Negri: «Non sarò mai estradato»

Negri: «Non sarò mai estradato» INTERVISTA ESCLUSIVA A PARIGI CON L'EX LEADER DI «AUTONOMIA» Negri: «Non sarò mai estradato» Il professore di Padova condannato a trent'anni ne è convìnto: «I socialisti francesi credono nella libertà, credono nei processi regolari» «Nella sentenza, che tiene conto anche del parere degli innocentisti, si accetta fino in fondo la legge di emergenza» - Si sente vittima di un complotto cattolico-comunista - «Penso che il ciclo della crisi, il ciclo reaganiano sia agli sgoccioli» - «Sto scrivendo le mie memorie» DAL NOSTRO INVIATO PARIGI — Sul tavolo rotondo, zeppo di libri o carte, ;i sono i giornali italiani con la notizia «Trent'anni a Toni Negri». L'ex professore di Padova, l'ex leader di Autonomia Operaia, l'ex deputato ha un viso più asciutto, più affilalo, più sulfureo del solito. Forse un po' sconvolto. — Professor Negri, si aspettava quella sentenza? «Si». — Proprio trent'anni? «Io mi aspettavo l'ergastolo». — Quindi ha avuto un momento di sollievo? ..Si, subito sopito dalie condanne inflitte ai mìei compagni. Se sulla base delle mie imputazioni Ho avuto treni' anni, trent'anni per due omicidi, per un rapimento, per importazione d'armi, per tutta una serie di reati, i miei compagni dovevano essere assolti. Non sono state rispettate le proporzioni». — Insomma, secondo lei la corte d'assise di Roma è stata clemente nei suoi confronti? «Igiudici togati sonogiudici politici e hanno emesso la sola sentenza die potevano emettere». — Vuol dire una sentenza imposta? Dettata dal potere politico? «Nella sentenza c'è l'accettazione fino in fondo della legge di emergenza, della strumentazione giuridica, cioè dei pentiti e accessori, e della filosofia dell'emergenza. D'altra parte c'è anclie, fino in fondo, almeno per quanto riguarda il mio caso, l'acccttazione del parere non tanto dei garantisti ma addirittura degli innocentisti». — Per lei è stato un verdetto dì compromesso? «C'è una grossa mistificazione attorno a quello che è stato il dibattito sul 7Aprile: se si trattava di seguire certe norme di diritto, quelle normali, oppure quelle eccezionali. Il problema era di stabilire se il fenomeno autonomista in Italia fosse stato un fatto illegale o invece un fatto politico produttivo...». — Secondo lei il teorema del giudice Calogero, clic collcgava Autonomia alle Brigate rosse, è slato accettato soltanto a mela? .. Un compromesso rispetto a quella eìie era la megalo¬ mania del progetto Calogero e rispetto alla storia», —La storia? «La storia di un mopimento di modernizzazione». —1)1 modernizzazione? ..Si, della democrazia italiana. Mantenendo l'emergenza, c cioè secondo me la filosofia clic ha permesso la non trattativa sul fatto Moro e tutte le conseguenti leggi, praticamente si è fatta un'operazione tendente a conservare un ceto politico e certi metodi di governo». — Cerchi di riassumere questi concetti. «Da un lato abbiamo un'accusa che nel clima dell'emergenza riduceva un movimento della società a puro e semplice terrorismo. Si sono prese delle distanze rispetto a questo?Si. L'accusa di insurrezione è stata praticamente abbandonata...». — Per insufficienza di prove. «D'altra parte, però, il sistema giuridico, il sistema del purliti che gli sta dietro e che ha influenzato pesantemente questa sentenza, ha ribadito il fatto che non c'è oggi possibilità in Italia di rompere questa realtà». — Una realtà, professore, che, per quanto Imperfetta, ci ha consentito di uscire dal terrorismo senza perdere la democrazia. •Jn Italia vige un compromesso strisciante istituzionale Ira forze politiche che si sono ritrovate nell'emergenza: sono le forze politiche comuniste e democristiane». — Lei si considera dunque condannato da un tribunale comunista-democristiano? -Le proteste, ad esempio, die vengono da ambienti socialisti sono secondo me profondamente corrette, perché individuano nella natura della sentenza la continuità di un certo tipo di struttura politica che esclude non solo gli autonomi ma anche forze socialiste dal potere». — Non c'è un socialista a Palazzo Chigi? «Si, ma a che condizioni e perquanto?». . — La corte d'assise ha rito unto valide le prove per sin goll reati comuni: in parti colare la rapina di Argclato, con l'uccisione del brigadiere Lombardi ni, e poi il se questro dcll'lngcfcner Saro nlo, pure lui ucciso. «Per quanto riguarda il reato Saronio, lo stesso aiwo calo di Fioroni...». — Si riferisce a Carlo Fio ronl, Il super pentito e super testimone d'accusa? «Si. Il suo stesso avvocato ha dichiarato che sulla base ài quel che Fioroni gli ha del to, e non sulla base delle sue particolari intuizioni, crede nella nostra completa innocenza». — E per il brigadiere Lombardia? • «Non posso clic ripetere che sono completamente innocente. Un processo è stato ce lebrato a Bologna e si è concluso con la condanna degli esecutori materiali. Un processo durante il quale il mio nome non è mai stato fatto. Processo già passato in ap