Se ti spogli in riva al mare

Se ti spogli in riva al mare IN UN LIBRO INGLESE UN SECOLO DI STORIA DEI COSTUMI DA BAGNO FEMMINILI Se ti spogli in riva al mare , TL costume da bagno è fi\\ I nito, appartiene ormai alla storia degli usi sociali e dell'eleganza femminile: un indumento del passato, come la corazza dei guerrieri, la crinolina delle ave o la camicia da notte per uomo. Quella unione mistica tra la donna e il mare personificata dalla Sirena, fantasia perenne che ha stregato gli uomini attraverso i secoli nella mitologia, nell'arte, nella letteratura, torna oggi a essere nuda. Come all'origine». Ci sono magari modi meno pomposi per dirlo, ma così l'autore inglese Michael Colmer può nobilitare il suo libro Batbing Beautics (Bellezze al bagno), c dare un senso persino culruralc alla sua storia dei costumi da bagno femminili, ovviamente molto illustrata, pubblicata dalla Sphere Books. Se il costume non c'è più, se dtfvcro molte donne hanno deciso di farne senza, se questo è almeno il trend contemporaneo, il libro può ripercorrerne la vicenda dall'inizio del secolo con scrupolo storico e nostalgia indulgente, con appropriata levità ma anche con l'enfasi di una epopea, di una lotta di liberazione. Ricorda quindi le grandi battaglie di Decenza e Indecenza che hanno accompagnato ogni evoluzione del costume da bagno: le condanne dei moralisti, le arringhe dei libertini o libertari, gli scandali giornalistici, gli interventi ecclesiastici, il furore degli uomini, la segreta, testarda, sempre vincente volontà delle donne. Celebra eroine ed eroi. Annette Kellerman, l'animosa nuotatrice australiana che per prima si esibì nel 1906 davanti al pubblico americano con un semplice aderente costume da bagno intero che lasciava nude le gambe, e che per ciò venne punita: subito, con l'arresto; in seguito, con un film ricvocativo della M.G.M. interpretato da Esther Williams. Jacques Hcim, il creatore francese di moda che per primo legittimò nel 1948 il costume da bagno in due pezzi di cotone, dandogli con la sua firma il segno dell'eleganza e liberandolo da molte costrittive sottostrutture. Brigitte Bardot, la prima ragazza ultrafamos.i di cui l'indiscrezione dei fotografi rivelò nei Cinquanta ai lettori di rotocalchi di tutto il mondo 1' abitudine presto imitata di fare il bagno in mare c prendere il sole a torso nudo. Rudi Gcrnrcich, il disegnatore di moda austro-americano che nel 1964 condusse la crociata pto-top/ess (proclamava: «E' un simbolo di libertà, un riflesso di tutto il grande movimento innovativo di questi Anni Sessanta, la materializzazione di un modo nuovo, non vergognoso ma orgoglioso, di pensare al proprio corpo»), e che fu poi anche il primo creatore del tanga. Si porta anche meno del tanga (un cache-sex, e dietro appena una cordellina che scompare tra le natiche) sulle spiagge 1984: non c'è evolu¬ zione che sia più lineare, più coerente e unidirezionale di quella del costume da bagno femminile. Dall'inizio del secolo in poi, l'inarrestabile tendenza è sempre stata a ridurre e togliere, a sminuire e levare: mentre cambiava anche l'atteggiamento delle donne, e al dovere magari non assolto di essere belle e desiderabili si sostituiva lentamente il diritto magari abusato di essere come si è, se stesse. Dall'inizio del secolo, i modelli-base sono stati pochissimi: costume intero, costume in due pezzi, costume topless e niente costume, o quasi. Si capisce che, nelle scelte individuali, ciascuno dei modelli-base ha seguitato a convivere con gli altri; si capisce che ognuno abbia avuto le infinite sfumature e varianti che Bathing Beautics elenca e illustra con filologica minuzia. Il costume intero con gonnellino o senza gonnellino, aderente alle cosce o scosciato; quello di lana molle c senza reggiseno delle bagnanti di Mack Senne» e degli Anni Venti, quello duramente imbustato e lucente di Betty Grable o Jane Mansfield; quello molto scollato e con incrostazioni di pizzo, quello con la schiena nuda; quelli costruiti, scolpiti e lambiccati di Marilyn Monroe, celanti all'interno modellatori e reggiscni crudeli; quelli disegnati come un vestito, con bottoniere e tasconi e volants, con la parte inferiore a puerile calzoncino sbuffante, di cotone increspato ed elasticizzato, con spalline e senza spalline, con incongrue aperture qua c là. Il costume in due pezzi con reggiseno armato e braghe che arrivavano sino alla cintura, lasciando scoperta soltanto una breve striscia di pelle dell'addome; quello che denudava l'ombelico, quello che riduceva la stoffa sui fianchi, quello che alla stoffa sostituiva una semplice stringa, mentre il reggiseno si rimpiccioliva fino a scomparire; quelli