Catturate fra Dolcino e i suoi perfidi seguaci

Torna la vicenda dell'eretico medievale da alcuni considerato un simbolo libertario Torna la vicenda dell'eretico medievale da alcuni considerato un simbolo libertario Catturate fra Dolcino e i suoi perfidi seguaci L9 ERETICO fra Dolcinò si stampa nella nostra memoria attraverso due citazioni, di Dante Alighieri nella Divina Commedia e di Umberto Eco ne II nome della rosa. Nel ventottesimo canto dell'Jn/emo il dannato Maometto prega il pellegrino vivo: «Or di a fra Dolcin dunque che s'armi, / tu che forse vedrà' il sole in breve, l s'ello non vuol qui tosto seguitarmi, / sidi vivande, che stretta di neve / non rechi la vittoria al Noarese, i ch'altrimenti acquistar non saria leve» ; e le note a pie di pagina accrescono, se non la suggestione del versi, la curiosità dei lettori. Nel Terzo Giorno, dopo Compieta, de II nome della rosa, 11 vecchio Ubertino racconta al giovane Adso da uno scranno della chiesa del convento le vicende dell'eresiarca e della sua eresia, mostrandone e temperandone il fascino, subito anche in ambienti ecclesiastici. Un volume pubblicato ora dalla Europla-Jaca Book («fra Dolcino. Nascita, vita e morte di un'eresia medievale., 247 pagine, 18.000 lire) consente di andare a fondo in questa storia e di rievocarla fermamente sui dati. Curato da Raniero Orioli, un esperto di studi ereticali, 11 volume contiene,. dopo 'un'esauriente introduzione, le testimonianze e quel testi coevi in cui è racchiusa la mirabolante avventura di Dolcino, o che fanno ad essa contorno, definendone 1 protagonisti e le comparse, arricchendola di particolari e inquadrandola in quella che Eco chiama «il gran fiume ereticale» che scorre fra Due e Trecento nell'Italia centro-settentrionale e a cavallo delle Alpi tra Italia e Francia. Occorre infatti risalire a quel movimenti riformatori e insofferenze antlcuriali, antlslmoniache e antidogmatiche —erano 1 tempi, per intenderci, del Bonifaci Ottavi, e di Catari, Valdesi, Alblgesl —; e prendere le mosse, più da vicino e In particolare da un balordo parmigiano, Ohlrardino Segalello, ritratto nella Cronaca di Salimbene come «di famiglia di basso rango, illetterato e laico, idiota e stolto», che a fine Duecento cominciò a menare e a predicare vita randagia e comunitaria, spontanea e povera, in verità anche un po' stravagante e furbesca, se è vero quanto racconta 11 Salimbene, per esemplo che questo Ohlrardino si fe' ospitare da una vedova, «una donnicciola che aveva una figlia nubile e procace, e la convinse che il Signore gli aveva rivelato che doveva CARLO Mascareta amava, secondo le abitudini di quegli anni (una moda, più che un vezzo di poligrafo) firmare i suol pezzi con lo pseudonimo (quasi un anagramma) di Americo Scarlatti. La sua rubrica sul quindicinale romano Minerva, 'Rivista delle Riviste., fitta di notizie curiose, insolite, addirittura strane, a volte assai audaci, era seguita con grande interesse, sin dall'inizio della pubblicazione (1891). Et ab hlc et ab hoc (titolo un po' maccheronico, traducibile con •£ da questo e da quello.) ebbe la fortuna meritata di solito da questo genere di rubriche. Quella fortuna, incontrata presso i lettori di Minerva, suggerì allo Scarlatti di riunire le sue note e naterelle in volume. Con il consenso del biellese Federico Garlanda, direttore della -Rivista delle Riviste., nel 1900 uscì una prima raccolta deoli Et ab hlc et ab hoc, stampato dalla Società Editrice Laziale, poi rilevata dalla Utet di Torino, la quale non solo ripubblicò il libro. dormire quella notte nel letto con la ragazza, onde verificare se fosse in grado di mantenersi casto» : con quel che inevitabilmente segui. SI può cosi spiegare che l'Ignorante ma bravo Ohlrardino Segalello ebbe un suo successo e adunasse una setta, detta degli «apostolici» quali autentici continuatori della vita evangelica: