Quel fascino sottile del cinema di Ozu di Ugo Buzzolan

S)uel fascino sottile el cinema di Ozu Su Raitre ritorna il regista giapponese S)uel fascino sottile el cinema di Ozu In sordina, non reclamizzato, prende il via stasera su Raitre un nuovo clc/o dedicato al regista giapponese Yasuflro Ozu. Il primo ciclo, che aveva fatto conoscere Ozu ad un pubblico die non è quello del festival, era andato in onda un paio di anni fa ed era stato la rivelazione folgorante di un cinema ad alto livello; ma aveva avuto la grave colpa di non raccogliere indici di ascolto altrettanto alti; di qui, corruccio di dirigenti Rai, e Ozu, giudicato autore non di sufficiente richiamo, era stato messo da parte. Ora, forse riflettendo sul fatto che un servizio culturale vale di più degli indici di ascolto, Raitre ci riprova e offre una rassegna di quattro film dove l'arte di Ozu tocca spesso i vertici: Fiori di equinozio (1958), V autunno della famiglia Kohayagawa (1961), Il figlio unico (1936) e II gusto del saké (1962) Per anni sconosciuto in Europa, Ozu, morto d'improvviso sessantenne nel 1963, è oggi considerato uno dei grandi giapponesi; nella dimensione del privato e del familiare senza dubbio (/ più grande; e, com'è stato più volte scritto, «11 più giapponese dei registi giapponesi». Il suo interesse è rivolto alla gente di città, alla piccola borghesia, alla vita die. scorre uguale e monotona fra le pareti domestldie, all' intrecciarsi di sottili rapporti psicologici, alle angosce e alle gioie die si consumano in modo soffocato, tra persone che si dicono soltanto poche parole. Ho detto che Ozu è un maestro del privato; ma nei film girati nel dopoguerra si avvertono gli echi del profondo cambiamento di idee e di costumi che stava investendo il Giappone e die scavava un solco fra anziani e giovani. Tuttavia nulla mal assume un tono violentemente drammatico; tutto è interiore e scandito a larghi ritmi. Il regista gioca sapientemente sulle pause, sui minimi gesti, sulle occhiate; e sugli intemi soffusi di luce e di ombra, e sugli stessi oggetti dell'esistenza quotidiana. L'inquadratura è quasi fissa e diventa metafora di meditazione. Le storie sono di una lineare semplicità realistica e insieme sono simboliche, affidate ad attori di una forza e di una 7nlsura esemplare. Stasera in Fiori di equinozio c'è un padre che per essere ligio alle arcaiche tradizioni nipponiche cerca di opporsi — invano — ad una autonoma scelta matrimoniale della figlia, appoggiata dalla madre; ne L' autunno della famiglia Kohayagawa un vedovo vorrebbe risposarsi e crea malumori e dissidi in famiglia; ne II figlio unico uno madre soffre per il fallimento del figlio che credeva destinato a grandi cose; infine ne II gusto del saké, ultima opera di Ozu, un padre riesce a convincere la figlia a sposarsi e poi — in una celebre .sequenza — rimasto solo nella casa deserta piange silenziosamente sulla figlia che se n'è andata, sulla vecchiaia die avanza. Un cinema puro, essenziale, penetrante, un cinema raffinato ma che coinvolge chiunque vi si accosti con animo partecipe e colga in quel mondo lontanissimo, raffigurato con la poesia delle Immagini, sentimenti e pensieri die sono universali. Ugo Buzzolan

Luoghi citati: Europa, Giappone