La storia è un trucco dell'evoluzione? di Luciano Gallino

Le tesi di due studiosi sul darwinismo e i miti dell'umanità Le tesi di due studiosi sul darwinismo e i miti dell'umanità La storia è un trucco dell'evoluzione? NON è impresa da poco, confutare la teoria darwiniana dell'evoluzione, infliggere nuove ferite al mito del progresso, denunciare linconsistenza dell'idea di cambiamento sociale, e riscoprire la scuola geografl-\ ca del pensiero sociologico: il tutto in una sola volta, e in duecento pagine scarse. Scena prima. Darwin si aggira pensoso nel suo studio, cercando un'idea che gli permetta di concludere in maniera plausibile il suo libro su L'o-, rlgine delle specie. E' preoccupato, perché fino a quel momento dei processi evolutivi da cui hanno origine le specie non ha ancor trovato modo di parlare. Alla fine gli balena la soluzione: le specie, corre a scrivere, sono entità effimere, formate in realta da popolazioni di organismi nessuno dei quali è uguale all'altro, al punto elle se si potesse osservarli in una sequenza ordinata sarebbe impossibile dire quale appartiene ancora alla specie A, e quale rientra già nella specie B. Dunque non serve discutere sulle origini di entità tanto indeterminate. Scena seconda, circa un secolo dopo. Un folto gruppo di antropologi, tra i quali è riconoscibile l'intera famiglia Leakep per i caratteristici shorts all'inglese, discute animatamente sul senso da dare a poche dozzine di fossili che rappresentano tutto quel die rimane dei nostri più antichi antenati. Il gruppo è diviso in due parti. Alcuni sostengono che tuttii fossili disponibili si collocano su una linea unica, la quale congiunge senza soluzioni di continuità gli ominoidei di 20 milioni di anni fa ai più recenti esemplari di CI sono mille modi per realizzare se stessi,' ma quello scelto da Robyn Davidson è sicuramente fra i più inconsueti. Australiana, giovane, bella,: coltissima, quasi, Meco, ■ avrebbe tutte le possibilità di diventare una first lady in club esclusivi di grandi città; invece tralascia gli studi universttari e va a sistemarsi.ad Alice Sprlng. una sorta di baraccamento pionieristico da ultima frontiera con lintenzione' di attraversare il deserto australiano da quel punto quasi centrale della grande isola per arrivare a Carnavon, oppure ad Adelaide, sull 'Oceano Indiano. La sola probabilità di uscire viva da quell'impresa è di possedere dei cammelli, e Robyn Davidson non ha denari per comperarne; ha tagliato i ponti con la famiglia, gli amici, il mondo cosiddetto civile conservando sei dollari; per sopravvivere lavora. E' sguattera in un pub fre-quentato da ubriaconi, poi stalllera da un palo di allevatori di cammelli, cameriera in un motel; è la sua marcia di aut>icfnameniO| alla grande avventura. Testarda più die ostinata, non cede dinanzi alle difficoltà, finché riesce ad ottenere tre cammelli, fra t quali una femmina gravida che le regalerà un puledrlno. Allorché parte per il viaggio, che durerà otto mesi, Robyn Davidson ha già imparato a vivere in perfetta solitudine, i suol soli legami affettivi, spesso arricchiti da discorsi, sono quelli che intrattiene con Studi di Barilli Homo Sapiens Sapiens. Altri ribattono die gli stessi fossili dimostrano che per milioni di anni esistettero fianco a fianco, e forse si combatterono, due se non tre specie di ominidi o di protouomini. Sullo sfondo, un paleontologo e1 un antropologo, nel quali ci pare di ravvisare gli autori dell'opera, manifestano con vigorosi gesti la loro disapprovazione nei confronti degli uni e degli altri. Scena terza, circa cinquantanni prima della precedente. Uno storico austero intrattiene un giovane dlsce-' polo sulla vanità dello studio della storia, considerato che — al pari delle specie animali — le società umane mostrano lunghissimi periodi di stabilità,' durante i quali, tranne qualche guer¬ ra, lo spodestamento di classi governanti da parte di altre, e la moltiplicazione o lo sminuzzamento del territorio, non succede assolutamente nulla. Per di più, se qualcosa succede, esso riproduce eventi e situazioni già viste mille volte In passato. L'incaponirsi di storici e sociologi