finché nel luglio del 1300 venne spedito sul rogo quale «reo di molte eresie ed enormi delitti», senza che per questo 1 suol seguaci si disperdessero del tutto. A raccogliere la sua eredità fu uno fra loro, che lo seguiva ormai da una decina d'anni e che aveva egli pure alle spalle una storia strana, se crediamo anche qui ai due testi fondamentali che lo riguardano: la Storia o leggenda dei misfatti e dei crimini perpetrati dal maledetto e pestilenziale eresiarca fra Dolcino con i suoi perfidi seguaci, redatta da un anonimo ecclesiastico subito dopo la sua morte; e un lungo brano del commento dantesco di Benvenuto da Imola, al luogo citato AeWInferno. Benvenuto fa 11 Dolcino nativo di Prato Sesia, educato da un prete a Vercelli, da cui fuggi dopo averlo derubato. Secondo l'autore della Storia era Invece originario di Ttontano in Val d'Ossola e figlio di un prete, Giulio. Eretici in catene vengono Le sorprese dell' Piccolo di statura ma simpatico d'aspetto e suadente oratore, Dolcino si era autonominato capo degli apostolici, pubblicando un manifesto del movimento, e li aveva guidati dall'Emilia sui monti del Trentino. Ad Arco e a Riva del Garda li si guardava con una certa benevolenza, 11 si chiamava semplicemente «1 frati». Poi, inspiegabilmente, forse per difficoltà Insorte, forse per tornare verso casa, Dolcino trasmigra attraverso le sicure prealpi lombarde verso le piemontesi, e all'inizio del 1304 compare coi suol adepti, un due o tremila, e con una splendida compagna «d'immensa bellezza e gran ricchezze», a Serravalle Sesia. Qui inizia la vera epopea o l'epico calvario di fra Dolcino e del dolclniani, leggibile tra le righe o nelle ammissioni del parziale Cronista. Bandita contro di loro dal vescovo di Vercelli e da bolle papali una vera e propria crociata, gli eretici risalgono la Val Sesia fino a Campertogno e di là sul Monte Calvo, ricco di forre e di gole. Depredano 1 villaggi, sloggiano gli abitanti; dopo un anno sono costretti a ritirarsi ancora, e ancora braccati, di notte, per inesplorate vie montane, approdano alla meta finale del Monte Rubello sopra Trivero. Erano ormai ridotti a un miglialo, condotti in prigione dagli scudieri antiquario Fra Dolcino in ma decisi a tutto. Privi di vettovaglie, si nutrivano di topi di campagna, di cani e cavalli e finalmente di se stessi, «persino in tempo di quaresima». Nel marzo del 1306 Iniziò l'offensiva del Vercellesi contro 1 dolclniani asserragliati fra le difese naturali, a cui avevano aggiunto gallerie e trincee mimetizzate. Furono accostate alle mura macchine belliche e stabilite speciali indulgenze a chi dava man forte agli assuntori. Pure, i ribelli estesero ad altre alture le loro sedi e continuarono a propagandare la fede predicata da Dolcino. Che diceva, secondo l'Anonimo, essere concesso impiccare 11 clero, e al clero abbandonare sedi e disciplina per abbracciare la miglior vita degli apostolici, senza aver papa né vescovi, con libera e personale e vera interpretazione delle Scritture. Passando alle profezie, Dolcino assicurava, sulle orme di Gioachino da Fiore, che Federico re d'Aragona e di Sicilia, nipote di Manfredi, sarebbe divenuto imperatore, avrebbe tolto di mezzo papa, prelati e monaci corrotti, ed eletto un nuovo papa santo, fra Dolcino in persona; dopo di che sarebbe giunto l'Anticristo e poi tutti si sarebbero convertiti alla vera fede di Dolcino papa e del suol. del papa (Miniatura del XIV sec.) letterarie; 2) B castello del sogni; 3) Corpuscoium inscrlptlonum; 4) Altre Iscrizioni eclettiche; 5) Iscrizioni di edifici; 6) Curiosità storiche; 7) Curiosità del commercio e della vita; 8) Mondo femminile ignoto; 9) Malattie del linguaggio; 10) Nomi, cognomi e soprannomi; 11) Curiosità bibliografiche; 12) Curiosità artistiche. Per quanto i titoli non siano ermetici, saremmo tentati di dire che sono piuttosto eloquenti, se non avessimo conoscenza diretta degli argomenti in essi trattati. Che sono incredibilmente numerosi, inconsueti e strani, e proprio tanti, che non sarebbe neanche pensabile, in questa sede, di darne l'elenco dettagliato. Citeremo, solo per notizia, la galante storia di un intimo indumento femminile, le .mutandine., raccontata con w.