In Normandia tanti giorni furono i più lunghi

In Normandia tanti giorni furono i più lunghi In Normandia tanti giorni furono i più lunghi contingente senza rimpiazzi, l'ultimo esercito dell'Impero. Non c'erano riserve per le perdite, dal principio di giugno del 1944 in poi il numero dei mobilitati poteva soltanto diminuire, non più aumentare, dopo cinque anni di guerra. Overlord è uno shock soprattutto perché ristabilisce una dimensione in qualche modo inattesa su uno dei personaggi più discussi, ma anche più ammirati fra i grandi generali della seconda guerra mondiale: Montgomery. Il vincitore di El Alamein risulta in Normandia pienamente conscio della sensibilità del proprio Paese per le perdite di uomini e risponde con una condotta della guerra straordinariamente cauta davanti all'obbiettivo irrinunciabile di Caen. I tedeschi fanno a tempo a difendere la città per oltre un mese malgrado disti pochissimo dal mare. Questo fatto sconvolgerà il disegno strategico di tutta la campagna, consentendo agli americani manovre a largo raggio sulla destra del fronte, fino a far si che le colonne corazzate di Patton in due mesi convergano da Ovest su Parigi al posto di quelle di «Monty», come in origine era previsto. Ma in realtà una delle rivelazioni di Overlord è che gli alleati non avevano plani precisi oltre al perimetro della zona di sbarco. La puntata verso Sud attesa da Montgomery non potè avvenire e gli americani si trovarono quasi per caso ad avere via libera dalla strettoia delle spiagge di Utah e di Omaha, alla base della penisola di Contentin. 1 fatti die fanno più rabbrividire e che Hastings ricostruisce con precisione storica sono quelli riguardanti la valutasione del successo dello sbarco. I capi alleati assistettero da Londra alle prime ore della battaglia con un misto di terrore e di fatalismo dopo che «Ike» Eisenhower ebbe preso la decisione di dare la luce verde all'operazione. Risulta oggi che verso la fine della giornata di carneficina pochi avevano la sensazione precisa che lo sbarco era stato un successo anche se non aveva raggiunto il perimetro fissato dai piani. Giocarono fino alle ultime ore del D-Day le convinzioni per nulla unanimi del capi alleati. A cominciare da Churchill che voleva la guerra nei Balcani, per finire con il comandante dei bombardieri che era convinto di piegare la Germania spianandola dal cielo, sembra che soltanto gli americani òrmai-credesse.ro nel successa cLlun secondo fronte sitile rive della Manicarli veto prodigio fu quello dell'organizzazione e della larghessa di messi come non si era mai visto prima in un'impresa di guerra. La conclusione è che la vittoria fu degli anglo-americani, ma la gloria militare maggiore spetta all'esercito tedesco per «la straordinaria difesa che i suoi uomini condussero in Europa, nonostante tutto fosse contro di loro, malgrado avessero un capo demente». LA grande battaglia per la liberazione dell'Europa iniziata il 6 giugno del 1944 ha avuto memorabili celebrazioni, ma l'ultimo libro sullo sbarco in Normandia, appena uscito, è stato definito sul New York Times da Drew Middleton «uno shock». Scritto da un giornalista con la pazienza e la serietà dello storico, Max Hastings, un inglese di 38 anni già famoso nel suo Paese per un volume sulla guerra delle Falklands, Overlord (D-Day and the Battle for Normandy) è stato pubblicato contemporaneamente in Inghilterra e negli Stati Uniti da Simon & Schuster (pagine 368, dollari 17,95). Non ha niente a che fare con il celebre libro di Cornellus Ryan II giorno più lungo. E' un libro di storia e di testimonianze dal quale la battaglia di Normandia risulta con una dimensione non meno epica, ma certamente più realisticamente vicina a ciò che dovette essere. Il procedimento di Hastings è di raccogliere testimonianze su tutti i fronti della battaglia: dai protagonisti che si sparavano addosso e dalle relazioni ufficiali, dalla popolazione civile e dai documenti inediti rimasti finora sepolti negli archivi. Il tema centrale della sua ricerca fini¬ sce per essere questo: «L'ineluttabile realta della battaglia di Normandia fu che ogni volta che le truppe alleate si scontrarono con 1 tedeschi In condizioni che si possano definire di parità, i tedeschi quasi sempre prevalsero». Per Hastings è quasi ossessiva la constatandone die «gli alleati In Normandia affrontarono la migliore macchina militare della guerra, una delle migliori che si siano mai viste al mondo», indipendentemente dal fatto che l'esercito tedesco fosse espressione di «uno dei più iniqui regimi di tutti i tempi». Uno degli aspetti pochissimo registrati finora dagli storici è stata la scarsissima * esperienza di combattimento die avevano gli americani sbarcando in Francia. Pochi reparti fra quelli impiegati nello sbarco e nelle fasi successive della lotta avevano avuto il battesimo di azioni di guerra guerreggiata in Africa settentrionale e in Sicilia. A Kasserine, in Tunisia, già l'esercito di Eisenliower aveva dovuto registrare una dura lezione dai «panzer» tedeschi. A ciò si aggiunse la vistosa cautela degli inglesi, ben consci che le truppe con le quali sbarcavano in Francia erano un Franco Pierini getti per il cinema tre occasioni tenta decisamente la scommessa («L'uomo di Nazareth» scritto nel '70 per Zefflrelll). Ci sono anche i soggetti su misura, per gli anni e per l'interprete, come «L'attrice» scritto nel '66 per Sandra Milo, pensando alla regia dell'esule Milos Forman: una ragazza in America, un Oscar non preso, un successo non raggiunto, un'Europa di malinconia alle spalle. E ci sono le grandi reinvenzioni, ' come il «Casanova» preso dal romanzo di Schnitzler, dopo una richiesta di Cukor nel '68 («Che cosa vuole allora? Forse, vuole inseguire la sua stessa giovinezza, ritrovarla negli occhi di altre donne giovani, di altre ragazze, non fermarsi ancora in quell'albergo»/ Ma lunghi oppure rapidi, dettagliati o stesi in fretta i raccontl-non-racconti di Flaiano, i soggetti di film mai fatti corrono sulle pagine sospinti da un'amarezza vigile, dalla malinconia brillante di chi inventa senza garanzie, per divertirsi, per dimenticare, per resistere.