Il cerchio e il messia di Gianni Vattimo

Il cerchio e il messia LA VISIONE MODERNA DEL TEMPO Il cerchio e il messia La discussione sul significa-1F to della modernità — suscitata dall'imporsi recente del tema del «post-moderno» — ha riportato d'attualità anche un altro concetto, che negli ultimi anni (dopo esser stato al centro del dibattito teologico degli Anni Sessanta) sembrava relativamente dimenticato: il concetto di secolarizzazione. Un'ottima occasione per rifare i conti con questo rema è offerta ora da un bel libro di Giacomo Marramao, Potere e secolarizzazione (Editori Riuniti), costituito da una raccolta organica di saggi, non tutti di facilissima lettura, ma tutti estremamente stimolanti sia per la quantità di informazioni storico-critiche che forniscono, sia per le tesi teoriche che propongono. Secolarizzazione è .un termine che si è cominciato a usare nell'età moderna per indicare gli espropri di beni ecclesiastici da parte dello Stato o di poteri laici. Dal campo giuridico, la parola è poi passata a indicare il processo, anch'esso tipicamente moderno, del passaggio della società da una concezione sacrale del mondo a una visione più laica e mondana. Su questa definizióne della secolarizzazione hanno concordato a lungo studiosi religiosi e studiosi laici: dandone naturalmente una valutazione diversa: per gli uni era un funesto distacco dalle matrici della vera civiltà e moralità umana, per gli altri, l'emancipazione dell'uomo dai vincoli della trascendenza e, più in concreto, dalle ingerenze ecclesiastiche negli affari del mondo. Una tale concezione della secolarizzazione si è però rivelata troppo semplicistica. E' stato Max Weber, soprattutto, a fare il passo decisivo, mostrando che il capitalismo moderno è nato, fondamentalmente, sulla base dell'etica protestante e in genere della visione ebraico-cristiana del mondo. • -Nisceva con •Weber una nùóva-concezionè "della sécola-*" irruzione, che "rendeva rrjolto più problematico il rapporto della modernità con la tradizione religiosa europea. Se ha ragione Weber, allora il mondo moderno non può più esser definito come quello che opera un rovesciamento o un di stacco radicale dalla tradizione cristiana. La cesura fondamentale della nostra storia non è quella tra Medioevo e modernità, ma solo quella tra antichità pagana e mondo cri stiano. E' questa la tesi di un famoso (e molto accessibile) libro di Karl Loewith, Significato e fine della storia (pubblicato in italiano da Comunità) da leggere accanto a quello di Marramao. Loewith ha sostenuto che ciò che accomuna Medioevo e modernità, e li distingue dall' antichità pagana, è la concezione biblica del tempo. La Bibbia ha infatti insegnato a vedere la storia come un corso lineare di momenti caratteristici e irripetibili, che sviluppano nel quadro del piano divino di creazione, peccato, redenzione, giudizio finale. Per gli antichi, invece, la storia umana era ritmata ciclicamente, come la natura, con il ritornare incessante di nascita e morte. Secolarizzazione significa, in questo quadro, lo svolgi mento della concezione biblica del tempo fino alle sue estreme conseguenze. Il mondo moderno è quello che pensa sempre più radicalmente l'esistenza come storia, come sviluppo lineare. Il centro della questione della secolarizzazione diventa il problema del tempo e del modo di vivere la temporalità, che è appunto uno dei temi centrali del libro di Marramao. Sul modo di pensare il tempo si gioca infatti, anzitutto, la differenza tra mondo antico e mondo ebtaico-cristiano. In secondo luogo, poi, è proprio la concezione cristiana del tempo che è stata oggetto del processò' "dl'seilòrirl&azfone, cioè'di mantenimento-trasformazione . nella cultura dei secoli recenti: si sa e si dice comunemente, ormai, che sia la credenza illu ministica e positivistica nel progresso, sia l'attesa marxiana della rivoluzione proletaria sono solo riprese «secolarizzate» del messianismo cristiano. Ma che c'entra, con tutto questo, il potere, che è l'altro filo conduttore del libro di Marramao? Il fatto è che con la secolarizzazione dell'idea cristiana del tempo, il potere sembra aver perso la sua legittimazione. Finché si pensa che l'uomo è diretto a un fine trascendente ben determinato (ri velato da Dio), l'autorità terrena (la Chiesa e l'Impero in Dante, per esempio) ha un suo preciso quadro di legitti¬ mità: esercita il potere in vista di quel fine. Ma quando il fine diventa più vago (ad esempio: il progresso non ha un termine, e solo ciò che rende possibile altro progresso, altro «sviluppo»), allora anche il problema della legittimazione del potere si presenta con, nuove, gravi difficoltà. Sono queste alcune delle questioni intorno a cui si sviluppano le argomentazioni di Marramao. Se pensiamo a come sia acuto, nella coscienza contemporanea, il disagio di fronte a un processo storico che sembra muoversi senza nessun fine, solo nella direzione della novità tecnologica e dello «sviluppo», possiamo renderci conto dell'attualità di questi temi. Di fronte a tale disagio, una tentazione (secondo noi) a cui molti soccombono, è 1' idea di ricominciare da capo: se la moderna idea di progresso, che alla fine gira su se stessa senza termini ne scopo, e solo una «derivazione» secolarizzata della visione ebraicocristiana del mondo, ebbene, torniamo a questa visione nel la sua originale integrità. A questa tentazione soggiace anche, in fondo, il libro di Marramao: egli dice infatti che (e qui il richiamo è a Benjamin) non possiamo fare a meno di pensare la storia in termini messianici, individuando in essa un possibile punto di svolta radicale (salvezza, ri voluzionc, o simili). Poiché però sia la predicazione religiosa della salvezza, sia quella politica della rivoluzione hanno mostrato i loro limiti, il momento messianico andrà cercato altrove: e precisamente (ma qui Marramao non è, e forse non poteva essere, molto chiaro) in un recupero della capacità di «fare esperienza», di vedere le cose nelle loro differenze minime, di fare attenzione a ciò che è «prossimo» (anche: il prossimo). Solo un ritorno a questa immediatezza c vicinanza con le,, cose. ,e eli altii>lpuò,s.fb.,_ spczzarcvjl continuum'della storia, clic rotola yfe^jjjiiias^énV te «dalla fionda alla megabtimba». Si può essere d'accordo, in linea di principio. Però, non sarà stato proprio il persi stente messianismo, l'attesa dell'evento «decisivo» (un mi sto di magia e violenza rivolu zionaria) '■y- cioè, in definitiva, una insufficiente secolarizzazione — a renderci incapaci di fare davvero l'esperienza della prossimità, forse della povertà a cui Marramao ci richiama? Ciò che Marramao, e prima di lui Benjamin, vuole, si può forse realizzare solo abbandonando ogni residuo sogno messianico, e proseguendo fino in fondo il processo della secolarizzazione. «So/o chi perde la sua anima, la salva». Gianni Vattimo F Max Weber