nel sostenere che le società cambiano, e s]jcsso cambiano In meglio, ha un che di ossessivo, afferma ti maestro. ' Non è esattamente questa la trama' del libro di Eldredge e Tattersall, ma personaggi e situazioni ricordano da l'ietno le scene descritte. Paleontologo ti primo, antropologo il secondo, ambedue direttori di importanti sezioni dcll'Amcrican Museum of Naturai Hi-' Una ragazza in Australia, diario di un'avventura Illuslrazione story, essi sono autorevoli assertori della teoria dell'evoluzione che si fonda sullidea degli 'equilibri discontinui» o 'punteggiati». Darwin scorgeva nell'evoluzione un processo graduale, un lento succedersi di popolazioni d'organismi poco diversi gli uni dagli altri, sotto la pressione dell'ambiente che, trasformandosi esso stesso con inesorabile lentezza, le costringe per I cosi dire a rincorrerlo con adattamenti progressivi. Per contro la teoria degli equilibri discontinui, il cui esponente più noto è forse S. J. Oould, considera l'evoluzione come una successione di rotture, una sequenza di periodi di molti miliont di anni nei quali una specie non cambia quasi per nulla; inframmezzati però da periodi brevissi¬ ché abbia sfumature diverse, non è meno feroce di quello sudafricano; anzi, è forse più Ipocrita e disumano. Ed è con questi esseri che l'autrice ha i rapporti più schietti e puliti: l'accolgo-, no con gentilezza Indicandole le scorciatoie per le sorgenti, sempre scarse, e i pochi pascoli per i cammelli che le creano Infiniti problemi. Ha con sé l'affettuo-, isa canina, con la quale, conversa come fosse una persona; ma anche questa', compagnia le viene meno: Diggy. la cagna, muore avvelenata dal bocconi alla •Stricnina. Non soltanto per i cinofili, queste sono le pagine più tese e drammatiche di tutto II libro. Poi »la signora dei cammelli; scoperta da paparazzi e giornalisti, deve sot-, tostare per un giorno alla loro pesante curiosità, pedaggio per poter proseguire poi il viaggio fino all'Oceano in solitudine. E alla fine arriva a vedere le onde dell'Oceano Indiano, a immer-, gere il suo corpo arso dal sole, secco come un biscotto, i capelli irti per lo sterco, nelle acque ristoratrici, lasciando die anche i cammelli si rotolino sulla sabbia. Poi c'è ti ritorno alla 'Civiltà», e la prima sera, nel club die le ha riservato accoglienze trionfali, vomita. E' un mondo in cui non c'è più posto per lei. Pubblicato nella pregevole collana 'L'ornitorinco' diretta con scelte sicure da Ippolito Ptzzetti, questo volume dal singolare titolo 'Tracce* è un'affascinante rivelazione; non è soltanto il libro di un'avventura, ma è anche studio etnologico, geologico, botanico, faunistico che coinvolge con una trama più avvincente di un romanzo. Francesco Rosso Robyn Davidson, «Tracce», trad. di Benedetta Bini, Rizzoli, 246 pagine, 22.000 lire. di Escher NEL «boom., delle biografie, che non aveva trascurato lo stesso Metternich, questo libro di Franz Herre sulla vita e le opere del grande diplomatico dell'Austria asburgica, che agi anche a tratti come un autentico «primo ministro d'Europa», merita un posto e un rilievo particolari. Lo dico subito perché non si pensi all'..ennesima- biografia: è invece un saggio accorto ed equilibrato sull'età di Metternich, complessa quanto può esserlo una grande stagione della diplomazia, In un mondo insieme ristretto ed esclusivo come l'Europa di quasi due secoli fa; ed è contemporaneamente un racconto suggestivo e suadente, la storia di un uomo straordinario e del suo mondo perduto. Ci si può chiedere intanto 11 perché di questa nostalgia (sia pure inevitabilmente critica) dell'Austria imperlale, e del suol protagonisti, che è un singolare fenomeno culturale e psicologico, specie per gli italiani, che, per intere generazioni, sono stati educati a vederla come il nemico storico del Risorgimento e dell'unità. Le ragioni, probabilmente, sono molte, e valide per tutti. C'è 11 ricordo di un impero multinazionale che era efficiente al suo interno e anche, a suo modo ed entro certi limiti, tollerante. C'è la crisi delle ideologie, diciamo cosi, post-imperiali, In fondo ottocentesche anch'esse. C'è, dopo due guerre