Governare il governo di Andrea Manzella

Governare il governo Il nuovo disegno di legge Governare il governo Da 36 anni la Costituzione parla invano, all'art. 95, della necessità di organizzare la presidenza del Consiglio. Perché questa lunga omissione? Il funzionamento del governo dipende dalla combinazione di tre diverse sfere di poteri e responsabilità: quella individuale dei singoli ministri; quella collegiale del Consiglio; quella di direzione e coordinamento del presidente del Consiglio. Sono clementi assai difficili a comporre in governi di coalizione, come normalmente sono quelli nostri. Si spiega perché finora si è preferito, con la elasticità (che però è anche precarietà) del nostro sistema politico, affidarsi a equilibri di volta in volta detcrminati dalla personalità e dalla carica di impegno dei vari presidenti del Consiglio. Ognuno dei quaranta governi italiani ha avuto perciò una sua eseparata» storia istituzionale. Anche se i presidenti del Consiglio sono stati solo sedici dal 1948, ogni esperienza di governo, sia pure con lo stesso «premier», è stata infatti diversa dalle altre per la differenza dei fattori politici da gestire in equilibrio. Complessivamente però il funzionamento pratico del governo è stato caratterizzato da tre elementi involutivi. Primo: il deperimento delle funzioni del Consiglio dei ministri, troppo affollato e demotivato, per contare come effettivo centro di decisioni. Secondo: il risucchio delle funzioni di promozione, «imprenditoriali» del presidente del Consiglio, in defatiganti compiti di «equilibrista». Terzo: l'anomala autonomia dei poteri dei singoli ministri, appena corretta ,<k)£Ì\ frumenti c^ dai vincoli aeiia"pòfitica'dì' bilancio. . ' Tutto questo si è aggravato negli ultimi anni quando nelle coalizioni governative è venuto meno il peso egemonico, che era anche collante, della de e si è fatta strada la pratica delle coalizioni «paritarie» e quindi il pericoloso approdo ad una «direzione plurima dissociala». In queste condizioni un progetto di legge sulla presidenza del Consiglio deve soprattutto cercare di ricO' slituirc un punto di logica istituzionale nella compagine governativa; a garantire al di là delle cangianti formule politiche, un effettivo potere di «governare il governo» a chi, nominato dal capo dello Stato, ha la fiducia del Parlamento. In tale ottica, il progetto appena licenziato dal Consiglio dei ministri 6 un buon disegno di legge, nell'ordine delle cose oggi possibili così come lo era il progetto Spadolini del 1982, al quale esso quasi interamente si rifa. 1 due anni perduti dicono quanto lento sia il cammino di questo tipo di riforme istituzionali, quanta diffidenza esse devono superare. Un esempio su tutti. Si pensava che proprio le vicende ultime del governo Spadolini potessero giustificare l'attribuzione al presidente del Consiglio del potere di revoca dei ministri «ingovernabili». Cosi non è: vi è solo la riaffermaz.ionc del pur importante potere del presidente di sospendere gli atti ministeriali in contestazione ed avocare la questione al Consiglio dei ministri. In compenso, il progetto riprende l'idea di un «governo articolato per problemi», organizzato in nuovi assetti: lontani sia dalla collegialità ipertrofica del Consiglio dei ministri, come dall'orgogliosa solitudine dei feudi ministeriali. Con il «consiglio di gabinetto» (a metà strada Ira la dieta dei «leaders» c il concerto dei ministri di maggior peso) sono previsti altri schemi: «ministri-coordinatori di settori» (su materie di competenza di più ministeri); «ministri con incarichi speciali»; «commissari straordinari di governo». I presidenti del Consiglio potranno così disporre, domani, di tutta una gamma modulare per portare avanti il loro programma: e cercare, per questa via funzionale, quel primato istituzionale di direzione della politica generale del governo Mk GftìjÈft0™ assc6",?loro e che il sistema è ancora, c,ps^ps.l^Q. a riconoscere 'concretamente. Da questo angolo visuale, il punto di maggiore efficacia innovativa rimane quello, che era già stato individuato nel progetto Spadolini, della creazione di un segretariato generale della Presidenza del Consiglio, concepì lo non già come un supcrministcro ma come un centro di studio, di indagine conoscitiva, di coordinamento: l'unica maniera per dare sostanza all'idea costi tuzionalc del presidente del Consiglio come «imprendi torc del governo». Si riparte, dunque, sul piede giusto. Vediamo che dirà ora il Parlamento, al di là dei fumi e dei tamburi lontani, dopo le elezioni. Andrea Manzella

Persone citate: Spadolini