Quei libri scritti con la cinepresa di Gianni Rondolino

Quei libri scritti con la cinepresa «HIROSHIMA MON AMOUR» COMPIE VENTICINQUE ANNI Quei libri scritti con la cinepresa Sono trascorsi venticinque anni da quel lontano Festival cinematografico di Cannes in cui la Palma d'oro venne attribuita a Orfeo Negro di Marcel Camus, il premio per la miglior regia ai Quattrocento colpi di Francois Truffaut, e un film come Hiroshima, mon amour di Alain Resnais esaltò una parte della critica e scandalizzò e sconcertò 11 pubblico di tutto 11 mondo. Venticinque anni che paiono un tempo lunghissimo pensando a tutto ciò che, anche nel campo del cinema, accadde dopo; ma che Invece possono essere considerati un periodo molto breve, se si medita sull'attualità e la modernità delle proposte di quel film. Era nata allora la Nouvelle Vague cinematografica francese, una «nuova ondata» di registi, sceneggiatori, attori, tecnici e musicisti, produttori e critici, che si proponevano di sconvolgere le leggi ferree del cinema commerciale, le abitudini e le convenzioni dello spettacolo filmico, 1 modi e le forme della narrativa cinematografica. Una sorta di rivoluzione all' insegna dell'autobiografia e della sperimentazione, della memoria storica e dell'attualità affabulata. Come se quo stl autori e attori volessero usare 11 cinema come uno specchio In cui riflettersi, e lo schermo cinematografico come una pagina bianca su cui scrivere 1 propri pensieri e 1 propri segni, la propria esperienza passata e il proprio fu turo. Se Truffaut richiamava al¬ la memoria la propria infanzia travagliata in un film esemplare come I ouaftrocento colpi, il risultato non era né doveva essere la semplice rappresentazione della vita quotidiana d'un ragazzo irrequieto, ma la visualizzazione d'un ricordo, 11 «diario, visivo», in prima persona, ci' una esperienza esistenziale. E se Resnals mescolava il passato e 11 presente in Hiroshima, mon amour, lungo 1' esile traccia d'una storia d' amore tra una francese e un giapponese, lo scopo non era quello di mostrarci un conflitto psicologico o morale, di «mettere in scena» una vicenda sentimentale dal risvolti politici, ma quello, piuttosto, di introdurci, attraverso una fitta rete di immagini Illuminanti e spesso conturbanti, nelle pieghe di un dramma Ìntimo, nel modi propri d'un grande poema erotico. Cinema come scrittura, quindi, immagini come parole. Su questa linea innovativa si erano mossi altri, prima di Truffaut e di Resnals, dallo stesso Astruc a Claude Chabrol, da Oeorges Franju ad Agnès Varda a Louis Malie, sia pure In direzioni differenti. E negli anni Immediatamente seguenti si muoveranno altri ancora, da Eric Rohmer a Jean-Luc Godard, da Jacques Rlvette a Jacques Rozier. A distanza di venticinque anni, in un momento in cui, da un lato si commemora la Nouvetlc Vague con iniziative in Francia, in Spagna, in Italia e altrove, e dall'altro quei registi, sceneggiatori e attori continuano a produrre film di grande valore e significato (si vedano gli ultimi Resnals, Truffaut, Godard, Rivette Rohmer ecc.), non si può che constatare che il progetto rivoluzionarlo contenuto in quel lontani film, scritti, manifesti, ha avuto uno sviluppo straordinario ed ha realmente mutato 11 modo di fare e consumare cinema. Non si tratta soltanto della proposta d'un nuovo l'uguag¬ glo, della rappresentazione di ambienti e personaggi Inconsueti, più aderenti al modo di sentire e di pensare delle nuove generazioni, della scommessa vincente d'un cinema sostanzialmente povero e quasi artigianale. 61 tratta anche e soprattutto d'un diverso rapporto tra film e pubblico, quasi d'una integrazione fra Intelligenza e passione, sensibilità e razionalitàCerto la Nouvelle Vague ha proposto un nuovo divismo, da Jean-Paul Belmondo a Brigitte Bardot, da JeanPierre Léaud ad Anna Karina a Jeanne Moreau; ha puntato .gran parte del suo fascino su storie di giovani anarchici, in conflitto con la società, Uberi di vivere la propria vita (Vivre sa vie è un titolo famoso d'un film di Godard); ha tracciato, di questi giovani e del loro ambiente, quasi sempre la Parigi del caffè, di Boul'Mlch e della Porte Saint-Denis, un ritratto genuino, autentico, che sembra «vero». Ma 11 suo valore, profondamente innovatore e rivoluzionàrio, sta in primo luogo nella dissoluzione delle vecchie strutture narrative, nell'aver dato all' immagine filmica una connotazione diversa dalla semplice funzione riproduttiva. Per questi giovani 6 Importante, al tempo stesso, parlare in prima persona e usare 11 cinema come un linguaggio «altro» dalla realtà fenomenica. Rapprese ri tare se stessi e 1 propri problemi esistenziali, ma anche mostrare 11 carattere autonomo del film rispetto al reale. Per usare una sintetica espressione di Godard, «il cinema è il cinema*, nel senso che immagini e parole, movimenti e suoni fanno parte d'un universo formale compiuto, che non può essere condizionato, o addirittura sottomesso alla realtà esterna. E' evidente che una inquadratura o una sequenza ci mostrano ciò che accade davanti alla macchina da presa, e In questo senso esse non possono che essere «riproduttive»; ma è altrettanto evidente — almeno ora, dopo la lezione che ci ha lasciato proprio la Nouvelle Vague — che la realtà è un'altra cosa, e che la vera realtà d'un film va cercata al suo interno. Non quindi un'Immagine fotografica come copia del vero, ma un'immagine semovente come produttrice d'una nuova realtà, con cui bisogna fare 1 conti. In questo senso, d'un cinema inteso come affascinante linguaggio autonomo, appunto come «scrittura», i film di Godard e di Resnals, di Rlvette e di Rohmer — per citare 1 grandi registi d'allora che continuano ad essere 1 grandi registi di oggi —, sono 1 modelli d'una concezione dello spettacolo schermlco che, a ben guardare, ne rifiuta addirittura i fondamenti tradizionali. Non più spettacolo, ma lettura; non più messinscena ma creazione autonoma. In altre parole, un film come un libro, lo schermo come una pagina, lo spettatore come 11 lettore. Gianni Rondolino

Luoghi citati: Agnès, Cannes, Francia, Hiroshima, Italia, Parigi, Saint-denis, Spagna