lavorati all'uncinetto, quelli fabbricati con le fatali rondelle di plastica di Paco Rabannc, quelli falso-innocenti di bianco pizzo di San Gallo, quelli aggressivi stampati a pelle di leopardo, quelli presuntuosi d'oro o d'argento, quelli allegri di cotone hawaiiano, quelli sbandierati a stelle e strisce americane. Cosi semplice, cosi coerente al mutare delle società c dei costumi, cosi recente e insieme cosi remota, la storia del costume da bagno femminile sarebbe relativamente appassionante: ma Michael Colmer la racconta in Bathing Beautics anche nell'ottica inedita dei materiali impiegati nella confezione, come una saga merceologica e industriale. Marche quali Janrzcn sono state leggendarie, veri sinonimi del costume da bagno. La storia imprenditoriale di un'altra marca-simbolo, l'americana Cole of California, è esemplare di molti analoghi itinerari nel settore. Fred Cole, presidente della West Coast Manchester Knitting Mills, produttrice di biancheria, inizia nel 1927 la fabbricazione di costumi da bagno; intuisce che le donne vogliono abbronzarsi la schiena e fa disegnare i costumi più ridotti sul dorso, immagina che le donne possano amare colori più brillanti e li adotta; si associa a Margit Fcllegi, c insieme introducono il Matletcx, un procedimento per mescolare cotone e filo clastico, destinato a mutare i modelli e a semplificare la produzione in serie; dalla produzione di paracadute, cui la fabbrica era stata riciclata per le esigenze belliche della seconda guerra mondiale, Cole e Fcllegi derivano l'idea di usare certi tipi di tessuto clastico bianco nei loro costumi, massimo successo dell'epoca, i soli indossati per contratto da Ester Williams in tutti i suoi film, gli unici disegnati per un certo tempo da Christian Dior. L'evoluzione dei tessuti risulta anche più decisiva delle personalità industriali. All'inizio del secolo, il tessuto prediletto per i costumi da bagno (composti da cuffia, larghi pantaloni lunghi sino alla caviglia, ampie casacche con cin tura e maniche corte) era i serge, o anche il cotone; segui la lana; soltanto nel 1927 altri colori vennero a variare i regolamentari blu e nero; soltanto intorno al 1929 l'uso del taffetà e del satin consenti d dare alle forme del corpo delle donne quelle sottolineature sessuali sino allora bandite dai costumi da bagno. Nei Trenta si comincia ad adoperare il Lastex, una fibra gommata; nei Quaranta inizia l'era del nylon. Una data capitale pare sia il i 28 ottobre 1959, quando Du Pont americana presenta una nuova fibra clastica sintetica elaborata dai suoi ricercatori c chiamata «Fibra K»: più resistente e duratura del solito elastico, molto più leggera, dotata di un «potere di contenimento» del corpo tre volte più forte, ben intrccciabilc al cotone, alla lana o al nylon, nota poi con il nome di Lycra, «era esattamente ciò che i fabbricanti di costumi da bagno andavano cercando». Altro anno fatale, pare, il 1972. Alle sanguinose Olimpiadi di Monaco, le nuotatrici della Germania Orientale portano costumi da bagno mai visti: sembrano una seconda lievissima pelle, sono fatti di un cotone molto leggero che diventa trasparente quando si bagna, offrono all'acqua un attrito minimo e contribuiscono sensibilmente alle molte vittorie della squadra. In seguito verranno realizzati in un misto I.ycra/nylon assai aderente, non più trasparente: è il body, che si trasforma presto in un indumento di massa. Body in inglese vuol dire corpo. Dalla nudità mistificata alla vera nudità, dal costume da bagno al non-costume la strada non è lunga, ed è quella che le donne vanno pereoi rendo. Sembra già di ascoltare una favola antica, leggendo in Bathing Beautics il vecchio aneddoto: dunque, 38 anni fa, durante una sfilata di moda alla piscina Molitor di Parigi, una indossatrice innervositi, Micheline Bernardino, pioscntò un costume da bagno in due pezzi; il costume era molto piccolo, lei era molto bella, gli spettatori rimasero senz? fiato; era quel luglio 1916 dell'esplosione della prima bomba atomica amcncana su un atollo del Pacifico chiamato Bikini, la gente aveva paura di una possibile fine del mondo; cosi quel costume da bagno venne ribattezzato bikini per vitale escapismo, per contraddizione ironico-enfatica. Per una forma di csorci:mo che adesso, con tutto il nucleare, sarebbe impossibile ripetere. Lietta Tornabuonl Alcune immagini traile dal libro «Bathing Bèàuties», Hclle/v.c al bagno: dal costume intero di Marilyn Monroe al bikini nato trentotto anni fa, al tanga (foto in basso) di moda oggi sulle spiagge. Nel sommario, la celebre pubblicità di un abbronzante

Luoghi citati: Germania Orientale, Manchester, Marche, Parigi