mondiali c 11 conseguente e ancora insuperato disordine, la curiosità, quanto meno, di com'era e come funzionava il vecchio «ordine». Per Metternich, In particolare, c'è qualcosa di più. C'è la rivalutazione, storica e in una certa misura anche politica, eli quello che fu il suo principio-guida nel •governo dell'Europa»: il principio, o la logica, dell'equilibrio. Si sa che Kissinger, cumulando le qualità e i ruoli dello storico e del politico, è stato un po' l'alfiere, ai nostri giorni, di tale rivalutazione. Come Metternich rispetto alla Francia napoleonica, Kissinger si pose, rispetto alla Russia comunista, il problema di un «sistema» internazionale che, scoraggiando gli squilibri di potenza, finisse per coinvolgere tutti nel rispetto di certe regole di base. Una rete di sicurezza, non più europea, ma mondiale, capace di garantire la pace sulla scorta d'interessi oggettivamente convergenti e non di un astratto (nella storia umana) orrore della guerra. Herre cita appena Kissinger, e per la «rivalutazione» di Metternich trova fonti più aniiclie. dallo storico francese di fine mi nei quali, in forza del rimescolamento del patrimonio genetico di un piccolo numero di individui, e del loro raptdo isolamento geografico, nasce velocemente una specie nuova, con tratti affatto differenti dalla specie madre. La teoria degli equilibri discontinui ha molte frecce al proprio arco, in quanto riesce a collcgarc in un edificio armonioso molte obiezioni al danoini-. smo formulate nel corso d'un secolo, alle quali il neodarwinismo non ha mal saputo dare risposte convincenti, con la presenza d'un insieme di reperti fossili ormai vastissimo, tanto che la carenza di forme intermedie non può più venire imputata, come faceva Darwin, alla scarsità dei ritrovamenti. ■ Tuttavia contrapporre frontalmente tale teoria alla teoria darwiniana, come se soltanto una delle due avesse diritto all'esistenza, sembra una strategia di ricerca più dogmatica che efficace. L'evoluzione delle specie è un processo immensamente complesso, per comprendere il quale sono probabilmente necessari diversi tipi e livelli di teoria. Questo è certo vero per quanto riguarda l'evoluzione del comportamento umano, la cui struttura d'insieme si può benissimo esser formata in un periodo molto breve, ma resta pressodié incomprensibile se non si postula che esso ha continuato a trasformarsi nel corso di milioni di anni, in una sottile e intricata interazione con l'ambien te fisico e con la cultura. Ancor più arrischiato si presenta il tentativo di leggere pure la storia umana come un processo analogo al¬ Dimissio La biografia scritta da l'evoluzione organica, secondo che propongono i nostri due autori, recuperando uno storico datato come Teggart. Stasi lunghe millenni, In cui le strutture sociali e culturali si riprodurrebbero in forme sempre eguali, sarebbero seguite da brevi stadi di innovazione prodotte dall'improvviso venire a contatto di culture estranee: senza che vi sia, in sostanza, nessun progresso. A parte la riscoperta del determinismo geografico, una scuola sociologica dell'Ottocento da tempo consegnata' ad un giusto oblio, l'affermazione che il movimento storico è un'illusione, interrotta di rado soltanto da colltslont casuali tra popoli territorialmente separati, sembra trascurare il fatto che sebbene ad un naturalista extra-galattico le vicende umane possano apparire, pur a distanza di millenni, sempre le medesime, come le volute di formiche indaffarate su un formicaio, per i soggetti che le vivono esse sono importanti, uniche e sempre diverse. Non foss'altro perché di generazione in generazione si trasformano la loro posizione nella società, i rapporti con il prossimo, il contenuto delle loro menti, il linguaggio con cui interpretano la loro esperienza, le tracce del passato. Di tutto ciò è fatta non la soggettività, ma la dura materia della storia. Non meno dura dei fossili dei paleontologi. Luciano Gallino N. Eldredge e I. Tattersall, «I miti dell'evoluzione umana», Boringhleri, 205 pagine, 20.000 lire. ni di Mettermeli (da un disegno dell'epoca) Herre

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