In «viaggio» nella dc che cambia di Arrigo Levi

Dossier di Arrigo Levi Dossier di Arrigo Levi In «viaggio» nella de che cambia Uno sforzo di capir Mentre esiste una vasta c persino imponente bibliografia sul partito comunista italiano, in Italia e all'estero, sono pochi, relativamente, i saggi c gli studi sulla democrazia cristiana. Non solo, ma mentre molti analisti e saggisti si sono sforzati di capire, senza pregiudizi politici o remore ideologiche, che cos'è e dove va il partito comunista, ben pochi (e verrebbe voglia di dire nessuno) hanno cercato di descrivere la de com'è, preferendo all'indagine la verifica di un giudizio già formulato, benevolo o più spesso malevolo. Eppure, se il pei è centrale, come si dice, in ogni analisi del passato e in previsione del futuro italiano, non si può dire lo stesso della de. E se il pei giustifica tanto interesse con la sua (■diversità», che vale ad un tempo per le altre forze politiche italiane e per gli altri partiti comunisti, anche della de si può ben dire che è un partito «sui generis». Cattolico e libcraldcmocratico, popolare e moderato, estraneo alla tradizione del Risorgimento ma non alle lotte della Resistenza, a lungo indicato come «partito della Chiesa», e per decenni guida (discutibile, ma democraticamente affidabile) della Repubblica laica. Se non c'è in Europa e nel mondo un partito comunista come quello italiano, non c'è neppure un partito democratico di governo come la de. Su questo partito, Arrigo Levi ha condotto finalmente una prima, vera, grande -inchiesta giornalistica (un genere, fra l'altro, come ha osservato Vittorio Emiliani, che stava diventando colpevolmente desueto in Italia, e che lo stesso Levi aveva illustrato in passato, soprattutto col bellissimo, e per molti aspetti ancora validissimo, «Viaggio fra gli economisti»). Il libro s'intitola «La de nell'Italia che cambia» ed è edito da Laterza. La de che Levi «fotografa», attraverso una cinquantina d'interviste insieme discorsive e complesse, è quella che ha subito, con la perdita di sci punti nelle «politiche» del 1983, la più grave sconfitta della sua storia: E questo mentre, con la segreteria di Ciriaco De Mita, aveva appena avviato un ambizioso progetto di rinnovamento, tale da rinfrescarne e rilanciarne l'immagine, dopo l'usura del lungo potere. La questione: venendo dopo le buone prove elctto- Banca mondiale e, senza pregiudizi rali del 1976 e del 1979, ma, seguendo anche lo storico rovescio del 1974 nel referendum sul divorzio e il grave calo dell'anno dopo nelle «amministrative», confermato o accentuato nelle principali città nel 1981, la caduta del 26 giugno 1983 doveva intendersi come un segnale «storico», da «fine di un'era», cioè come conferma di un declino lento quanto si vuole, ma irreversibile? Oppure era pur sempre un dato «congiunturale», cioè ribaltabile, in un quadro generale ancora incerto e aleatorio? Al centro del problema, il personaggio De Mita, e la sua «sfida» difficile, anche perchè proveniente da un uomo radicato nella de di sempre, sia pure spesso su lince di mirrranza. La caduta del 26 giugno (compensata, non dimentichiamolo, solo in piccola parte dal risultato delle «europee») significava che la sfida, più che difficile, era impossibile? E che cos'è, in definitiva, questa sfida? Nell'analisi a tante voci della «crisi» della de, lo stesso De Mita si pone, nel libro-inchiesta di Levi, come il capofila degli «strutturalisti», cioè di coloro che pensano che il recupero dei consensi perduti, rispetto agli anni dei grandi esiti elettorali, debba passare attraverso un riesame profondo della stessa identità democristiana: in parte, o in gran parte, perché tutta l'Italia è cambiata, ma in parte anche perché la de ha esaurito, nell'esercizio del potere, una sua carica o una sua fisionomia originaria. Altri, i «congiunturalisti», ritengono che non tanto vadano considerati i fatti oggettivi (la laicizzazione progressiva della società, i grandi rivolgimenti socio-economici, l'evoluzione accelerata del costume), benché anch'essi siano importanti, quanto le doti soggettive, la capacità della «leadership» democristiana di «vendere» bene un'immagine sostanzialmente inalterata. E' chiaro a chi va la simpatia, o il maggiore interesse, di Levi, il quale alterna la registrazione paziente e scrupolosa delle voci democristiane con brani di riflessione saggistica, a sua volta stimolata da rilevazioni sociologiche e da altre interviste con politologi e uomini politici non democristiani (il libro è straordinariamente denso e sfaccettato). E in questi brani, tuttavia, ci sono argomenti anche per i «congiunturalisti», nel senso che Levi, ampliando il «campo» della fotografia, e sviluppando una sua ricerca sull'«Italia che cambia», che già si è espressa in altri libri, svela l'immagine di un Paese e di un elettorato estremamente mobili, e persino volubili. Le «europee» del 17 giugno, in una piccola misura, per quanto riguarda la de, le «amministrative» parziali di una settimana dopo, in maggior misura, hanno confermato questa mobilità o volubilità. Che consente a tutti i democristiani, dominimi e non, di sentirsi al riparo da un declino storico, e obbliga tutti gli altri a riconoscere più complessa di quanto sembrasse la «questione» della de. Reità il fatto che una tale mobilità elettorale risulta anche un po' nevrotica, perchè è tutta all'interno di un sistema ancora bloccato. La domanda ultima, che il libro di Levi suggerisce, è se e quanto questa situazione potrà durare, e quale ruolo, in definitiva e in concreto, avrà la de di De Mita nel prepararne una migliore (pensando al rapporto col partito «simmetrico» nell'anomalia italiana, il pei, c a quello con le forze laiche e socialiste, di più sicuro affidamento democratico e oc cidentale). DAL NOSTRO CORRISPONDENTE FIRENZE — Il duca Amedeo d'Aosta e il pilota dell' Alitalia Andrea Faggioli hanno trascorso una notte relativamente tranquilla nella camera al quarto plano del Centro traumatologico toscano dove sono stati ricoverati sabato dopo l'incidente acreo in cui sono rimasti coinvolti. Entrambi hanno riportato ferite agli arti inferiori, che non sembrano gravissime ma sono abbastanza - dolorose, tanto che sia l'esponente della casa reale sia il comandante dell'Amalia hanno potuto dormire solo dopo che gli sono stati somministrati alcuni sonniferi. Stamattina il duca Amedeo d'Aosta sarà sottoposto ad un intervento chirurgico alla gamba sinistra di cui ha riportato la frattura di tibia e piede. Dovrà passare invece ancora qualche giorno prima che sia possibile operare 11 comandante Faggioli, che ha riportato una frattura esposta del piede sinistro e una frattura pluriframmentarla del calcagno destro. Aldo Rizzo

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