Tunisi: se il vulcano si sveglia di Igor Man

Tunisi: se il vulcano si sveglia COME RIUSCIRÀ' A CONCILIARE MODERNISMO E ISLAM? Tunisi: se il vulcano si sveglia Le scelte economiche del regime hanno portato il Paese a uno sviluppo notevole - Ma la disparità dei redditi resta drammatica - La «rivolta del pane» esplosa in gennaio è un sintomo allarmante - I giovani, delusi dal modello occidentale, diventano sensibili alla propaganda dei fondamentalisti islamici - Intrighi di palazzo DAL NOSTRO INVIATO TUNISI — La Tunisia è come Pinocchio: vuole il paese dei balocchi ma cammina tra due gendarmi: l'Algeria «austera e militante» e la Libia «estremista e destablllzsatrlce». Legata agli Stati Uniti e alla Francia, la Tunisia pretende di conciliare modernismo e Islam. Con quali risultati? Il paese dei balocchi è un miraggio (come la -rivolta del parie» del gennaio scorso sta a dimostrare) ancorché il reddito medio dei tunisini — 1400 dollari l'anno — non sia proprio da buttar via e l'Inflazione abbia un tasso invidiabile, il 9 per cento. Il fatto è, come spesso accade, che le statistiche fanno a pugni con la realtà. Il dramma è nella disparità del redditi, sensibile anche nella classe operaia poiché i salari degli addetti all'industria petrolifera sono in media cinque volte e messo più alti di quelli destinati agli edili. Il 20 per cento dei tunisini accaparrano il 50 per cento della massa totale delle spese, laddove il 30 per cento non dispone che del 5 per cento di codesta massa. Le scelte economiche dei regime hanno sema dubbio condotto la Tunisia a uno sviluppo notevole. Ma il liberismo, che l'opposizione definisce selvaggio, ha fatalmente accresciuto le differenze sociali. Insomma, i ricchi son diventati più ricchi e l poveri, se possibile, più poveri. In un Paese come la Tunisia, aperto al mondo occidentale e che conosce attraverso la pacifica invasione dei turisti e le trasmissioni della tv italiana i bagliori della società affluente, le affascinanti distorsioni del consumismo, lo sviluppo ineguale è fonte di immensa frustrazione. Le facilitazioni accordate al settore privato han favorito la crescita tumultuosa d'una borghesia -compradora- e, come spesso accade, chi si è arricchito con gli aiuti dello Stato ripaga quest'ultimo scarsamente, praticando l'arte dell'evasione fiscale. Tunisi è lo specchio emblematico d'un Paese doublé face. All'apparenza tutto è facile e gaio, l'ospitalità tt aggredisce per il tratto amabile del doganiere, del rivenditore di mazzolinl e collane di gelsomini, del cameriere della trattoria. A volte ci si scorda d'essere in Africa, tutti parlano francese, non si vedono mendicanti in giro e persino nel suk ( mercanti son discreti. Se poi ti capita di frequentare, anche per poche ore, certi saloni non puoi non rimaner sbalordito dal fasto che vi alberga; l'atmosfera che vi regna è tra il salotto del Midi e la corte fiorentina. Fiorisce il pettegolezzo politico, coltivato con maestria e gusto da austeri funzionari, affermati tecnocrati e noblluominl annoiati, di conserva con le proprie consorti, avvolte in vestiti da collezione parigina. Tema principale dei pettegolezzi da solottc è la presunta rivalità fra il dinamico, onesto primo ministro Mohamed Mzali e la prima dama di Tunisia, l'intelligente, animosa signora Wassila Bourghiba. Ma gli intrighi del Serraglio che affila le armi per il dopo-Bourghlba non interessano i poveri. Le statistiche della Banca Mondiale dicono che il 16 per cento della popolazione tunisina «vive In condizioni da tipico sottosviluppo, Ignorando le calorie protelnlche». A Cartagine, dove svetta il palazzo presidenziale, è un pullulare di ville sontuose. Le chiamano le «casseforti degli sciacalli» e son persino più arroganti di quelle che sorgono a Sldi Bu Said e a La Marsa. A mano a mano che ci si avvicina alla capitale, le ville si fanno più modeste. Poi ci sono i palazzi del nuovo quartiere di El Menzah dove gli appartamenti, che costano una fortuna, ospitano i -quadri» del settore privato e dell'amministrazione statale. Una volta superato l'ordinato campus universi torlo di Bab Saadun, ci si imbatte nel muragllone delle tristi case popolari, fitte di