Shaw critico allegro di Masolino D'amico

Shaw critico allegro QUANDO SCOPRI' OSCAR WILDE Shaw critico allegro Fu Frank Harris, dongiovanni tardovittoriano c avventuriero di Fleet Street, a scritturare George Bernard Shaw come critico drammatico per la Saturday Rewiew che aveva appena acquistata. All'epoca (settembre 1894) il trentottcn"ne scrittore dublinese aveva già concluso diverse carriere. Era un ex narratore, con alle spalle cinque romanzi caduti nel disinteresse generale. Era un ex critico d'arte; dopo aver tenuto l'incarico per tre anni (1886-89) su The World si era dimesso per protesta contro la proprietà che voleva suggerirgli chi lodare. Era, infine, un ex critico musicale: •per altri quattro anni (189094) aveva sostenuto entusiasticamente la causa di Wagner su The Star e poi su The World, sotto lo pseudonimo di Corno di Bassetto. Solo come drammaturgo Shaw poteva dirsi quasi un esordiente. Aveva scritto, è vero, parecchie commedie, dopo un primo tentativo di collaborazione col critico Wil liam Archer, che lo aveva ini ziato a Ibsen: ma queste erano ancora quasi tutte nel suo cas setto. Le armi e l'uomo, dove si metteva scherzosamente in burla il militarismo, era stata .proposta in un teatro commerciale; La casa del vedovo aveva invece inaugurato una prassi poi seguita da altri suoi testi, dati solo dall'lndependent • Theatre di TJ. Grein: benemerita istituzione spetimentalc che allestiva drammi respinti dal West End a beneficio d pochi appassionati e della stampa, in genere per una due sere soltanto. Fu così che Londra conobbe per la prima -volta anche Gli spettri c L'anatra selvatica. Pervasi di giusta ammirazione per l'eccellenza del teatro inglese moderno, spesso dimentichiamo quanto fossero depresse le condizioni dei p3l cosccnici inglesi all'epoca dell avvento di Shaw. Eppure du rame la prima metà dell'Ottocerifo la carriera di autore drammatico era cosi poco al Iettante, da non attirare prati camente nessun grande scritto re. Byron, Shelley, Swinburne scrissero tragedie destinate solo alla lettura; Dickens, che amava il teatro al punto di averne uno privato, dove recitava coi familiari, lasciò sempre che delle riduzioni teatrali dei suoi romanzi si occupassero altri: l'operazione rendeva troppo poco. Il pubblico colto, ricco e elegante si era allontanato da quel tipo di intrattenimento, e le sale erano ormai frequentate soltanto da una plebaglia che chiedeva melodrammi e numeri da circo equestre. Il ritorno a teatro della élite si ebbe a partire dagli Anni 1870, e fu stimolato da alcuni grandi attori-impresari i quali badarono innanzitutto a trasformare i locali in salotti, dotandoli di poltrone comode, moquettes, foyers. Costoro curarono molto anche la parte visiva degli spettacoli, commissionando costumi scenografie ad artisti alla moda come Alma Tadema e Burne-Jones. Drammi in versi ambientati nel Medioevo, o Shakespeare con l'accento sul décor, fornivano il grosso del repertorio; mentre in attesa di autori nuovi si importava massicciamente il teatro borghese e boulevardier di Sardou e di Dumas figlio. Se non si tiene conto d questo contesto, le sperticate lodi tributate quasi all'esordio dal critico teatrale Shaw a una commedia salottiera come Un marito ideale di Oscar Wilde possono sembrare una combutta fra irlandesi. Invece Shaw salutava un nuovo talen to indigeno, che possedeva il gran merito di adattare senza forzature al contesto inglese il dramma d'Oltremanica. In secondo luogo, Wilde ammettendo i suoi spettatori ammi rati all'ascolto dei suoi paradossi, li costringeva a pensare in altre parole, li istruiva di vertendoli. Ibsen aveva folgorato Shaw con la rivelazione che era possibile parlare, a teatro, di cose attuali e serie. Il proprio innato istinto istrionico aveva quindi detto all'aspirante drammaturgo che per poterlo fare impunemente in Inghil terra, occorreva essere divertenti; far ridere. Pubblicando gli scritti del suo quadriennio di critico drammatico, Shaw stesso avrebbe scritto, nel 1qLEièCCmsfdvldlèspvmfesrttmt 