II pendolo Reagan di Arrigo Levi

II pendolo Reagan Mentre Jackson incontra Castro II pendolo Reagan Quanto pesa la politica estera in un'elezione presidenziale americana? E quanto influisce un'elezione presidenziale sulla politica estera americana? Sono interrogativi che si ripropongono ogni quattro anni. Abitualmente, in una campagna per la Casa Bianca, sono dominanti i temi interni; ma quelli internazionali, anche se occupano meno spazio, possono rivelarsi decisivi: le speranze di rielezione di Carter, quattro anni fa, furono affondate dalla drammatica vicenda degli ostaggi americani a Teheran. Nel 1984, a differenza dcll'80 e di altre annate elettorali, non ci sono crisi aperte in qualche punto caldo del globo, non ci sono militari americani coinvolti in qualche guerra. Dal Libano Reagan si è disimpegnato, forse precipitosamente Stirando dalle acque di Bei. ut, sotto pressione siriana, la più potente flotta da guerra mai raccolta dopo il '45; cosi facendo ha probabilmente indebolito il prestigio e la credibilità di superpotenza dell'America, ma ha anche tolto una grossa nube dall'orizzonte della sua campagna presidenziale. Con eguale senso tattico il «falco» Reagan ha evitato ini pegni pericolosi nell'America centrale. A meno di fatti nuovi oggi imprevedibili, nei corso della campagna si parlerà, quindi, di politica estera, ma non sotto la pressione di situa' zioni emotive; c si discuterà più sui principi della politica americana nel mondo, che non su fatti particolari ed urgenti. Questo dibattito generale è anzi già in corso, ed ha una parte di rilievo nel confronto tra Reagan e i democratici. Ma, a differenza di quattro anni fa, quando l'umore domi' nante del pubblico americano imponeva anche alla colomba Carter di vestire penne di fai co, questa volta l'umore cam biato dell'America induce piuttosto il falco Reagan ad usare una voce di colomba. Ci si chiede, perciò, se i toni di stcnsivi usati dal Presidente americano nei confronti del l'Unione Sovietica segnalino una vera svolta nell'imposta' zione della sua politica estera; o se si tratti invece principalmente di una manovra elettorale, come affermano con veemenza da Mosca i dirigenti so vietici nei loro duri e sprczzan ti discorsi. Ma in realtà non c'è contraddizione tra queste due spiegazioni. La tesi della manovra elettorale non è affatto incompatibile con quella di un più sostanziale mutamento di rotta della politica di Reagan in democrazia le elezioni servono, tra l'altro, proprio questo, anche se Mosca fatica a capirlo. Gli stessi portavoce dell'Amministrazione ammet tono che c'è stata una svolta, e dicono che essa è stata resa possibile dal successo di Reagan ne! ristabilire l'equilibrio strategico, che era minacciato dall'espansione della potenza sovietica e dalla mancata reazione americana. Reagan vuole cosi convincere i suoi sostenitori di destra clic se oggi egli appare più conciliante d'un tempo nei confronti del comunismo sovietico, è perchè ha già ottenuto successo nei ristabilire la credibilità dell'America come superpotenza. Questo risultato è stato raggiunto, in particolar modo, grazie al forte aumento delle spese militari, che Reagan ha strappato al Congresso. Così rafforzato, Reagan può permettersi di essere più moderato verso Mosca, nella convinzione che i capi sovietici, quando si decideranno ad abbandonare la loro attuale, inutile intransigenza, torneranno a negoziare da posizioni più ragionevoli e miti. Questo Reagan più forte è anzi conciliante con tutti: anche con gli alleati europei, che ha difeso dall'irritazione del Congresso, facendo fallire la mozione del senatore Nunn che condizionava il mantenimento dell'attuale contingente americano in Europa ad un aumento delle spese militari degli europei. (Questi ultimi farebbero però bene a non sottovalutare Sam Nunn e i suoi amici: questi sono degli internazionalisti seri e non dei falchi isolazionisti). Certo è che l'evoluzione ♦moderata» di Reagan rende più difficile il compito del suo antagonista ormai sicuro, Wal¬ ter Mondale. Questi si troverà. a dover accusare il presidente in carica di essere lui personalmente l'ostacolo ad un ritorno della distensione: ma è una tesi elettoralmente pericolosa, perché la sostiene fin troppo scopertamente Mosca. Di dubbia utilità per il candidato democratico appaiono anche iniziative ad effetto come il raid del reverendo Jackson a Cuba. 11 fatto è che Reagan è riuscito a spostarsi verso la fascia centrale dell'opinione pubblica americana, che è quella che poi deciderà l'elezione. Quattro anni fa questa fascia d'opinione si era spaventata e spostata verso la destra rcaganiana; oggi appare rassicurata ed è di nuovo favorevole al dialogo, ma Reagan l'ha seguita nella sua evoluzione. Sembra quindi che la politica estera, salvo imprevisti che sono sempre possibili, giocherà a favore di Reagan, anche se per ragioni opposte a quelle per cui lo favoriva quattro anni fa; e che nell'insieme la campagna elettorale servirà a consolidare una linea di politica estera americana più moderata e più vicina a quella degli europei. Ma tutto questo servirà a poco, se a Mosca continuerà a prevalere il duro e arcigno isolazionismo di quest'ultimo anno. Arrigo Levi