Se i debitori dettano la resa

Se i debitori dettano la resa Un articolo di Henry Kissinger: all'orizzonte politico la tempesta dei debiti Se i debitori dettano la resa Per il presidente argentino Alfonsin, stringere ulteriormente la morsa dell'austerità nei Paesi dell'America Latina sarebbe un «suicidio» - ìx1 democrazie industriali devono incoraggiare la ripresa dei «poveri», attenuare il protezionismo, ridurre i tassi di interesse, ristrutturare il debito sulle reali capacità di rimborso - E affrontare il problema in chiave politica prima che finanziaria (Segue dalla 1 ' pagina) Tra il 1981 e il 1983, 1' America Latina ha ridotto le sue importazioni — la maggior parte delle quali provenienti dagli Stati Uniti — di 33,2 miliardi di dollari, vale a dire del 41 per cento. Ma persino le crescenti esportazioni hanno raramente tenuto il passo con l'aumento dei debiti, prodotto dal fenomeno straordinario secondo il quale i debitori accendono prestiti con le banche per pagare gli interessi alle stesse banche. Anche il debitore meno in crisi, il Messico, prevede un tasso di ciescita di appena il 4 per cento per il 1986, quarto anno della sua politica d'austerità. Poiché la crescente forza contrattuale dei sindacati provocherà il bisogno di nuovi posti di lavoro a un ritmo sempre più sostenuto, un'austerità che finora ha già prodotto oltre il 30 per cento d: disoccupazione non potrà accentuarsi ulteriormente, nè rendere più facile la soluzione dei problemi. In Brasile, dove una imminente elezione presi dcnziale toglie al governo parte della sua autorità, tre candi dati alla Presidenza hanno chiesto che il problema dei debiti sia «politicizzato». In Argentina, il nuovo governo del presidente Alfonsin, l'esperimento democratico più prò mettente di questa gcnerazio ne, vede nell'inasprimento dell'austc-rità un suicidio politico, preso com'è tra la diffi denza dei militari e l'ostilità dei sindacati peronisti. Volent o nolenti, sfidare l'attuale si stema di gestione dei debiti è diventato il fatto politicamente dominante in America Latina. Come risultato, la posizione contrattuale dei creditori si è gradualmente erosa negli ulti mi mesi. E' sempre più chiaro che i creditori non vogliono rischiare il fallimento, e che le banche non possono frontcg giare i governi che si battono per la sopravvivenza politica. Le misure di salvataggio per l'Argentina nel mese di marzo non lasciavano alcun dubbio su questo. Quando 1' Argentina minacciò di non pagare gli interessi dei suoi debiti privati — provocando perdite sensibili ma sopportabili — " Tesoro Usa ne fu stupito. Si diede da fare perchè un gruppo di Paesi debitori (Messico, Brasile, Colombia e Venczuea) garantissero un prestito d' emergenza all'Argentina. Questa operazione di «salvataggio», essenzialmente di facciata, non poteva nascondere la sostanza: un'implicita garanzia americana. Come poteva essere diversamente quando il prestito era sostenuto da Paesi incapaci di pagare i loro debiti internazionali in un contesto in cui gli Stati Uniti mostravano le loro inibizioni e davano la loro benedizione, sia pure senza averne l'intenzione, al principio di un «cartello» dei debitori? Nè l'attuale sistema di gestire i debiti è vantaggioso per il sistema economico nel suo insieme. Se molti Paesi puntano insieme a ridurre le importazioni e a espandere l'export, il sistema internazionale diventa pericolosamente mercantilistico. Paradossalmente, lo sforzo per salvare le economie di mercato può tradursi in una minaccia alla libertà degli scambi. La frequenza dei negoziati secondo il sistema vigente, le incertezze prolungate che essi comportano, la minaccia di fallimento che è l'arma principale di contrattazione dei debitori minano la fiducia ed espongono al panico il sistema finanziario. Sembra soltanto una questione di tempo: alcu¬ ni dei principali governi, o più probabilmente un gruppo di questi, cercheranno di imporre i loro termini ai creditori, come hanno già fatto Ecuador e Bolivia e come, ancor più gravemente, l'Argentina sta facendo nei negoziati con il Emi. Quanti sostengono l'attuale impostazione dicono che l'unico mezzo è costringere i Paesi debitori al risanamento economico, senza il quale la loro situazione è senza speranza. Sono d'accordo sulla diagnosi della necessità di riforme economiche. Ma il rimedio è paternalistico, e nello stesso tempo è un invito alla disperazione. E' sicuro che ogni crisi sarà aggravata dal più piccolo dei protagonisti o dal debitore più duramente sollecitato, se lo si indurrà al confronto e alla minaccia diretta