, divisa blu, con giacca o gonna color panna, cravatta rossa, sfilano impettiti, consapevoli di vivere un grande momento. Gli spettatori si alzano in piedi, applaudono; qualche atleta accenna ad un discreto saluto. La rappresentanza del Bahreln indossa il costume nazionale, come quella delle isole Fiji (gonnellino di paglia, bracciali alle caviglie e clava sulla spalla destra del portabandiera), del Ghana, del Lesotho, del Mali, della Mauritania, del Marocco, della Nigeria, del Saudl Arabia, di Samoa, della Somalia, del Sudan. La delegazione inglese saluta i suol tifosi con la bandiera; un solo vessillo tricolore saluta invece dagli spalti l'ingresso degli italiani. Li guida Sara Simeoni; nel gruppo c'é l'intera squadra di basket e di pallavolo, ci sono Bearzot con Baresi' e Massaro, i tiratori, gli schermitori, qualche nuotatore. La sfilata dura un'ora. In chiusura irrompono nello stadio i 509 atleti della squadra degli Stati Uniti: è il trionfo. Ted Burke, martellista, impugna letteralmente la bandiera, con una mano sola. Dal gruppo spunta un cartello con la scritto •Mamma,- sono qui»: l'ignoto atleta che lo espone viene redarguito da un accompagnatore e si affretta a farlo scomparire. Ora la festa è al culmine. Peter Ueberroth, presidente del comitato organizzatore, e. S.E. Juan Antonio Samaranch (chissà perché Sua Eccellenza?), presidente del Comitato Olimpico Internazionale, danno il benvenuto agli atleti ed invitano Reagan a dichiarare aperti i Giochi, leggendo la formula protocollare: «I declare opi-n the Olympic Games of Los Angeles celebratlng the twenty-thlrd Olymplad of the modem era». Il presidente esegue cominciando la formula dalla parola «celebratlng»: il primo cittadino dell'America ha letto prima la seconda e poi la prima riga del testo. Nulla di grave, l'Olimpiade può cominciare. Entra il vessillo dei cinque cerchi, portato e scortato da dieci medaglie d'oro. L'undicesimo è Bill Thorpe jr, nipote del grande Jlm Thorpe, \ I Ancora aria di famiglia al .Coliseum:- l'ultima tedoforo è Ginn Hemphtìl, nipote di Jesse Otoens: compie un giro di pista con la fiaccola accesa e corre il rischio di essere travolta dall'entusiasmo degli atleti che affollano il prato dello stadio. A Rafer Johnson, oro nel decathlon a Roma (1960) l'onore di accendere il trìpode. Rafer, smessa l'attività sportiva, era entrato a far parte della guardia del corpo di Robert Kennedy: quando il senatore americano fu ucciso l'ex atleta era a due passi. Dal video del monitor compare Ronald Reagan mentre la fiamma di Olimpia rischiara il cielo ormai buio: «Avete visto un grande spettacolo — dice -, Se qui al Coliseum ci sono 140 paesi vuol dire che 11 mondo non è poi tanto diviso. Questo ci Insegna qualcosa, e cioè che noi tutti dovremmo tornare alle origini: una volta per 1 Giochi si sospendevano persino le guerre Siamo alle ultime battute: Edwin Moses, più sicuro sugli ostacoli bassi che come oratore, incespica uh paio di volte prima di leggère il giuramento dell'atleta. Alla fine ce la fa, sommerso dagli applausi: da lui gli americani vogliono la medaglia, altro che discorsi... Eugenio Ferraris