I due Pomodoro: sculture parallele di Angelo Dragone

I due Pomodoro: sculture parallele CELEBRI FRATELLI A CONFRONTO NELLE MOSTRE A FIRENZE E A PISA I due Pomodoro: sculture parallele DAL NOSTRO INVIATO FIRENZE — Insieme 1 fratelli Arnaldo e Giò Pomodoro avevano lasciato nel '53 — con la madre e la sorella Teresa — Mordano di Romagna (presso Forlì, dov'erano nati, l'uno nel 1926, l'altro nel '30) per stabilirsi a Milano. A oltre trent'annl di distanza, se non proprio insieme, visto che più d'uno li vorrebbe anzi quasi in concorrenza, sono ancora loro a qualificare quest'anno le esposizioni d' arte contemporanea dell' estate toscana con due distinte iniziative. Armando, apprezzato in Germania come negli Stati Uniti, è a Firenze, al Forte del Belvedere, con una mostra che gli è costata due anni di «superba fatica», come scrive Italo Mussa in catalogo (Fabbri Editori), e che con le sue 65 sculture — di cui 26 monumentali, sistemate all'esterno — rimarrà aperta sino al 2B ottobre, documentando 1 momenti essenziali del suo sviluppo dal 1955 a oggi, con una studiata sequenza di 'luoghi fondamentali». Giò è invece a Pisa: anch' egli nell'arco quasi completo della sua attività, dal 1954 In poi, ma tutto nel chiuso degli antichi spazi di Palazzo Lan franchi. Ma sculture e disegni rivelano forse anche meglio, cosi, la portata espressiva d'una delle più singolari esperienze plastiche del nostro tempo. . Son due mostre naturalmente differenti: nelle quali non è da vedersi però tanto una contrapposizione, quan- to l'occasione preziosa per chi, al di là d'ogni lontana radice comune, intendesse cogliere soprattutto l'originalità del temperamenti del due artisti e 1 loro diversi raggiungimenti formali. Ciò che d'Istinto, d'altra parte, farebbe chiunque ricordasse i due fratelli appena giunti nella capitale lombarda dove — dopo aver dato breve vita, con l'amico Giorgio Perfetti, al gruppo «3P» — sino al '62 hanno continuato a dividersi gli ambienti del loro primo studio: un vasto scantinato (al numero 19 di via Orti, a Porta Romana) dove, con tutti quel ferri, fra trapani e incudini, lime, morse e morsetti, pinze e martelli, sembrava d'essere più in un'officina che nell'atelier di due scultori che, pur lavorando per sé, campavano allora soprattutto creando gioielli apprezzati per una loro inedita bellezza. Senza rivalità, erano seni-' mai gelosi del propri spazi e soprattutto impegnati a raggiungere le forme d'una autonoma visione, come avevano dimostrato fin dalla loro prima «personale», nel '54, presentandosi insieme alla «Galleria Numero» di Firenze, e nelle successive esposizioni di Roma, Milano e Venezia. L'Impronta di Arnaldo appare d'altra parte Inconfondibile fin dai primissimi Anni Sessanta, mentre l'artista ricercava 11 proprio stile. Era 1' epoca del simboli arcaici che caratterizzano le Costruzioni Irradianti come 1 Paesaggi, dove il gusto per una materia trattata con la minuziosa perizia dell'orafo sembra fondersi con gli spiriti d'una fantasia spaziale, (definita subito cosi da Giò Ponti). La scelta fatta ha consentito all'ordinatore di Illustrare quel «luoghi» come momenti di essenziale Interesse che, dopo gli iniziali saggi stilistici, toccarono via via l'Incanto tecnologico, 1 Simboli arcaici, e la Rottura formale, lo Spazio monumentale enorme, col Borgo di Pietrarubbia, 11 Luogo del progetti, 1 Disegni, Rotoli e Taccunl, le Forme del mito, e il Colpo d'ala. Fin dal 1960 erano nate le Colonne del Viaggiatore, 1 cui motivi ornamentali, tra eleganze e barbare raffinatezze, riproponevano la scheggiata luminosità dei cristalli. Erano poi seguite le sfere del Rotanti e quelle al cui Interno potevano scoprirsi 1 segni d', una antica lingua perduta; quindi le Colonne lacerate che testimoniavano l'intima loro devastazione. Ed erano, a volte, bronzi d'un alto tenore in rame che potevano quasi trasformarsi in una materia solare, soprattutto nelle superflcl sferiche profondamente scavate o nelle strutture plramide.il Incise a tratti, come i letti del fiumi nella terra. E' invece soprattutto la tensione lirica a costituire 11 fascino della scultura «mentale» di Giò Pomodoro: fin' dal suol esordi naturalistici che, non contraddetti dalla poesia ermetica di un'astrazione plastica, gli ispiravano 1 giardini milanesi, l'albero o 11 mutare delle stagioni. Giò era allena tutto preso dal Canti Pisani di Ezra Pound, dal loro ritmo, da quello stesso gioco fatto di assonanze emotive che fini col diventare come la filigrana che in queste sculture era pur da leggersi in controluce. Passata intanto attraverso un drammatico vitalismo plastico, al limiti dell'Informale, questa aveva prontamente trovato il suo approdo nella luminosa levigatezza del marmi e nelle più ampie, lisce superflcl bronzee. L'esposizione pisana comprende 85 sculture da Interni, oltre 150 splendidi disegni e acquerelli, e una trentina di opere grafiche. La loro chiave di lettura appare quindi senza alcun dubbio quella dello spazio: anzi, del duplice spazio proprio delle sculture. Da un lato, quello interno all' oggetto, condizionato dal suo materico destino come dall' idea dell'organismo plastico cui appartiene, e quello dell' ambiente col quale sempre più spesso s'è trovato a misurarsi 11 » genuino senso di socialità» — come l'ha definito Raffaele Monti nell'In traduzione a questa mostra (che ri marra aperta sino al 30 agosto) — di cui l'artista sente la non occasionale motivazione. Vengono infatti di qui non soltanto 11 simbolismo delle Folle (dal 1963) e della coeva Bandiera di Majakovskij, ma 1 Contatti (1969), e i4rco (1973) con le stesse sculture solari e, soprattutto, le opere in cui più diretto si fa sentire prò prlo l'impegno pubblico: nel Piano d'uso collettivo che Ales, In Sardegna, ha dedicato a Gramsci (cui aveva dato i natali), come negli emble matlcl Pilastri di Giordano Bruno. Nel lavori degli ultimi de cenni ha prevalso Infine la struttura e la dinamica interna che del suol blocchi prismatici costituisce la legge; fermi 1 riferimenti simbolici e ideologici: 11 sole (che diventa anche ruota, luce, labirinto, piramide), l'albero (ch'e anche colonna, obelisco), e i loro riferimenti geometrici dal cerchio alla spirale e al triangolo: tutti elementi che, dai tempi più antichi, sono serviti all'artista per «costruire contenuti» e «rapporti sociali». Angelo Dragone Gio' Pomodoro: «Erma e Verga» (1984). A destra, Arnaldo Pomodoro: «Grande Sfera» (1966-67)