II killer br: «Mi sono pentito per non morire in una galera» di Claudio Giacchino
II killer bn «Mi sono pentito per non morire in una galera» Nel bunker delle Vallette il cronista a colloquio con Antonio Marocco II killer bn «Mi sono pentito per non morire in una galera» Nell'ottobre '82 era nel collimando che assassinò due agenti Mondialpol nella banca di via Domodossola - Dice: «La vita del terrorista era infame, non la sopportavo più, la cattura fu una liberazione» Perché si è pentito? «Per non morire in galera». Aveva già pensato, quando era ancora nelle Br, di diventare, subito dopo la cattura, un pentito? -No, è un'ipotesi che non presi mai in considerazione. Anzi, durante la clandestinità, odiavo i terroristi che una volta arrestati collaboravano con la giustizia. Li odiavo al punto che, a Milano, organizzai la caccia a uno di essi, Rocco Ricciardi, tornato in libertà grazie alle sue confessioni». Una caccia senza successo. -Già, se l'avessimo trovato Ricciardi ora...». Un sorriso Illumina la faccia cerca di Antonio Marocco, 31 anni, originarlo di Settimo, superpentito delle Br che nell'ottobre ' 82 hanno assassinato In una banca di via Domodossola due agenti della Mondialpol. Il più efferato e gratuito crimine del terrorismo. Marocco, uno del leader della banda, lo approvò, lo pianificò e vi partecipò. Al processo che si è iniziato giovedì nell'aula bunker delle Vallette (11 dibattimento vero e proprio si aprirà martedì) contro questa frangia delle Brigate rosse (26 Imputati) disprezzata per la sua ottusità sanguinaria persino dalle altre fazioni della lotta armata, Marocco se ne sta In una gabbia tutta per sé, lon tana da quella in cui sono stati rinchiusi 1 compagni che lui ha mandato In prigione. Attraverso le sbarre ripete al cronista, con una sincerità che contrasta con l pudori e le Ipocrisie degli altri grandi pentiti, di essersi deciso ad alutare la giustizia «per non mangiare carcere sino alla vecchiaia». Poi, guardando 11 suo difensore aw. Oliviero Dal Fiume, aggiunge: mPerò, la mia non è stata solo una scelta utilitaristica, quando ho cominciato a confessare ero anche un po' convinto di quello che facevo. Ho già condanne definitive (rapine, evasioni, eccetera) per 28 anni, collezionate come delinquente comune. Teoricamente dovrei, prima di usufruire dei condoni per i pentiti, sconta¬ re quelle condanne. Speriamo che una legge cambi qualcosa. Di certo, starò dietro le sbarre più di ogni altro pentito. Comunque, va meglio oggi che qualche anno fa. La vita del terrorista era infame, non la sopportavo più, in un certo senso la cattura è stata una liberazione». Però, solo pochi giorni prima prese parte all'eccidio di via Domodossola. Un po' tardivo 11 suo pentimento... • Vero. Ma quando si è in ballo si balla, mica avevo il coraggio di costituirmi. Che assurdità uccidere quegli agenti. Però lo dico adesso. Durante la clandestinità era come vivere su un altro pianeta: sempre a disquisire sui massimi sistemi, su un proletariato che nei fatti non eslate». Cosa provò mentre andava ad assassinare due sconosciuti? •Beh, niente, cioè, la tensione dell'azione. Non fu un massacro compiuto a casaccio, purtroppo sapevamo bene cosa andavamo a fare». Ha chiesto 11 perdono dei famigliari delle guardie? «Non ancora. Da tempo sono in contatto epistolare con padre Bachelet, il fratello del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura ucciso dalle Br». Che pensa dei suoi compagni che non si sono pentiti? «Vivono in un mondo tutto loro, libresco. Il solo Ohiringhelli aveva un rapporto normale con la realtà quotidiana». Claudio Giacchino Antonio Marocco: «Starò in galera più di altri pentiti»
Persone citate: Antonio Marocco, Antonio Marocco Ii, Bachelet, Oliviero Dal Fiume, Ricciardi, Rocco Ricciardi
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