al sistema bancario mondiale. Gli statisti devono essere capaci di andare oltre la teoria esistente. E' venuto il tempo di mettere gli obiettivi del sistema finanziario internazionale in sintonia con le realtà politiche. Le democrazie industriali possono prendere alcune iniziative unilaterali per alleviare la crisi dei debiti. Dovrebbero adottare politiche economiche che incoraggino 1' espansione, promuovendo in tal modo l'export latinoamericano. Dovrebbero attenuare il protezionismo c soprattutto abbassare i tassi d'interesse (e questo è soprattutto un problema statunitense). Ma la questione dei debiti non può aspettare fino al giorno in cui l'evoluzione politica Usa permetterà un ridimensionamento strutturale del deficit di bilancio. 1 governi delle democrazie industriali devono abbandonare il loro abituale atteggiamento di neutralità nei confronti della crisi dei debiti. Ci vuole un approccio complessivo al problema. Le banche non possono continuare a sopportare il peso di negoziati sul riassetto economico senza diventare esse stesse un problema politico; i governi devono compiere passi concreti per creare le condizioni politi che che renderanno possibile, per ogni parte in causa, fare i sacrifici che la situazione imporrà, in ogni caso. In tale contesto, le banche devono convincersi a non pretendere una sistemazione globale dei debiti, evitando le contorsioni necessarie per mantenere in vita questo mito. Bisogna creare nuovi meccanismi per portare il carico degli interessi in linea con la capacità di pagamento e per ristrutturare i debiti su un arco di tempo realistico. I governi dovranno mettere a punto criteri per definire i costi del prolungamento del debito, mediando tra le situazioni di rischio eccessivo e il pubblico interesse di mantenere vitale il | sistema bancario. Soprattutto, essi devono trovare la strada per assicurare nuove risorse finanziarie ai Paesi in via di sviluppo, sia direttamente, sia attraverso le istituzioni finanziarie internazionali. Ma non basta che i governi delle democrazie industriali siano lungimiranti e che le banche siano sensibili al problema: non ci sarà alcuna reale prospettiva di mettere sotto controllo i debiti fino a quan¬ do i Paesi debitori dell'Anneri ca Latina non vorranno fare la loro parte per rilanciare il prò cesso di sviluppo con uno sforzo decisivo per risanare economia, ossia ridurre l'inflazione, combattere i disincenti vi al risparmio e agli investi menti, creare un sistema fìsca le equo ed efficace, eliminare sussidi alle industrie impro duttive, gestire politiche ap propriate per i cambi. I Paesi ndebitati devono abbandonare l'illusione che qualche colpo di mano li possa liberare dalla necessità di seri programmi di aggiustamento economico e accettare il fatto che l'incoraggiamento all'investimento privato — sia estero che interno è la sola strada per una crescita sostenuta. Molti eminenti personaggi latino-americani hanno proposto che il problema dei debiti sia «politicizzato». E' un termine impreciso, ma riflette un'importante verità. La posta è diventata troppo alta per essere lasciata ai rimedi tecnici degli esperti finanziari. Politicizzare non dovrebbe significare mettere da parte le banche nel processo di soluzione: politicizzare significa effettivamente creare un contesto internazionale che rifletta uno scadenzario realistico per il pagamento dei debiti, e soprattutto un reciproco impegno a rilanciare crescita e sviluppo. Soltanto con un approccio di questo tipo i Paesi debitori potranno chiedere al popolo sacrifici ora inaccettabili, perché visti come un servizio alle banche che esigono il pagamento degli interessi. La scommessa non è meno difficile del mantenimento di buoni rapporti tra Paesi industrializzati e Paesi sottosviluppati e, per gli americani, della vitalità dei legami degli Stati Uniti nell'emisfero occidentale, in un momento in cui I' America Latina ha una scric di governi che sono i migliori e i più democratici di questo secolo. In mondo interdipendente, creditori e debitori si possono rovinare a vicenda con prove di forza. In verità, I' unica soluzione realistica è quella di vedere se riusciamo a battere insieme nuovi sentieri. Se non lavoriamo insieme, ora, per evitare una catastrofe, saremo costretti più tardi ad affrontare prove ben più grandi per superarla. Henry Kissinger Copyright 1984 1..A.Times S}ridiente lnt'1 c per l'Italia «La Stampa» Kissinger visto da Irvine (Copyright N.Y. Rcvlcw of Books. Opera Mundi e per l'Italia .La Stampa.)

Persone citate: Alfonsin, Henry Kissinger, Kissinger