Yes, marmellata di rock di Marinella Venegoni

Yes, marmellata di rock Il gruppo inglese in concerto al Palasport di Milano per 10 mila Yes, marmellata di rock Il nuovo sound di «90125» e le vecchie tirate virtuosistiche in uno «show» stile Usa con colorì e laser DAL NOSTRO INVIATO MILANO — E' proprio giusto che il concerto drglt Ves sia preceduto dalla proiezione di vecchi cartoni animati della loro multinazionale Wtx. La musica del gruppo ascoltata in due ore e venti minuti non sarà tanto vivace e Spedita quanto Bunny e Gatto Silvestro, ma come loro è pleno,| di colori e qualche volta accattivante, evoca fantasie infantili e qualche volta meraviglie dolciastre. L'apparato di luci è ìniliardarlo, sul palcoscenico mastodontico (con un impianto acustico che gioca molto sull' eco e spesso tortura i timpani) si riflettono esagerati raggi laser verdi e rossi, che giocano giochi fantascientifici ingabbiando fumi copiosi e più tardi disegnano la scritta • Yes* sul soffitto. I Pooh, se li vedessero, schiatterebbero d'invidia. Si sprecano gli •oh* di meraviglia di certa parte del pubblico, quello giovane, evidentemente non *smagato* a sufficienza dai videoeltps. Fra i diecimila del Palasport milanese, all'unico concerto italiano del gruppo, i giovani sono tanti. Conoscono gli Ves nuovi, quelli dell' ultimo album 90125 (che è il numero di catalogo) e soprattutto di Owner of a lonely heart, il 45 giri che ha sbaragliato le classlficìie di mezzo mondo, proponendo dell'incostante gruppo inglese un'immagine vivace e moderna, il •sound* elettronlzzato che place ai gioiani unito alla voce di Anderson, dotata di eterna giovinezza. Ma ci sono anche i trentenni e oltre, che agli Ves legano i sogni di una giovinezza di dieci e più anni fa, quando il gruppo — che non è lo stesso df allora, né di cinque anni fa — rappresentava una delle migliori sintesi del pop del momento: una sfida del giovani alla musica colta, un'incursione musicale nei territori di Tolklen, il cesello inedito del rock roi/iantlco. Di tutte queste attese, il gruppo in questa edizione 1984 pare accontentare soprattutto quelle dei giovanissimi, che sono anche attese di una storta non vissuta; mentre l più maturi si ritrovano ben presto con una imbarazzante sensazione di déjà vu, presto saturati da quell'insistito mondo barocco, da quei inonotont e virtuosissimi a solo del tastierista degli inizi Tony Kaye e del nuovo chitarrista metallicissimo Trevor Rabin, riproposti con gran sfoggio e pompa, e riscattati solo in parte dall'istrionismo ossianico del bassista •storico* Chris Squire. Visto il successo travolgente della musica inglese dovunque, gli Yes con il loro megashow hanno puntata soprattutto al mercato Usa, e insopportabili per il nostro gusto risultano certe civetterie hollywoodiane, come l'inizio da musical, come il finale cantato «Thank you Milano so much/ for coming and see us». Superkltsch, un intermezzo nel quale Kaye esibisce le sue tastiere sotto laser e fumi in una storia musicale che comincia nella fantascienza e finisce con Beethoven e Bach. Sono molto meglio i brani di oggi: Owner of a lonely heart, riproposto tale e quale al disco; Changes, che ha uno degli inizi migliori di tutto il concerto. Sempre affascinante l'Impasto delle voci, mentre Anderson sente l'esigenza di presentare le vecchie creazioni, raccontando ai giovanissi¬ mi vita e morte di And You and I, Yours is no dlsgrace dei 71 e via dicendo. Ma, in due ore e venti di concerto, i brani in programma sono in tutto una quindicina, dilatati al massimo (con i rischi che questo comporta). Il successo sotto ti palco è stato fervidissimo, più lontano le reazioni sono state via via più tiepide. Il gruppo si è comunque guadagnato ampiamente, con il dispendio di energie e di risorse che ha messo in campo, quei trentamila dollari che si dice siano stati pagati di cachet: l'apparato luci (tutto inglese) è talmente oneroso che richiede 10 tecnici, 15 sono quelli del suono, che curano un'ampllficaeione tutta made in Usa. Ora, a conclusione di questa tournée, gli Yes meditano un disco dal vivo. Aspettiamo con indomabile ottimismo. Marinella Venegoni Un momento del concerto degli «Yes»: da sinistra Trevor Rabbin, Jon Anderson e Qiris Squirc

Persone citate: Bach, Beethoven, Gatto Silvestro, Kaye, Tony Kaye, Trevor Rabin

Luoghi citati: Milano, Usa