Una Liguria sconosciuta

Una Liguria sconosciuta In «montagna» il turista italiano è l'eccezione, dettan legge i tedeschi Una Liguria sconosciuta Intorno a Pieve di Teco, la «capitale», paesaggi e aromi dimenticati - Trenta chilometri più a valle, la bolgia delle vacanze di massa - Belgi e svizzeri stanno «colonizzando» la Valle del Neva - Si cercano di salvare i tesori del passato: chiese, castelli e monasteri DAL NOSTRO INVIATO . PIEVE DI TE CO — In questa piccola capitale delle Alpi jllguri, le volte gotiche degli antichi portici si fronteggiano lungo il «corso» principale ià testimoniare la' passata grandezza, quando la citta era l'avamposto della Repubblica marinara contro le mire espansionistiche del Savola: mPlebs Theuci Reìpubllcae Genuensi f'.delissima*, ricorda l'Iscrizione sulla facciata della loggia Ricci-. Ai lati del corso si diramano, angusti, i carrugl: qui gli archetti antisismici gettati tra le opposte mura inquadrano sullo sfondo non 11 mare, ma boschi e rocce. E' la Liguria che dava 1 suoi giovani non alla Marina, ma ai battaglioni alpini, dove l'ulivo e la palma crescono Insieme con gli abeti, le vecchie case di pietra sono vuote, le porte sbarrate da due assi inchiodate in croce, e le nebbie calano improvvise quando il vento caldo del mare si scontra con le correnti gelide del nevai. La Liguria perduta. Trenta chilometri più in basso, la lunga linea rosa, con varie tonalità bronzee, dei bagnanti gremisce ininterrotta la battigia tra Genova e Ventimiglla. Dalle lunghe code di auto incolonnate sull'Aurelia si leva la nube avvelenata dei vapori di benzina che nemmeno la brezza marina riesce a disperdere. Più o meno parallela a questa nube, tra la riviera delle vacanze d'estate e l'entroterra dimenticato corre un invisibile confine. Di qua la folla stipata sulle anguste spiagge, di là il deserto, dove nessuno osa spingersi. O pochissimi. Eppure è un deserto ricco di storia, di bellezza, di incantate memorie. Racconta un vecchio contadino di Costo, nell'alta valle d'Arroscla, sulla porta della sua casa ai piedi del campanile romanico con le leggiadre bifore: «Si, qualcuno sale, a vederlo,. Guardano nel loro libretti, chiedono della vecchia torre e scattano fotografie. Tutti stranieri: dalla Germania, dal Belgio, perfino dall'America. In dieci anni che abito qui, non ho mai visto un italiano'. L'architetto genovese Mauro Ricchetti, che da una vita si interessa dei paesi perduti del Ponente, dice: «/n tutti i modi, con libri e centinaia di articoli, ho tentato di portare la gran massa del turismo nell'entroterra. E' inutile. Vengono al maro e basto. Si vede che sono contenti cosi». Della spiaggia gremita, del breve moto pendolare tra questa, 1' albergo e la discoteca. Nemmeno per cenare al fresco varcano il confine tra' le due Ligurie. Anglolina Martino, cuoca esimia e proprietaria del Soggiorno dei cacciatori a Ville S.Pietro, sopra Borgomaro, canta allegra spadellando quintali di patate arrostite nell'olio fragrante, con ro¬ smarino appena colto: 'Faremo del nostro paese una piccola Parigi. Qui si sentono tutte le lingue: tedesco, inglese, francese e ostrogoto-. Oggi stanno per arrivare a pranzo, in pullman, una cinquantina di cecoslovacchi, da Pietra Ligure dove trascorrrono le ferie. E Italiani? Rari come le mosche bianche, n marito, Gino, aggiunge: «Mica vengono solo a pranzo, i tedeschi. Comperano case. Due frazioni intere, qui sotto, a dieci minuti di strada*. Il sentiero è stretto, da capre. Sbuca all' improvviso dal bosco nel borgo: un vecchio signore Inequivocabilmente teutone, completamente nudo, sta facendo la doccia alla vecchia fontana