Siamo forti e «grassi»

Siamo forti e «grassi» Com'è la nostra salute economica e fisica per l'impegno americano Siamo forti e «grassi» Nel pianeta Sport tutto cambiato, tutto nuovo, l'Italia è territorio che vive una vita all'antica, oppure è territorio che vive una vita allineata ai tempi? Nell'anno del Giochi olimpici, nasce una certa compiaciuta sicurezza dal poter affermare che l'Italia dello sport è perfettamente in sintonia con l tempi, con le esigenze moderne. E cioè spartisce dello sport mondiale ansie polltidie, grande respiro economico, intensa vita telepubbllcltaria con tutte le sue brave malattie esantematiche, errori di misura e di modo conseguenti alle febbri di crescita, problemi scientifici e loro soluzione. Il Coni ha messo nel bilancio preventivo dell' anno 365 miliardi e mezzo di entrate grazie al Totocalcio (1125^0% del gettito delle giocate), con un incremento del 6,39% rispetto al 1983. Tutto andrà meglio, è già sicuro: nel senso che le entrate saranno più alte. La preparazione olimpica, omaggiata di 20 miliardi e mezzo nel 1983, vedrà una spesa ovviamente ancora superiore, in questo arino a cinque cerchi (da tenere anche presenti i premi per medaglie, augurabili e probabili). Le federazioni vedranno aumentati i contributi che già ricevono e che non sono malaccio: 9 miliardi emezzo all'atletica, 6 agli sport invernali, 5 e mezzo al nuoto, quasi altrettanti (I) a lotta, judo e pesistica, idem al ciclismo e al basket, quasi 5 alla scherma... Un totale di 116 miliardi, contro i 51 versati alla Federcalcio come percentuale fissa (3,50%) sugli introiti lordi della schedina. Sono cifre alte, ppr uno sport però die a, Los Angeles manda 309 c passa atleti, e che, ne ha mandati 70 a Sarajevo. Le federazioni, riunite nel Coni che è la federazione delle federazioni, hanno troppi soldi per la pratica dello sport d'elite, e pochi per la pratica, peraltro non di loro competenza, dello sport di base, che la scuola non 'insegna» e non fa fare. Il nuovo flusso di denaro ha turbato qualche federazione, ne ha drogate altre. Alcune hanno moltiplicato le spese di rappresentanza, affidando impro-, babili messaggi a consistente (come prezzo) carta patinata per pubblicazioni elogtastiche. Altre acquistano spazi pubblicitari sui giornali, anche su quelli sportivi nati per occuparsi imparzialmente di tutto lo sport. Altre ancora largheggiano nella politica delle pubbliche relazioni, offrendo vtaggt bellissimi a chi parla e scrive almeno un po' delle vicende, non di alto interesse, in cui sono Impegnati i loro atleti. Il Coni sa che tanto denaro non viene speso bene, ma è abbastanza rispettoso dell' autonomia delle singole federazioni, le quali in cambio garantiscono pace piena all'ente. Ma interessa qui soprattutto la posizione italiana nel nuovo pianeta Sport, e ad essa ritorniamo. Siamo stati prontissimi nel creare e offrire prima all'ammirazione, poi all'imitazione, una figura nuova di atleta olimpico, quello stipendiato bene dallo Stato, attraverso il Coni, e dunque messo in una situazione slmile ai suoi olomoghi dell'Est, e intanto abilitato a fare anche gli affari e affaraccl suol, cioè a dragare denaro 'all'occidentale- con il trionfo del liberismo, dell'iniziativa privata. Cosi che sovente l'atleta Italiano di valore mondiale è da un lato garantito «o Dita» da un impiego statale, dall'altro motivato da vaste possibilità di guadagno extra, con iniziative privatistiche, personali: come a dire che anche nello sport abbiamo inventato il doppio lavoro. Questo non esclude il valore assoluto del nostri atleti, e questo non deve far dimenticare la bontà della nostra organizzazione sportiva, specie per i grandi impegni: siamo più metodici dei tedeschi o del sovietici, siamo più poetici degli Inglesi, più dinamici degli americani E infatti al vertice vinciamo più di quanto si possa pensare vedendo la nostra base, o cercando di vederla senza riuscirvi perché non esiste, o almeno perdié è privata del supporto-apporto fondamentale che si chiama scuola. C'è infine da esaminare la jjostra situazione scientifica nello sport: stiamo bene, stiamo decisamente bene. La federazione medici sportivi, ancorché come contributi sia la quintultima delle trentanove assistite dal Coni, funziona, ha otto centri oltre all'istituto romano di Medicina dello sport, conta su 4500 medici del quali 1100 specialisti. «L'unico vassallaggio che patiamo — dice i( presidente Tucclmet — è quello nei riguardi della grande scuola tedesca occidentale dello sport, con sede a Colonia. Nell'altra Germania c'è anche Lipsia molto forte, ma non abbiamo rapporti intensi e non ne conosciamo la piena validità». Non ancora tentata dalla droga classica, la nostra medicina sportiva ha lasciato indietro il doping («Anche se la grande e furbastra trovata chimica può ancora esistere», dice Tucclmel) e frequenta spazi nuovi, grazie anche agli scienziati di Ferrara, ormai impegnati a tempo pieno per il Coni, e guidati da Francesco Conconi. L'-effetto Moser» è stato per lo sport italiano, fatte tutte rispettose proporzioni, come V'effetto Doziért'per la credibilità generale del nostro Paese. E alla""scuola di Formia Carlo Vittori, creatore di Mennea e di tutto uno sprint italiano inferiore soltanto a quello statunitense, anzi a quello nero statunitense, dice: «In qualsiasi momento, chiunque può venire a Formia o nel nostri stadi durante le gare, prelevare sangue e urine al nostri ragazzi e controllare se 11 trattiamo chimicamente in maniera Irregolare». Accusati di fornicare con il doping, da Dorando Pietri sino al ciclismo dell'era copplana, ci sttamo prendendo delle belle rivincite non solo morali. E I nostri atleti dopo avere vinto una medaglia olimpica fanno tranquillamente pipi. g. p. o. Carraro alla partenza per lx>s Angeles

Persone citate: Carlo Vittori, Carraro, Dorando Pietri, Francesco Conconi, Moser

Luoghi citati: Ferrara, Formia, Germania, Italia, Los Angeles, Sarajevo