Quattrocento metri di corone

Quattrocento metri di corone SONO GIUNTI DA TUTTA ITALIA PER ASSISTERE Al FUNERALI DI BERLINGUER Quattrocento metri di corone Il furgone del feretro è stato guidato dallo stesso autista delle esequie di lx>ngo - Il servizio d'ordine messo in difficoltà dalla pressione della folla - Fischi a Craxi quando Nilde Jotti lo ha ringraziato ROMA — Tra le pareti rosso cupe di una tomba come tante scende la bara di Enrico Berlinguer, e s'inclina, sorretta dalle corde, finché giù in fondo non la sistemano nel loculo più basso, accanto al feretro del padre. Nel sole che tramonta 1 figli si abbracciano e si tengono stretti. La moglie lascia cadere un mazzo di roselline, prima che la lapide di travertino venga fatta scorrere c chiuda la tomba. Poi il silenzio in quel semicherchio di dolore. Sembrano già lontane le scene grandiose del pomeriggio, quel mare dì folla irto di bandiere rosse, 11 grande palco con i leaders del comunismo reale e non. gli applausi, le grida concitate, i canti dell'internazionalismo. Un milione e mezzo hanno occupato Roma per partecipare ai funerali di Berlinguer, attestandosi fin dalla mattina nei tre punti di concentramento, e soprattutto intorno alle Botteghe Oscure. Alle 8 viene riaperta la camera ardente. Arriva Arafat, alle 11, e davanti al feretro fa il saluto militare, sull'attenti. Arriva Marchais, in blu, e si ferma in raccoglimento con il capo sul petto. Arriva una delegazione del partito comu- ddtmtcdfIgedddgreibgcnIigsftplranista giapponese, con le macchine fotografiche a tracolla. Arriva Michail Gorbachev, il «numero due- dell'Urss. Alle 14 viene chiuso il portone di Botteghe Oscure e nell'atrio allestito a casnera ardente si riaccendono le luci del sofiitlo. Scendono, dal secondo piasso, i dirigenti. Il primo è Tortorella. poi la Jotti. Chiaromonlc e tutti gli altri. inline Tato con i fasniliari di Enrico Berlinguer: la moglie del segretario. Letizia, una signora bionda dai tratti gentili che entra a capo chino, l'unica vestita in nero della ! amiglia; 1 figli, un ragazzo e tre sorelle con le giacche bianche e i capelli crespi. Alle 14.50 il portone si riapre e nell'atrio irrompono il sole e un grido: «Viva Enrico-, Comincia l'ultimo viaggio di Berlinguer. Fuori, c'è una folla'che preme e finirà per snettere in crisi il servizio d'ordine. Un ragazzo a torso nudo s'è arrampicato su una grata a cinque inetri dal suolo, e da 11 alza il pugno chiuso sulla marea che ondeggia. Sei uomini, guardie del corpo e persone della segreteria di Berlinguer, quelli che gli erano più vicini nella vita di ogni giorno, portano a spalla il feretro dal portone al furgone mortuario del Comune. A guidarlo c'è uno del quattro figli di Mario D'Andrea, ucciso alle Fesse Ardeatine; ha condotto anche il furgone di Longo e pure in quell'occasione, racconta, mentre stava al volante piangeva. Ci sono attimi di silenzio, poi il trombone della banda di Bologna gonfia le prime note dellMnternazionale», e al primo battere di piatti 11 furgone parte, lentissimo. Dietro il tricolore e due bandiere del partito, tutte abbrunate. Poi Tato e la famiglia Berlinguer, schierati nella prima fila, visi sigillati in un dolore composto. Quindi i membri della direzione, ogni fila a braccetto: i più anziani, come il vecchio Roasio, arriveranno sfiniti a San Giovanni. E di seguito le autorità italiane ed estere, 11 comitato centrale del pel, i sindacati, l'apparato comunista e la gente che si accoda. Si procede tra due ali di folla che agitano l'edizione de «l'Unità» con quel titolo cubitale in caratteri rossi: «/Iddio». All'inizio si va avanti a sussulti, perchè anche laggiù davanti al furgone, la prima parte del corteo è lunga più di due chilometri e deve snodarsi ancora. Davanti al feretro, dopo la banda, ci sono 400 metri di corone rosse allineate su tre colonne, poi i camici celesti delle impiegate della direzione, che disseminano di fiori l'asfalto di via dei Fori Imperiali, settecento metri di gonfaloni colorati dei comuni e un altro mezzo chilometro di bandiere rosse. In testa, le divise bianche della banda dei vigili urbani. A San Giovanni la piazza e già colma, di 11 a poco arriveranno le auto delle autorità, e andranno a fermarsi dietro il grande palco avvolto di tela bianca; sullo sfondo, in gigantografia, il sorrìso melanconico di Enrico Berlinguer. Ecco la Jotti: appoggia la testa sulla spalla di Fortini, che le sussurra: -Capisco, capisco-. I cinesi salutiv.io Rubbi, 1 russi Pajetta, poi si scambiano gelidi convenevoli. Gli stranieri tutti alla sinistra del palco: Arafat, Marchais, Gorbachcv, Zagladln, il primo ministro cinese Zhao Zlyang, gli spagnoli Cardilo e Igleslas, il presidente della Lega dei comunisti jugoslavi Markovic, il presidente del Parlamento europeo Dankert. Al centro la dirigenza del partito e, in prima fila, la famiglia Berlinguer. A destra Perlini. il governo, parlamentari. Manca solo Saragat. Doveva venire con Cossiga, appena questi aves- se terminato l'incontro con Arafat in Senato, stretto d'assedio per la circostanza dal servizi di sicurezza. L'ex presidente della Repubblica non è rluascito a salire da Cossiga, che s'è n'è andato da solo. Parla la Jotti, e quando tra gli altri ringrazia il presidente del Consiglio si leva una bordata di fischi. Quella contestazione, e lo slogan poco consono, ritmato più volte, «E' ora di cambiare, il pei deve governare-, faranno aleggiare per alcuni attimi il clima greve della campagna elettorale. Parla per 1 giovani comunisti Marco Fumagalli, con parole rotte dalla commozione. Parla Del Turco, socialista, a nome di un sindacato diviso, ma in questo momento no. Parla Dankcrt In francese, e pochi lo capiscono. Infine l'orazione funebre, appassionata, di un Pajctta bianco e scavato. Berlinguer lascia la sua gente sulle note deli' «Internazionale », per il i li iltcro di Prlmaporta. Per (judla tomba tra due cespugli dove adesso riposa. <inscio l'.anipoldi Roma. Il Presidente della Repubblica Sandro Pedini sosia in raccoglimento accanto alla bara di Enrico Berlinguer (Tel. Ap)

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