1906; «Il teatro è importante quanto la Chiesa nel medioevo. La tradizione apostolica che da Eschilo arriva a me, non è meno ispirata di quella istituzione che è la fondazione apostolica della Chiesa cristiana». «Malauguratamente questa Chiesa cristiana, fondata allegramente con un motto di spirito, è stata corrotta da un rigoglioso fiorente satanismo, al punto die è diventata la chiesa dove non dovete più ridere; e ha aperto così la strada alla più antica e grande Chiesa alla quale appartengo, la Chiesa dove più ridete meglio è, perché solo col riso potete di struggere il male senza malizia e, professare la fede senza annoiarvene». Tutti sanno come il drammaturgo Shaw riuscisse alla fine a vincere la sua battaglia, e cioè a far ascoltare le cose serie che aveva da dire col renderle estremamente divertenti. Non sorprenderà pertanto nessuno scoprire che tale metodo era stato messo a frut to anche dal critico. Il quale, strombazzando subito la propria parzialità, a forza di scherzi combatté la sua battaglia a favore di un teatro serio onesto, palestra di un vero servizio pubblico. Il suo scopo era quello di farsi leggere ai suoi tempi, ma grazie alle precauzioni prese lo ottiene ancora oggi: per credere, prendere in mano l'antologia che ne ha curato Erminia Artese Di nulla in particolare del teatro in generale (Editori Riuniti) e aprirla a caso. Ci si può imbattete in un esordio come questo: «Aure- a n - lien iMgnfPoe e la sua compagnia, detta l'Oeuvre, sono arrivati da noi con la fama di aver fatto piangere Ibsen alla rappresentazione di una delle sue opere. Questo non è grave: ho visto rappresentazioni di drammi di Ibsen interpretati da autori inglesi che lo avrebbero indotto al suicidio». O in una canzonatura come quella della bella Mrs Patrick Campbell, sua futura grande amica (ricordate Caro Bugiardo?), che tenta di rassicurare il pubblico smussando i lati sgradevoli di Rita Allmers del Piccolo Eyolf: «...E con quanta grazia la Patrick Campbell ha affrontato l'annegamento del bambino! Appena un grazioso sventolio delle mani, un gridalino, come se stesse per calpestare un chiodino da tappezzeria, tutto era finito, senza lacrime, senza do/ore, senza più agitazione di quanta ce ne sarebbe stata se si fosse rotto il vetro del suo orologio da polso». Potrei scrivere un articolo scintillante anch'io se mi limi tassi a citare da Shaw. Ma il punto non è che Shaw fosse spesso divertente; il punto < che era quasi sempre convin cente. Prendiamolo quando parla della censura: «lo non faccio obiezione al fatto che viene concesso il nulla osta a commedie che mi disgustano, se ci sono persone che si divertono a sentirle; io critico il fatto che si tolgano dalla circolazione commedie che divertono me, perché disgustano altri». Prendiamolo quando spie ga, all'avanguardia del suo tempo, che Shakespeare an drebbe eseguito su una piattaforma protesa nel pubblico, e senza scenografie elaborate Prendiamolo quando sgonfia la retorica marlowiana, enfasi sterile, tutta letteraria: «Non sorprende che Marlowc sia morto pugnalato durante una rissa, in una taverna: sarebbe del tutto incredibile che fosse riuscito a pu gnalare qualcun altro». Prendiamolo soprattutto nel confronto, straordinaria mente sottile, fra il trionfale Kitsch della Bcrnhardt e la moderna sobrietà della Duse (qui Shaw ebbe la vista più lunga di Oscar Wilde, il quale ammirò l'italiana ma disse in una lettera che davanti a Sa rah non era nulla). Le due pagine in cui il sa piente belletto con cui la Ber nhardt si rende irresistibile contrapposto al volto della Duse, nudo, segnato dalle ru ghc e da ombre grigiastre — «la Duse è in azione da appena cinque minuti, ed è già un quarto di secolo avanti rispetto alla più bella donna del mondo» — potrebbero entrare in qualsiasi antologia di scrittura teatrale, o anche, più semplicemente di scrittura e basta. Masolino d'Amico G.B. Shaw visto da Ixvinc (Copyright N.V. Beview ol Books. Opera Mundi e per l'Italia .La Stampai

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