pcllo». — Sarebbe rimasto in Ita Ila se ci fosse stato un confronto con Fioroni? «L'ho chiesto per quattro anni e mezzo. Comunque non sarei rimasto in Italia. Il fatto di sapere che Fioroni era già partito quando io me ne sono andato...». — Lei parla sempre di Carlo Fioroni, al quale, in quanto pentito, è stato concesso il passaporto affinchè potesse espatriare, prima di presentarsi in corte d'assise per confermare la testimonianza resa in istruttoria. «SI. Io non sapevo, quando ho lasciato l'Italia, che lui se n'era già andato. In tutti i modi non sarei rimasto. La partenza di Fioroni è stata la prova finale di una logica, la chiusura del cerchio. Come si può stare quattro anni e mezzo in prigione chiedendo di vedere, di confrontarsi, di discutere davanti al giudice con gli accusatori, e non vederli mai per quattro anni e mezzo? Perché tanto scandalo quando me ne sono andato? Dal momento che mi trovavo davanti a questo tipo di giustizia? Non era una corte, ma un plotone di esecuzione». — Non è una contraddizione il suo discorso legalitario? Chiedere il funzionamento perfetto di un sistema che lei condannava, respingeva come teorico e leader politico? «Continuo ad attaccare il sistema in tutte le sue brutture». — I suol compagni l'hanno criticata per la sua fuga dall' Italia, per non essere rimasto, lei, il capo, a condividere la loro sorte. Se ci fosse un processo d'appello si costituirebbe ? «Sinceramente no. Il mio problema non è il processo d'appello. Non credo a questa giustizia». — Rinuncia all'appello? ■ Non so. Dipende esclusi vomente dalla situazione dei compagni rimasti in carcere» — SI affida alla loro deci sione? «Certo. Ma io ho sempre pensato die questo è un prò cesso politico. Si può uscire da quésta situazione soltanto trasformando l'ambiente che sta attorno alla Corte d'Assise. Sono convinto di dover lavorare politicamente per la trasformazione democratica. Penso si debba mettere in atto gli strumenti politici per una revisione di fondo del processo, vale a dire per un rifacimento dell'istruttoria». — I tempi potrebbero essere molto lunghi. Conta su un'amnistia? «Non credo che oggi ci siano le condizioni generali L'amnistia implica una posizione pressoché unanime delle forze politiche». — Sia in tribunale, sia in Parlamento, lei aveva prò posto una «riletlura» del de cernilo di sangue, degli anni di piombo. Fuggendo dall'Italia si è sottratto a quel prò getto. «Non l'ho abbandonato perché con molti compagni italiani, francesi, tedeschi sto rivedendo il decennio, con vin to che quel che è accaduto sia qualcosa che ha costruito la nostra coscienza e che ha costruito il movimento. E die tutto ciò vada recuperato interamente a livello politico». — Sia o non sia lei, come leader di Autonomia operaia, responsabile penalmente, quale può essere la, credibilità di un rilancio politico? Le Brigate rosse sono state la sifilide del movimento. Una malattia che può nascere anche da situazioni belle e clic però resta una malattia terribile. Quella che non può essere dimenticata è la trasformazione culturale delle nuove generazioni. Forse, sono un irriducibile utopista». ■ Vede per davvero segni favorevoli In Europa per una ripresa del suo movimento? «Penso che il ciclo della crisi, il ciclo reaganiano sia agli sgoccioli». — Sul serio? «Forse il ciclo reaganiano è all'apice, ma con una tendenza al crollo. Il fenomeno dei "verdi" in .Germania è soltanto la punta iceberg... — Si rivede in Italia come all'inizio degli Anni Settanta? Mi vedo modestamente partecipe di un movimento die non può che rinascere. Non mi rivedo certo dentro le trafile, specifiche, determinale, anclie ideologicamente caratterizzate degli Anni Settanta. Dal punto di vista teorico sto verificando alcuni stereotipi di continuità del mio pensiero. Credo che la discontinuità sia fondamentale dal punto di vista teorico e di una proposta politica. Però sono convinto che l'unanimità totalitaria del sistema dei partiti in Italia, sia pure con la piccola rottura craxiana, debba finire». — Per ora c'è la barriera del trent'anni. E c'è la conseguente richiesta di estradizione. «Sono certo che il governo italiano non l'otterrà. Perché i socialisti francesi credono nella libertà, credono nei processi regolari. Poi credo die i socialisti francesi guarderanno anclic alla posizione dei socialisti italiani, che è una posizione dì destabilizzazione di questo compromesso istituzionale pesarite che dura dai primi Anni Cinquanta». —Come vive a Parigi? «Scrivo libri e articoli. Faccio parte del Collegio internazionale di filosofia creato da Mitterrand. Sono membro del suo organo direttivo. Finora ho tuttavia preferito non svolgere attività pubbliche in questa veste, anche se avrebbero potuto rendermi del denaro. Verso la fine dell'anno uscirà da un grande editore' francese il mio diario dei mesi del processo, della libertà come deputato e dei primi mesi in Francia. E spero che il libro esca anche in Italia». Bernardo Valli Toni Ncfiri