impiegati di rango modesto. Al di là del muragllone, i cosiddetti -quartieri bassi'. Sono invero «bassi» miserabili, dove si dorme in dieci in un vano di undici metri quadrati; si vive in strada, in un furioso andirivieni di bambini e di cani. Eppure i pavimenti del «bassi» sono lustri e la gente ti sorride con grazia antica. A Melassln, a Sedjumi la miseria non sembra aver reso cattivi gli uomini, mentre nelle bidonvilles senza nome non si ha cuore d'avventurarsi. Sotto il sole dell'estate che calcina tutto, l'umo s'appiattisce sulla polvere dei vicoli, e i ventri del bambini sono gonfi come quelli dei loro coetanei di Calcutta. Fino al gennaio di quest' anno quando esplose la •rivolta del pane», si aveva della Tunisia l'idea di un Paese cosmopolita, tra i più progrediti dèi Terzo Mondo, retto da un regime piuttosto autoritario ma tutto sommato pluralista, un Paese «dolce e moderato» dove si celebrava un matrimonio felice tra Occidente e Oriente. I fatti di gennaio non hanno cancellato del tutto questa immagine ma certamente l'hanno ridimensionata e in modo brutale. Quando il popolo è sceso in ptazza, spontaneamente, mosso solo dalla disperazione per protestare contro V improvviso aumento del pane e dei cereali (70 per cento d'aumento della semola; dall'80 al 108 per cento quello del pane) ci si è accorti che dietro la copertina in carta patinata esisteva una realtà le mille miglia lontana dai dépllants turistici. Se il vecchio Bourghiba non fosse apparso alla tv per gridare al suo popolo: «Mi hanno taciuto la verità (...). Da questo momento gli aumenti sono annullati», forse in Tunisia sarebbe stato il massacro, la fine. •Dopo-, come sempre accade e non soltanto nel Terzo Mondo, si iè voluto trovare un -perché» e si è cercato di accreditare V ipotesi del complotto ordito da Gheddafi in combutta con gli integralisti islamici. Ma Gheddafi, non c'entrava e così per tutti hanno pagato il ministro degli Interni Guiga, condannato a 30 anni in contumacia, e il capo della polizia. Il primo avrebbe addirittura provocato la rivolta per assestare un colpo maligno al suo rivale, il primo ministro Mzali, delfino designato idi Bourghiba e non proprio amato dalla sposa del 'Combattente supremo-. Il secondo avrebbe lasciato la rivolta allargarsi mandando in servizio agenti disarmati. Solo V esercito, infatti, e a malincuore, è intervenuto contro i dimostranti: quattro morti e decine e decine di feriti. La magistratura è stata severa e otto dimostranti sono stati condannati a morte. Ma il 19 giugno Bourghiba li ha graziati raccogliendo le proteste, espresse con una animata campagna popolare, della Lega del diritti dell'uomo, dei sindacati, degli intellettuali, degli studenti. La decisione di Bourghiba conferma che la Tunisia rimane pur sempre terra di tolleranza e che il -Combattente supremo», a dispetto del culto della personalità, non è accecato da spirito di vendetta. Ma va detto che, nonostante una serie di provvedimenti economico-finanziari tesi soprattutto ad allargare il mercato del lavoro a favore del giovani (sono il 60 per cento della popolazione), la situazione è ben lungi dall'esser tranquilla. Alcuni osservatori sono ottimisti, dicono che la rivolta del pane è solo un incidente di percorso, «un fenomeno puramente congiunturale dovuto a una crisi di crescita». Ma i più paragonano la Tunisia a un vulcano «apparentemente quieto». Si ha l'impressione che la classe dirigente (con le dovute eccezioni) viva nel segno dell'intrigo fuori dalla realtà, lontano dal Paese reale. E ci sono sintomi evidenti che certi strati della popolazione siano tentati di voltare le spalle all'Occidente. E' in atto, anche in Tunisia, un recupero dell'Islam. Come in Egitto, come in Marocco sono i giovani i più sensibili alla «propaganda» del fondamentalisti. Non hanno conosciuto la lotta di liberazione, il passato eroico di Bourghiba li lascia indifferenti. Calati nel presente rifiutano un sistema di valori borghesi e occidentali die li emargina. La speranza, il sogno non vengono più del Nord, dall'Europa, bensì dall'Oriente, dal mondo arabo. Igor Man

Persone citate: Bourghiba, Gheddafi, Mohamed Mzali, Saadun, Wassila Bourghiba