Stasera si dipinge il terremoto

Stasera si dipinge il terremoto IN UNA MOSTRA A ERCQLANO LA SCOMMESSA DI 50 ARTISTI . Stasera si dipinge il terremoto ERCOLANO — Nei giorni scorsi, nella settecentesca Villa Campolieto, splendidamente restaurata, si è inaugurata la prima parte di un' esposizione insolita, sia per il suo contenuto che per gli scopi. Il titolo della mostra è Térrae Motus e comprende i lavori che cinquanta artisti internazionali hanno dedicato al terremoto, inteso come metafora artistica, sociale e antropologica. Titolo e tema, come si vede, .catastrofici- ma, senza dubbio, di grande suggestione. E così stimolanti che, come risulta dalle opere finora esposte, nonché dal testi dei singoli artisti pubblicati nel catalogo, hanno dato luogo alle più diverse interpretazioni. Ipotesi, linguaggi, tecniche, soluzioni svariatissime, tutte comunque incentrate sul fascinoso e complesso rapporto tra distruzione e ricostruzione, tra crisi e palingenesi, in definitiva sul perenne trapasso morte-vita. L'iniziativa è della Fondazione Amelio, sorta di recente a Napoli, la quale ha voluto reagire alle conseguenze del sisma che quattro anni fa sconvolse l'area campana, con un atto di fede nell'utopia dell'arte. Vale a dire, un richiamo alla forza creativa degli artisti come reazione alla catastrofe e alla precw rietà Quotidiana; l'arte come simbolo della continua rinascita. Come si è detto all'inizio, una prima parte di queste opere viene ora presentata al pubblico in una villa vesu¬ viana, una delle maggiori, armoniose e belle delle oltre cento costruzioni per V otium, sorte due secoli fa nelle vicinanze della Reggia di Portici e sulle pendici del Vesuvio. Una seconda parte verrà esposta a ottobre, mentre una scella verrà trasferita a Boston e di li in altri musei statunitensi. Alla fine, l'intera collezione sarà destinata a Napoli, quale nucleo di un grande museo di arte attuale. L'intenzione è, infatti, quella di colmare una grave lacuna della città. Puntando principalmente sulla passione e sullo spirito d'iniziativa privata. In sostanza, una sfida (non senza una punta d'orgoglio e anche un granello di follia) alle carenze e contraddizioni pubbliche che, a Napoli, notoriamente, sono diventate addirittura emblematiche. In un certo senso il rovescio — positivo — di quella medaglia, che negli stessi giorni ha originato il .Maradona Day-. E che in questo caso — per fortuna della cultura italiana — ha partorito il miracolo del ritorno a nuova vita di una limpida villa vanvitelllana. Adornata ora, sia pure prò tempore, con una serie di opere, particolarmente significative, del nostro tempo; da Andy Warhol ai giovani della .transavanguardia- e dei .graffiti-; dal .verde» tedesco Joseph Beuys a Mere, Pistoletto e Woodrow. Prefigurazione, come si diceva, di qualcosa che la intellìgencija parteno¬ pea, giustamente, ritiene indispensabile ed urgente. Soprattutto, per offrire un' immagine non parziale della città. Spezzando il clichè di una Napoli vista soltanto (le parole sono dello stesso Lucio Amelio) «come una città disgregata, corrotta, ferita a morte dal racket, dalla camorra, dalla droga, dal degrado morale e sociale». Insomma una coraggiosa scommessa, puntando su alcune prove della ricerca figurativa più avanzata e che si spera verrà vinta in pieno. Se non altro perché costituisca un modello per altre situazioni nostrane, non tanto diverse e comunque pur sempre precarie. Un modello tanto più pregevole se questo grande, ipotizzato museo napoletano riuscirà davvero, com'è nel propositi, a diventare non un semplice contenitore di opere, bensì un istituto per l'arte contemporanea. Cioè un organismo capace di riunire intorno a sé, per una seria ricerca scientifica e una intensa serie di scambi, molte delle forze oggi esistenti, in Italia e all'estero, nel campo delle arti visive. Sia singoli studiosi che istituzioni pubbliche e private che, in virtù della loro diversità e molteplicità, garantiscano la necessaria dialettica. Mi sembra che il futuro dell'iniziativa dipenda proprio da questa capacità di diventare un luogo d'incontro e di scambio, aprendosi ai p'.U svariati contributi cri¬ tici. Come, peraltro, sia pure in nuce, per quanto riguarda gli artisti, già risulta da questa prima mostra. Infatti, accanto ai rigorosi, ctonii scandagli del napoletano Carlo Alfano troviamo le struggenti rivisitazioni dei miti da parte di Cy 'iwombly. Alle sapienti .alchimie- di Mimmo Paladino seguono i dipinti punk dell'americano Julian Schnabel, l'ironico sberleffo, da scugnizzo, di Ernesto Tatafiore, il senso (come felicemente ha scritto Barbara Rose) di vanltas et ultra del giovane Nino Longobardi. Una pluralità e compresenza di linguaggi e di idee che, in definitiva, è la realtà e la ricchezza del nostro tempo. Francesco Vincltorio

Luoghi citati: Boston, Campolieto, Ercolano, Italia, Napoli, Portici