-banissimo piglio in Mondo femminile ignoto. £ anche, per rimanere in un più pertinente ambito letterario, le «verità» sconcertanti dellUteller Dumas padre, che firmò in proprio centinaia di opere non sue e, nel migliore dei casi, un disegno di Manuela Tarlao Su tutto doveva dominare l'amore per 11 prossimo, quindi ogni cosa doveva essere In comune, comprese le donne, «di cui si poteva usare a piacimento si che nessun connubio era peccato'. Perciò, scrive severo il Benvenuto, -egli ebbe seco molti giovani gagliardi tra i quali erano dei nobili e dei ricchi, perché là dov'era Dolcino c'era come un cantiere di voluttà.. Ma a nulla servi nemmeno questo, che il giovedì santo del 1307, al termine di una sanguinosa battaglia, «l'eresiarca fra Dolcino fu preso vivo sui monti di Trivero insieme con Margherita di Trento sua compagna e Longino di Bergamo. Tutti gli altri furono uccisi durante o dopo la battaglia, le loro capanne e le fortificazioni bruciate. D carcere del tre prigionieri durò tre mesi, dopo di che, giunta la sentenza del papa da Avignone, vennero consegnati al braccio secolare. La donna fu la prima ad essere bruciata in cima ad una colonna sotto gli occhi di Dolcino; poi 1 due uomini, caricati su una carretta e portati al luogo del supplizio, l'uno a Vercelli e l'altro a Biella, vennero dilaniati con tenaglie roventi e poi ancora portati in giro per le città a prolungamento della morte, esemplo ai malvagi e consolazione dei pil. Né Dolcino né. Longino né Margherita la Bella vollero nemmeno allora convertirsi cedendo a lusinghe o denaro, ma morirono .miserabili e pertinaci nella loro ostinazione.. Solo Dolcino durante 11 supplizio mutò un poco l'espressione del volto e si strinse un poco nelle spalle quando gli amputarono il naso, «e quando, vicino alla Porta Pinta, gli amputarono il membro virile, allora esalò un profondo sospiro che gli uscì dalle nari.. (Benvenuto). •Lo si sarebbe quasi potuto definire un martire., conclude Benvenuto. Certo c'era di che far fiorire una leggenda e sviluppare un simbolo comunardo, libertario, ni celano, durati sino alla celebrazione del sesto centenario, nel 1907, della morte di «quell'anima eroica» (in un proclama socialista biellese) o di un «oppressore della coscienza e della libertà e depredatore di averi» (In un giornale cattolico); e rinverditi ora dalla vasta fortuna delle pagine di Eco. B torto di quella benedetta gente, come dice il saggio Ubertino al turbato Adso, é che «non si deve trasformare l'ordine delle cose anche se si deve fervidamente sperare nella loro trasformazione.. Carlo Carena non interamente sue, come quella .collettivistica, intitolata I tre moschettieri. All'epoca, del resto, quella, prassi non era scandalosa, né si poteva considerare Alessandro Dumas un negriero, alla stregua di un Motta, per esempio, visto che egli ricambiava, scrivendo romanzi cui altri davano la loro paternità. L'intera collezione è rarissima e molto ricercata. Più facile è, invece, reperire alcuni singoli volumi. Come l'8°, Mondo femminile ignoto, che si trova da Colonnese di Napoli (via San Pietro a Maiella 33) a lire 12.000. Vittorio di Firenze (via Verci 33ir) offre l volumi 1,2,3,4, 7, 8,9 e 10 a un prezzo variabile tra le 18 eie 22.000 lire ciascuno. Dei numeri 1 e 6 dispone Michelotti a Montecatini Terme (corso Roma 18): 12 e 10.000 lire. Quasi completa, infine, la serie proposta da Guida di Napoli (via Port'Alba 20/23), undici volumi su dodici (manca l'ultimo, Curiosità artistiche; per lire 180.000. Rolando Jotti