Cutolo scrisse a un assessore «lo salvai un uomo dello Stato» di Giuseppe Zaccaria

Cutolo scrìsse a un assessore €<lo salvai un uomo dello Stato» Nella requisitoria sulla camorra un riferimento al caso Cirillo Cutolo scrìsse a un assessore €<lo salvai un uomo dello Stato» Nuove indiscrezioni sul pentimento di Pandico: decisivo il desiderio di salvare 800 milioni del riscatto DAL NOSTRO INVIATO NAPOLI — -Ho contribuito a" salvare una vita dello Stato. Un uomo del partito. Mi ìianno ringraziato molto bene: sono da 100 giorni totalmente isolato, e questa vita di solitudine viola ogni diritto e dignità e rispetto della persona umana». Luglio 1982: dal carcere dell'Asinara, Raffaele Cutolo scrive a Salvatore La Marca, assessore del psdi nella giunta provinciale di Napoli. In quel momento, neppure 11 potente boss può immaginare che, di 11 a pochi mesi, l'abitazione di La Marca sarà perquisita, il messaggio ritrovato, l'assessore costretto a trasformarsi in latitante. Per questo, sicuramente, non si tratta di un Indizio prefabbricato. Cutolo ha appena condotto — per conto di un settore dei servizi di sicurezza — la trattativa con le Brigate rosse per 11 rilascio a pagamento o o. o oa ni o o aa ooel e di di il ssi un o ei tse to dell'assessore Ciro Cirillo. In compenso, dopo le prime polemiche sulla vergognosa trattativa, l'hanno costretto a lasciare il comodo carcere di Ascoli. E lui, nel messaggio, si sfoga: -Pregovi di interessarvi — scrive ancora —. Credo in voi e sono certo che riuscirete a risvegliare le menti e i cuori di questi Signori, a far rinascere in loro il senso della giustizia e della saggezza...». Chi erano quei «signori» scritti con la S maiuscola, che significa quell'oscuro riferimento ad «un uomo del partito»? Di quale «partito» si tratta, visto che identificarlo tout court con la democrazia cristiana o qualsiasi altra formazione ufficiale sarebbe semplicistico e dcvlante? Persone come Francesco Pazienza (legato contemporaneamente alla P2, al Sismi, ad ambienti de, alle trattative su Cirillo e adesso nel processo di Avellino anche a Sibilla ed agli appalti della ricostruzione) potrebbero fornire una risposta? Il testo della lettera di Cutolo, comunque, adesso compare, a pagina 918, nella lunga requisitoria che ha coinvolto anche Enzo Tortora. Una scheggia in apparenza estranea all'oggetto dell'indagine: in realtà, un riferimento quasi obbligato che apre uno squarcio di luce anche su quanto, In altri uffici del tribunale di Napoli, si sta continuando a fare. E' un'altra prova, se ancora ce ne fosse stato bisogno, del collegamento sostanziale fra l'inchiesta che si sta concludendo in questi giorni, quella per cosi dire «tecnica», e l'Indagine «politica», ancora si lenzlosamente In corso all'utflcio istruzione di Napoli. Né avrebbe potuto essere diversamente: i personaggi che parlano sono gli stessi. Se Barra accusa 700 persone (più Tortora), se Giovanni Pandico parla di organtgram mi e ordini di servizio, i due raccontano anche delle con vulse trattative per Cirillo. E se «O' animale» lo fa per sentito dire, Pandico è Invece testimone privilegiato:, Se sul plano strettamente giudiziario il confronto incrociato fra le due istruttorie non ha efficacia, 11 discorso dunque immediatamente cambia se accostando i due ambiti, episodi ancora oscuri dell'una o dell'altra indagine trovano finalmente spiega zlone. Un esempio immediato? Il «pentimento» di Gio vanni Pandico. Nel capitolo della requisito ria sulla Nco dedicato alla va lutazione del dissociati, Di Pietro e Di Persia attribuì scono al teste un generico «disgusto» per i metodi della camorra. Motivazione labile, si è obiettato: se è credibile 'un Barra che parla per paura di essere ucciso, come spiegare l'improvviso sorgere di so prassaltl morali in personag gl come Pandico? Di Pietro e DI Persia han no taglialo corto: a noi, seri vono, non interessano tanto mqfnsgPlsvnPtscCpvtfmd a e a motivi del «pentimento» quanto la concretezza e verificabilità delle accuse. Almeno per quanto riguarda il teste chiave, è stata una spiegazione volutamente evasiva. Proprio mentre si concludeva la requisitoria, dall'inchiesta sul sequestro Cirillo emergeva infatti un'altra spiegazione, ben più convincente. Pandico si è «pentito» soprat-. tutto per mettere al riparo la sua vita e gli 800 milioni di cui, durante le trattative per Cirillo, sarebbe riuscito a impadronirsi. E' una ricostruzione ancora vaga, almeno per chi deve tratteggiarla stando al di fuori degli uffici giudiziari, ma che si basa sul alcuni punti fermi. A una settimana dalle elezioni, nessuno è disposto a fornire ricostruzioni analitiche: appare ormai certo comunque che dagli ambienti interessati al sequestro di Cirillo furono versati 5 miliardi; che quel denaro fu messo a disposizione da un banchiere purtroppo, oggi, non più in grado di fornire testimonianze; che più di due terzi di quella somma finanziarono la Nco e furono manovrati da Cutolo (sempre affiancato dal fido segretario) direttamente dal carcere Se ne riparlerà più diffusamente fra non molto. Nel frattempo, ecco la spiegazione autentica del «pentimento» di Pandico. Trasferito Cutolo all'Asinara, divenuto sempre meno «importante» una volta lontano dall'ombra del capo, preoccupato di salvare 11 denaro e se stesso, 1' uomo si è dissociato. E i giudici Di Pietro e Di Persia hanno fatto tesoro dei suoi racconti Dall'altra parte, restano le confessioni sul caso Cirillo, rese a magistrati diversi. In attesa di conoscerne i contenuti precisi, si può solo sottolineare una perplessità: se le dichiarazioni sono state considerate attendibili per Tortora e altri 700 imputati, non dovrebbero esserlo anche per tutte le persone chiamate in causa nella vicenda Cirillo? Giuseppe Zaccaria

Luoghi citati: Avellino, Napoli