pubblica. Tanto, alle due frazioni si arriva soltanto a piedi, nessun estraneo verrà mal a turbare questa pace tra il sole c gli ulivi. Le antiche case di pietra sono Intatte, le uniche novità introdotte dai nuovi proprietari sono robuste porte di quercia e le docce, all'aperto, derivate dalla fontana Ingentilita con un mascherone verde di Bacco. I tedeschi comperano qui, nella valle dell'Impero, nella valle Argentina, un po' dappertutto; i belgi e gli svizzeri nella valle del Neva. «Fra una generazione, Carpaslo avrà un sindaco tedesco-, dice Maria Luisa Vita. E' stata sindaco del paese per vent'anni, insegnante per undici a Pieve di Teco, ora gestisce 11 suo albergo isolato nella conca di smeraldo di Prati Piani, sotto 11 colle di San Bartolomeo. Racconta clic 1 tedeschi arrivano, comperano, chiedono la residenza o, dopo un po', anche la cittadinanza, che, In base alle norme del Mercato Comune, pare non si possa rifiutare. Ma forse anche questo è un modo perché 1 paesi dell'entroterra sopravvivano all'abbandono dei loro abitanti e all'indifferenza dei connazionall. Questa sera, nell'albergo di Prati Plani, ci sono quattro ospiti. Pensionati, oltre la settantina. C'è un altro tavolo, apparecchiato per cinque, ma poco prima di cena è arrivata la disdetta. Sgarbata, anche. Maria Luisa Vita ricorda 1 tempi d'oro: «Si cominciava a Pasqua, quando dalla riviera salivano corniti-. ve di operai, per mangiare la porchetta. E per tutta l'estate si fermavano i piemontesi, scendendo al mare». Ora, le autostrade hanno portato via 1 piemontesi, dal mare non sale più nessuno e gli abitanti del paesi se ne Bono andati: •Quando ero sindaco di Carpasio, una delle maggiori entrate del Comune erano le aite dèlia lavanda, raccolta dalle donne della vallata. Ora, non la raccoglie più nessuno. Non c'è convenienza, la lavanda delle steppe russe arriva in Italia a prezzi imbattibili. E le distillerie qui intorno, erano molte, hanno chiuso. Tutte». Ora, nella luce vetrata dell' entroterra, c'è soltanto silenzio. Nei villaggi, sulle strade strette affacciate come balconi nell'azzurro, su cui si viag¬ gia per ore senza incrociare una macchina tra il profumo di timo e di menta levando In volo le tortore avvezze a spadroneggiare indisturbate anche sull'asfalto. A Montalto, dove le valili Argentina e Carpaslna si congiungono, il vento del mare si Ingolfa tra le verdi pareli di bosco, nell'orrido al cui fondo rumoreggia il torrente. Due muratori lavorano attorno alla chiesa di' S.Giorgio, un gioiello dèi IX secolo. Rifanno il tetto di lastre d'ardèsia, perché le infiltrazioni di acqua piovana minacciavano di far crollare tutto. L'edera sì arrampica sulle pietre squadrate di calcare, scurite dal tempo, il campanile romanico svetta tra le tombe del cimitero che circonda, come al tempi antichi, la chiesa. Ci sono vecchi sarcofaghi di tufo, con fiori nàit Incisi sul coperchio, e loculi più recenti con le fotografie color seppia di contadini baffuti, dì donne con 1 capelli spartiti in due bande nere sul capo. Si ode solo il rumore del vento, che sa ancora di salso e già di pini, In questo cimitero marino affacciato sulle foreste. Come qui un po' dappertutto, tra gli ulivi dell'entroterra, oggi si lavora a salvare i tesori del passato: chiese, cappelle, monasteri, castelli e gli stessi minuscoli paesi dall' architettura precisa, sui campi terrazzati con fatica secolare nel fianchi della montagna, dove sopravvive Io spirito ligure fatto di ordine, di rispetto, di amore per 11 lavoro ben fatto, di pietà. Qualcosa della millenaria bellezza resterà per 1 futuri borgomastri tra gli ulivi. Giorgio Mattinai